«Ogni volta che parla un economista muore». Nella definizione del direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, è raccolto tutto il disprezzo che gran parte del mondo politico le ha riservato per la sua supposta incompetenza. Ma lei, Laura Castelli, dopo tre cambi di governo è ancora lì al suo posto al ministero dell’Economia. Il governo guidato da Mario Draghi l’ha confermata come viceministra del Tesoro. Anzi ha fatto di più, perché se nel Conte bis la deputata Cinque stelle aveva dovuto condividere il suo ruolo con il senatore Pd, Antonio Misiani, ora il governo dei migliori, come l’ha ribattezzato il suo principale artefice Matteo Renzi, ha deciso che Castelli potrà avere campo libero eliminando Misiani e lasciandola unica viceministra in via XX Settembre. Un epilogo sicuramente difficilmente pronosticabile viste le gaffe e le critiche di chi un tempo l’accusava e ora si trova a sostenere con lei lo stesso governo.

La «mangia bilanci»

Classe ‘86, Laura Castelli inizia la sua carriera politica in Piemonte come assistente del consigliere di centrosinistra, Mariano Turigliatto nel 2009. La mancata rielezione di Turigliatto nel 2010 è l’occasione per scoprire i Cinque stelle che l’accolgono come assistente nel loro gruppo appena nato in consiglio regionale. È il trampolino di lancio per l’elezione in parlamento che avviene nel 2013. Appena arrivata Castelli si accoda al proposito di «aprire il parlamento come una scatoletta di tonno» e si candida per la carica di questore con l’obiettivo di contabilizzare anche le «caramelle». Per rassicurare tutti sulla sua competenza, alla Stampa racconterà di essere cresciuta «mangiando bilanci». Delle caramelle contabilizzate non si hanno più notizie, ma nel frattempo la fama di Castelli si allarga.

Gaffe e reticenze

Nota per il suo carattere combattivo, Castelli inizia a farsi notare fin da subito per la sua impulsività nelle loro risposte ai giornalisti che la porta a non dare sempre risposte precise o corrette. Già nel 2013 suscita imbarazzo il suo attacco ai dipendenti pubblici accusati di scioperare mentre «sono retribuiti». In realtà i giorni di sciopero vengono decurtati dallo stipendio. Ma la ribalta nazionale arriva tra il 2017 e il 2018. Nel corso della trasmissione Otto e Mezzo, la conduttrice le chiede cosa avrebbe votato a un referendum sull’uscita dall’euro. «Non si dice», è la sua risposta che lascia attonita la conduttrice, ma che viene giustificata dalla futura viceministra con l’invocazione della «segretezza» del voto.

Arrivano le politiche del 2018 e Castelli diventa sottosegretaria all’Economia nel primo governo Conte. Ma lo studio di Otto e Mezzo continua a non portare particolare fortuna. Interrogata su dove stiano venendo stampate le tessere del Reddito di cittadinanza, la deputata risponde con un «non lo posso dire» che fa mettere a Sallusti le mani tra i capelli. Nel suo primo anno al governo, Castelli rimedia anche i fischi da una platea di commercialisti a cui cerca di accreditarsi dicendo: «Sono laureata in Economia, non sono un commercialista ma nella vita ho avuto un mio studio, ho lavorato nello studio di famiglia che si occupa di contabilità, paghe...».

A finire sotto accusa non sono solo le sue uscite pubbliche, ma anche il suo curriculum fermo a una triennale in economia aziendale. Ma Castelli non si lascia scoraggiare e dopo avere risposto «questo lo dice lei» all’ex ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che provava a spiegarle lo spread a Porta a Porta, rassicura tutti in un’intervista a Fabrizio Roncone del Corriere: « Lei è convinto che la mia formazione non sia adeguata al ruolo che ricopro: è così, vero?Ma io sono circondata dalle menti più brillanti di questo paese. No, ecco, tanto per essere chiari: mica lavoro da sola, ho un fior fiore di staff, io». Insomma forse Draghi nel confermare il suo staff davvero eccezionale se è riuscita a farla confermare nel terzo governo consecutivo.

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