Si gioca tutto sull’opportunità politica, e la scelta spetta a Matteo Salvini. Decidere di rispondere alle domande del parlamento sui suoi rapporti con la Russia oppure continuare a cercare Mosca al telefono – come ha detto lui stesso – senza discuterne con nessuno.

Fino a ieri la sua posizione era questa: «Sono sconcertato da ipotesi di inchieste, Copasir, chiarimenti, come se non fosse diritto di un parlamentare italiano lavorare con chiunque possa portare la pace». E ancora: «Sono intimidazioni inaccettabili». E ha rivelato: «Oggi ho sentito i vertici dei servizi di sicurezza e smentiscono qualsiasi approfondimento». Quindi nessuna risposta.

Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), dopo che su Domani sono emersi i frequenti incontri di Salvini con l’ambasciatore russo Sergej Razov in compagnia del nuovo consulente Antonio Capuano, ha avviato una verifica sull’operato dei servizi segreti come da mandato istituzionale, e su Capuano dal punto di vista della sicurezza nazionale.

Finora però si è limitato a raccogliere alcuni documenti e la convocazione del consulente di Frattaminore, dicono dal Copasir, è in fase di valutazione. Per Salvini la questione è diversa. Il presidente del Comitato parlamentare Adolfo Urso spiega che il Copasir non vigila sui politici, dunque «nel caso dei parlamentari, la prassi costantemente seguita è stata quella di procedere a una loro audizione solo a fronte di una esplicita richiesta avanzata dai medesimi». Per i partiti Salvini dovrebbe presentarsi spontaneamente.

Bocca chiusa

Il leader della Lega non ha mai amato rispondere del proprio operato, nemmeno quando era ministro dell’Interno. Il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra (M5s) lo convocò più volte e in ogni occasione si rifiutò di andare a parlare di quella che era la sua materia di competenza: la lotta alla mafia.

La scena si è ripetuta da lì a poco, con ancora una volta la Russia al centro. Gianluca Savoini, ex portavoce di Salvini, fu trovato a trattare all’Hotel Metropol di Mosca per ottenere un finanziamento russo per il partito, in occasione delle elezioni europee del 2019. Uno scandalo di portata internazionale che ancora oggi viene menzionato nelle relazioni europee sulle ingerenze straniere. L’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte gli chiese di andare in parlamento a riferire, ma Salvini ancora una volta non si presentò.

Gli alleati di governo

Gli altri partiti di maggioranza hanno già chiesto ripetutamente trasparenza da parte del segretario leghista, che, oltre a comunicati stampa e dirette Facebook, non vuole confrontarsi né sul terreno politico né su quello istituzionale. A differenza di Capuano che si è detto immediatamente disponibile. Enrico Borghi, responsabile sicurezza del Pd e membro del Copasir, ha spiegato che il suo partito «è dell’opinione che debba dire al parlamento e agli italiani il contenuto dei suoi incontri con l’ambasciatore russo, i motivi per i quali non ha ritenuto di informare il primo ministro di queste interlocuzioni».

Elio Vito, di Forza Italia, ha twittato: «Salvini, anziché fare polemiche pretestuose e sentire i servizi di sicurezza, dia piuttosto la sua disponibilità a essere audito dal Copasir, come dovrebbe essere suo dovere politico e istituzionale» magari «anche la prossima settimana, in deroga alla chiusura delle Camere».

Persino Licia Ronzulli, senatrice di Forza Italia, solitamente aperturista nei confronti della Lega, ha ribadito che il suo partito non era a conoscenza degli incontri.

Non sarebbe la prima volta che un leader di partito decide di presentarsi al Copasir. Proprio poche settimane fa Conte, che rispetto a Salvini non è parlamentare, si è recato di sua spontanea volontà a riferire sulla missione russa a Bergamo dopo lo scoppio della pandemia.

Federica Dieni del Movimento 5 stelle ha ripetuto l’invito: «Come Copasir non abbiamo il controllo della politica, ma, dal punto di vista dell’opportunità, se lui ci aiutasse a capire sarebbe una cosa molto apprezzata. Spetta a lui farsi avanti».

A sottolineare la gravità della situazione ci ha pensato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Salvini nella diretta Facebook di mercoledì, in cui ha esposto la sua versione dei fatti, ha preso in giro il piano di pace della Farnesina durato «15 minuti». Ieri è arrivata la replica di Di Maio: «Le critiche di Salvini? Mi sembra un film già visto. Ricordate quando fece cadere il governo Conte I? Iniziò tutto così, criticando i vari ministri del governo fino a staccare la spina».

La prima volta erano i tempi del Papeete, la crisi arrivò ad agosto 2019. L’estate è ancora una volta dietro l’angolo, e questa volta con le elezioni amministrative. Ieri il leader della Lega si è limitato a criticare il Copasir e ad augurare buona festa della Repubblica con un tweet citando Mussolini (e Totò): «Chi si ferma è perduto».

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