Dopo che due consiglieri provinciali hanno lasciato Fratelli d’Italia e hanno votato a favore del terzo mandato per il leghista Fugatti, i militanti locali mettono sotto accusa Giovanni Donzelli, responsabile nazionale del partito: «Non ci ha ascoltati». A Roma si teme che le questioni locali possano aprire nuovi fronti interni al partito e alla maggioranza
E se la crisi delle destre iniziasse nei territori di provincia, nei posti dove la dirigenza di Fratelli d’Italia è spesso ancora giovane e più disposta a seguire altre dinamiche che hanno a che fare con il territorio? È un interrogativo che ci si fa a Roma, leggendo i dispacci che arrivano dalle province. Il segnale più preoccupante, per la tenuta della maggioranza, arriva in questo caso dal Trentino, provincia autonoma per definizione.
La storia riguarda anche qui il “terzo mandato”, che in questo caso è stato approvato con un blitz voluto dall’attuale presidente leghista, Maurizio Fugatti. Quest’ultimo, se lo vorrà, potrà ricandidarsi alle prossime elezioni, previste per il 2028.
Il punto è che Fratelli d’Italia, compagno di maggioranza, ha invece votato contro. Per vincere la sua battaglia, Fugatti ha potuto contare su due consiglieri provinciali – Carlo Daldoss e Christian Girardi – che hanno lasciato il partito di Meloni con una mossa a sorpresa, subito prima del voto. Non sono neppure i primi, se si considera che un altro consigliere provinciale, Claudio Cia, ha lasciato Fratelli d’Italia quasi subito. E così ha fatto anche il deputato trentino Andrea de Bertoldi. In un certo senso, Fratelli d’Italia a Trento sembra essere stato eroso da un grande gioco di potere.
Un caso nazionale
Scritto così, il caso sembra tutto locale, ma ha ovviamente anche un risvolto nazionale. Dirigenti, militanti locali e altri esponenti di Fratelli d’Italia in Trentino hanno messo sotto accusa Giovanni Donzelli, che è il responsabile nazionale del partito. A loro dire, non avrebbe ascoltato le richieste del territorio e avrebbe imposto alcune candidature.
Il retroscena, svelato dai giornali locali, è questo: alcuni militanti sarebbero scesi a Roma, poco prima delle elezioni trentine. Avrebbero consigliato a Donzelli di non imbarcare politici di lungo corso, ma fino ad allora estranei a Fratelli d’Italia. Non sarebbero stati ascoltati e ora, che i nodi arrivano al pettine, sarebbero molto arrabbiati, usando un eufemismo.
È esattamente questo il punto che sta facendo più discutere anche lontano da Trento. Fratelli d’Italia è un partito fortemente accentratore, che è cresciuto nel consenso con una velocità smisurata. Tanti sono saliti sul carro del vincitore, a Roma come nelle città e nelle province. E se adesso volessero all’improvviso saltare tutti giù, per interessi politici che a Roma neppure capiscono?
Anche perché il caso Trentino è tutt’altro che finito. La provincia autonoma ha la piena competenza sulla legge elettorale, per effetto del suo statuto speciale. Il governo ha però 60 giorni di tempo per impugnare il provvedimento: la questione dovrebbe essere posta dai ministri, in modo collegiale. Poi dovrebbe esprimersi la Corte costituzionale, che potrebbe bocciare il terzo mandato trentino proprio come ha fatto con quello nazionale. Ma i ministri di Fratelli d’Italia, e Giorgia Meloni, sono pronti a trasformare davvero un caso locale in una guerra nazionale, tutta interna alla maggioranza? Ne vale la pena?
L’esempio
L’esempio trentino potrebbe poi essere esportato altrove. Il governatore Luca Zaia, grande sostenitore del terzo mandato, ha la “sfortuna” di essere ancora in una regione a statuto ordinario. Dal punto di vista giuridico, la questione per lui sembra chiusa per effetto della decisione della Consulta, che si è espressa contro: «Rimane il nodo politico perché la disparità di trattamento è palese e non ha alcuna giustificazione», ha detto Zaia in un’intervista al Corriere della Sera. «Ma sono contento per Fugatti. E spero che anche Fedriga in Friuli-Venezia Giulia abbia quest’opportunità».
E in effetti il nuovo fronte per Fratelli d’Italia potrebbe aprirsi proprio lì, nella parte più a est del Triveneto, anche se i rapporti interni alla maggioranza sembrano in questo caso più solidi. Ma quale sia il desiderio di Fedriga non è un mistero: «Spetterà al Consiglio regionale decidere. Ma mi piacerebbe poter ricandidarmi e risottopormi alla volontà degli elettori», ha detto. Insomma, come dice Zaia, la battaglia politica ancora non si è conclusa.
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