La pace nel settore giustizia è durata appena 48 ore. Il tempo per il guardasigilli Alfonso Bonafede di dirsi soddisfatto per l’approvazione, nel decreto legge Ristori, delle nuove previsioni in materia di gestione dei tribunali durante la pandemia. L’Associazione nazionale magistrati, infatti, ha definito le norme «inadeguate» e attaccato frontalmente proprio il ministero, accusandolo di dimostrare «una visione disattenta e parziale» nel prevedere che le udienze penali istruttorie e finali di discussione continuino a svolgersi in presenza.

Eppure il pacchetto confluito nel decreto legge, frutto di un tavolo congiunto con magistrati e avvocati, ha di fatto recepito buona parte delle richieste avanzate in un documento firmato dai penalisti delle camere penali insieme alle procure della Repubblica di Roma, Napoli, Milano, Torino, Palermo, Firenze, Reggio Calabria, Catanzaro, Perugia e Salerno. Il sindacato delle toghe, invece, ha bocciato in blocco le previsioni sostenendo che, «al ritmo degli attuali contagi tra gli operatori del settore», si rischia «un nuovo blocco totale della giustizia penale» e che i processi si svolgano «in contrasto con l’esigenza primaria di limitare la diffusione del contagio».

La richiesta della magistratura associata al ministero della Giustizia, dunque, è chiara: apportare «correttivi urgenti» al testo, prevedendo un ampliamento dei processi penali suscettibili di trattazione a distanza oppure la sospensione dei termini processuali almeno per alcune categorie di reati, per arrivare a un temporaneo sfoltimento dei ruoli di udienza per potere trattare in sicurezza i residui processi in aula. In sostanza, modificare in modo sostanziale il testo approvato, sconfessando anche i punti principali del documento congiunto di penalisti e procure.

Le udienze penali

Il nodo da sciogliere è sempre lo stesso, che ha già provocato contrasti tra avvocatura e magistratura: in quali termini e con quali modalità è possibile svolgere le udienze penali da remoto senza comprimere eccessivamente il diritto di difesa. Le nuove norme redatte da Bonafede puntano a un compromesso proprio su questo e prevedono che le udienze penali si possano svolgere in videoconferenza ma solo con il consenso delle parti, ma che tutte le udienze istruttorie e quelle di discussione finale debbano continuare a essere celebrate in presenza. Questo punto è stato quello più criticato dall’Anm, secondo cui così la maggior parte delle udienze continueranno a svolgersi nei tribunali: «Il legislatore si è preoccupato delle misure per le indagini preliminari e le udienze in camera di consiglio, pretendendo invece che tutte le altre udienze penali, cioè le attività più a rischio di contagio, continuino a tenersi nei modi ordinari». Invece, secondo i magistrati, anche la lettura delle sentenze di patteggiamento, «le discussioni di non particolare complessità» e «l’ascolto di testimoni, in assenza di contrarietà dei difensori» andrebbero svolte in collegamento da remoto.

Proprio a questa ipotesi di “remotizzazione” del processo penale, invece, si sono sempre opposti i penalisti. «La stroncatura di Anm è allarmante e incomprensibile», ha detto il presidente delle camere penali, Giandomenico Caiazza. «Anche nell’emergenza va posto un limite per consentire il corretto svolgimento della funzione giurisdizionale: il dibattimento non si può celebrare da remoto. Per esaminare un testimone, per esempio, serve la percezione fisica costante, altrimenti è impossibile». Esistono modi alternativi di rendere sicuro il processo, senza celebrarlo da remoto: «Riduciamo il numero di dibattimenti, distanziamoli come orario, i magistrati accetti no di celebrarli anche nelle ore pomeridiane. Ma non si usi la leva dell’emergenza per stravolgere la natura del processo», ha concluso Caiazza.

La nota dell’Anm contiene anche un risvolto ulteriore: una posizione così fortemente contraria al decreto marca anche una precisa presa di distanza dall’iniziativa delle maggiori procure italiane, che hanno sostenuto insieme ai penalisti l’incompatibilità del dibattimento con il sistema da remoto. Una distanza, quella tra i procuratori sul territorio e l’Anm, che crea una situazione peculiare: se di solito i magistrati si muovono compatti nelle richieste al ministero, sulle norme anti Covid per i tribunali il sindacato si trova a sostenere una posizione opposta rispetto a una parte significativa dei suoi stessi iscritti.

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