Toscana al voto, tutti contro Meloni. A sinistra è sfida anche tra i riformisti

Ai toscani che domenica e lunedì vanno al voto, ma anche a quelli che non ci vanno, è arrivata una benedizione di papa Leone XIV, che ha salutato in piazza San Pietro i pellegrini arrivati da quella diocesi, ha ricordato le crisi aziendali che portano «al licenziamento di tanti lavoratori e tanti altri li lascia in cassa integrazione», e ha ricordato «l’importanza di garantire il lavoro a tutti», «una dimensione irrinunciabile della vita sociale». Una parentesi ecumenica, in week end di voto carico di polemiche. Venerdì Giorgia Meloni, chiudendo la corsa del candidato della destra Alessandro Tomasi, l’ha sparata grossa contro la sinistra «più fondamentalista di Hamas». L’accusa è velenosa. Sabato Giuseppe Conte (M5s) e Nicola Fratoianni (Avs) hanno replicato con durezza: «Baggianate irresponsabili» il primo, per il secondo la premier «ha superato il limite», «non vuole che si parli degli stipendi al palo mentre l’inflazione si mangia il potere d’acquisto delle famiglie». Alla vigilia di un voto regionale da cui non si aspettano colpi di scena, la premier alza la temperatura, alla Trump. Il favorito è Eugenio Giani, presidente uscente e ricandidato per il campo largo. La destra punta a accorciare le distanze. Cinque anni fa Giani, senza M5s, raccolse il 48,6 per cento contro il 40,4 della leghista Susanna Ceccardi. Spauracchio Vannacci a destra. Salvini nervoso (e accerchiato) Tutti riformisti A pesare sull’umore del campo largo saranno anche altri numeri. Primo, la percentuale dei Cinque stelle, che dopo cinque anni di opposizione a Giani ora lo sostengono, malgrado i mal di pancia. Nel 2020 il movimento, in corsa in proprio, ha preso il 7 per cento. Nelle Marche e in Calabria, in coalizione, ha peggiorato le performance. Anche il Pd ha le sue ansie. Nel 2020 ha portato a casa il 34,6 per cento. A questo giro Matteo Renzi punta a piazzarsi subito sotto, e prima di M5s. La lista dell’ex premier, di fatto anche la lista del presidente, intesterà il risultato alla nuova «Casa riformista», la cosa centrista già testata in Calabria. Dove ha preso il 4,5 per cento e eletto un consigliere: come M5s, che pure aveva il traino del candidato presidente. Il nuovo brand renziano sarà presente al voto anche in Campania. Dunque la «Casa riformista» comincia ad essere costruita: e si offre a esponenti socialisti e di Più Europa. Toscana, il campo largo è obbligato a vincere “bene” Ma è un brand che irrita i riformisti Pd. La cui ala combat, lasciata la corrente Energia popolare di Stefano Bonaccini, troppo buonista con Elly Schlein, prepara l’iniziativa del 24 ottobre a Milano. Appuntamento sulle proposte per la crescita, di fatto sarà il lancio della nuova corrente riformista. Con una “sorpresa”: il ritorno alla politica attiva di Luca Lotti, l’ex braccio destro di Renzi la cui carriera politica è stata infelicitata dall’inchiesta sul caso Consip, processo da cui è stato assolto in primo grado. Nel 2019 Lotti aveva scelto di non seguire l’ex segretario in Italia viva, ma di fondare con Lorenzo Guerini la corrente Base riformista. Poi l’autosospensione dal Pd, e infine il gelo con la nuova inquilina del Nazareno. Taruffi: «Dobbiamo fare di più, ma Meloni ha paura e cambia il Rosatellum» Di Lotti e di Gentiloni Ora Lotti torna in campo. Lo ha anticipato al Corriere Fiorentino: «La benedizione di Matteo (Renzi, ndr) all’alleanza in Toscana con M5s mi ha stupito», ha detto, anche perché «i Cinque Stelle hanno dettato le condizioni». Bonaccini è stato collaborativo con Schlein per «il bisogno di recuperare un appeal con la parte movimentista del Pd che non l’aveva votato» alle primarie dem, ma «questo ha fatto perdere azione e trazione ai riformisti». Conclusione promettente: «Alziamo la voce, qualcosa non va: non so se nascerà una nuova corrente, ci vedremo a Milano il 24 ottobre». È vero, la sconfitta in Calabria c’è stata, ma è un errore drammatizzarla A Milano ci sarà anche l’area Gentiloni. Sabato l’ex commissario, alla festa del Foglio di Firenze, ha rilanciato i suoi dubbi sull’alleanza, proprio dalla regione in cui stringerla è stato un miracolo: per «costruire un’alternativa credibile c’è ancora molto, moltissimo lavoro da fare», ha detto, il discrimine è «la difesa europea e l’Ucraina. Ne vogliamo parlare con la nostra opinione pubblica? Perché richiede delle scelte». In quegli stessi minuti a Genova, Schlein era a colloquio “in forma privata” con la sindaca Silvia Salis, indicata dai rumors come una papabile candidata alle primarie per la premiership, inevitabili se una nuova legge elettorale obbligherà le coalizioni a indicare il candidato presidente sulla scheda. Alla fine del confronto, mezz’ora, Schlein non ha parlato. Invece Salis ha rassicurato tutti sul fatto che gioca in squadra: «È stato un incontro di sostegno, ci vediamo e ci sentiamo spesso, Elly vuole stare vicino al progetto che abbiamo costruito insieme a Genova e al Pd genovese, voleva sapere come stanno le cose e quali sono i temi sul tavolo». E magari anche se ha intenzione di restare a fare la sindaca fino a fine mandato.