Potrebbe apparire secondaria, invece la corsa alle suppletive per la Camera a Roma nel collegio Primavalle-Monte Mario può essere una cartina al tornasole rilevante non solo nell’ottica delle elezioni comunali della Capitale, ma anche per un primo spaccato dei nuovi equilibri nazionali.

Ieri si sono chiuse le candidature e i nomi finora noti sono: l’ex magistrato al centro dello scandalo Csm, Luca Palamara, che corre come indipendente; la ex ministra della Difesa ed ex Cinque stelle Elisabetta Trenta, anche lei senza partiti alle spalle; il segretario del Pd cittadino, Andrea Casu e l’ex candidato in questo stesso collegio nel 2018 per il centrodestra, il forzista Pasquale Calzetta. Il partito liberale, invece, candida il tesoriere Antonio Cocco. Convitato di pietra è il Movimento Cinque Stelle, passato dal vincere il collegio nel 2018 con il 34 per cento dei voti, a pensare di candidare Giuseppe Conte fino a non avere un candidato.

Ad oggi, tuttavia, è impossibile dire chi vincerà in un territorio storicamente conteso. Il collegio di Roma nord infatti, come spesso accade nella Capitale, è tutt’altro che omogeneo. Comprende dal quartiere borghese della Balduina, poco lontano dal Vaticano, alla zona popolare di Primavalle e gli elettori sono circa 170mila: per vincere nel 2018 la parlamentare dimissionaria Emanuela Del Re aveva ottenuto 39mila voti, vincendo per un soffio contro il centrodestra che era arrivato a 38mila, mentre il centrosinistra si era fermato a 27mila.

Anche qualsiasi proiezione numerica per vincere è quasi impossibile. Nel quartier generale dei partiti si ragiona sulla necessità di circa 35mila voti, ma molto dipende dall’affluenza alle urne, che alle politiche aveva sfiorato il 70 per cento mentre alle comunali del 2016 era stata di 10 punti inferiore. La difficoltà per tutti i candidati sarà di far sapere agli elettori del collegio che non si voterà solo per il sindaco e per il municipio, ma anche per la Camera. Esercizio non facile tanto che le suppletive, se coordinate con altre votazioni, sono spesso a rischio scheda bianca.

Partito democratico

La candidatura del centrosinistra è la più istituzionale possibile: come il segretario nazionale Enrico Letta si corre alle suppletive di Siena, il segretario cittadino Andrea Casu è stato scelto per quelle di Roma. Differenza estetica ma sostanziale in ottica complessiva: Letta correrà senza il simbolo del Pd per «valorizzare la coalizione», Casu invece ha depositato il simbolo del partito e la sua campagna elettorale sarà sotto i colori dem, anche se ha il sostegno di tutto il centrosinistra.

Sul nome di Casu, trentanove anni, ex renziano e una lunga storia tra le file del partito alle spalle, la convergenza è stata quasi unanime, anche nell’ottica di un coordinamento stretto con la campagna elettorale del candidato sindaco Roberto Gualtieri. Erano stati vagliati nomi di donna dentro e fuori dal Pd, ma a quel punto si sarebbero fatti avanti gli appetiti delle varie correnti e dunque si è scelta la strada di una candidatura oggettivamente inattaccabile sul fronte interno. Da alcuni è considerata di servizio, visto che nel 2018 il centrosinistra era arrivato addirittura terzo, altri sono cautamente speranzosi soprattutto visto il numero di candidati più orientati a destra e l’assenza di un candidato Cinque stelle. Il timore, però, è che uno sgambetto possa arrivare da Azione di Carlo Calenda, arrembante candidato al Campidoglio e quindi indirettamente interessato alle suppletive: sul tavolo ci sarebbe l’ipotesi di candidatura di peso come quella dell’ex segretario della Fim Cisl, Marco Bentivogli.

I cinque stelle

Il Movimento 5 Stelle, da cui sono trapelate spiegazioni di «poco interesse» per le suppletive, non proverebbe nemmeno a contendere il collegio lasciato libero da una sua deputata e questo è emblematico della situazione interna. Nelle scorse settimane era spuntata l’ipotesi addirittura di una candidatura di Conte, che però ha preferito non rischiare in un confronto elettorale così incerto e diretto. Risultato: quel che resta del 35 per cento dei Cinque stelle potrebbe confluire sulla ex che ha lasciato il movimento, Elisabetta Trenta. Su questi stessi elettori proverebbe ad allargarsi anche Casu, ma contro un travaso dai Cinque Stelle al Pd incide lo scontro tra Gualtieri e Virginia Raggi per il Campidoglio. E’ quello lasciato sguarnito dal Movimento, però, il tesoretto non quantificabile di voti a cui tutti gli altri candidati ambiscono.

Il centrodestra

Il braccio di ferro al tavolo di coalizione è durato fino alle ultime ore prima del deposito della candidatura. Alla fine a spuntarla è stato Pasquale Calzetta di Forza Italia, ex presidente del Municipio Eur (dove in cambio dovrebbe correre un rappresentante di Fratelli d’Italia), che ripartirà dai 38mila voti del 2018. Sul suo nome- sostenuto dal senatore e coordinatore romano di Fi, Maurizio Gasparri- si è tentennato fino all’ultimo soprattutto sul fronte della Lega. I leghisti, infatti, avrebbero fatto più di un pensiero a sostenere l’ex magistrato Luca Palamara, che corre da indipendente ma si è detto aperto a tutte le forze politiche e punta a capitalizzare il successo del suo libro il Sistema e batterà soprattutto sul tema della giustizia. Il suo nome piace a molti leghisti romani anche perchè ha sottoscritto i referendum sulla “giustizia giusta” promossi dai radicali e dalla Lega, inoltre il suo nome in parlamento sarebbe una ulteriore arma per Matteo Salvini nei confronti del governo. Invece, almeno ufficialmente, il centrodestra è compatto dietro Calzetta.

Tuttavia, la vulgata tra i partiti è che Palamara sia la wild card da temere: potrebbe rubare voti proprio al centrodestra, facendo leva sull’attenzione mediatica di cui gode anche in vista della ripresa delle attività parlamentari che hanno all’ordine del giorno di settembre la riforma del Csm. Certo è che il nome del nuovo parlamentare sarà indicativo della tendenza elettorale che si sta consolidando sotto il governo Draghi.

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