Il sindaco uscente, Roberto Dipiazza, corre per il quarto mandato. I primi due li ha iniziati nel giugno 2001, a ridosso delle Torri gemelle e parecchio in anticipo sui sedici anni di Angela Merkel alla guida della Germania. Praticamente una vita. Dopo di lui una sindacatura vinta da Roberto Cosolini, esponente della sinistra, già assessore alla regione con Riccardo Illy. Quindi il ritorno di Dipiazza cinque anni fa e ora la rincorsa da record: vent’anni sulla stessa poltrona, quella di sindaco di Trieste.

Che per chi non conosca il luogo vuol dire l’ufficio affacciato su piazza Unità, la più grande d’Europa con uno sbocco a mare. Questa nota della piazza non paia superflua nel senso che il sindaco uscente ha fondato su quel salotto buono un’arma affinata di consenso. Insomma lui vive le vie del passeggio e dello struscio con lo spirito misto dell’amministratore, del vigile smista traffico, del commerciante (tale per altro è nella vita con risultati lusinghieri), in una consuetudine più amicale che politica. Il che in una realtà mediamente anziana e dalle tarde esigenze asburgiche ha comunque il suo appeal.

La sfida tra passato e futuro

Però, come accade spesso, c’è un però. Che prima di festeggiare il quarto mandato bisogna scollinare un ballottaggio, secondo alcuni imprevisto e al pari di tutti i ballottaggi a modo suo imprevedibile. Perché di fronte all’uscente questa volta c’è un candidato tutt’altro che inventato. Francesco Russo vanta il suo di curriculum.

Già senatore eletto col Pd, oggi vicepresidente dell’Assemblea regionale, la città la conosce al dettaglio. Anni addietro durante la maratona sulla manovra di bilancio con uno di quei blitz che riescono agli abili ha fatto approvare in Senato un emendamento che ha condotto alla sdemanializzazione del porto vecchio, l’equivalente di un signor regalo alla città tutta che su quella striscia di lungomare a ridosso delle rive, nel cuore della Trieste teresiana, può ora costruire un pezzo fondamentale del suo futuro.

A larghe spanne il confronto si giocherà su questo: da un lato il prototipo collaudato di una borghesia media e piccola affezionata al quieto stare e senza troppa voglia di spostare in avanti le lancette del tempo, un mix di conservazione e stanchezza con qualche strizzata d’occhio al vetero nazionalismo riproposto da Giorgia Meloni in chiave sovranista.

Da quest’altro una alleanza civica e progressista convinta che si possano sfruttare al meglio potenzialità inedite su quel confine orientale dove il porto commerciale sotto la guida di Zeno D’Agostino, manager di primissima qualità (dove il nome è garanzia!) ha già risalito la graduatoria degli scali più appetiti, prima dai cinesi e a ruota dai tedeschi.

Scienza, ricerca, un’industria da ripensare dopo la chiusura della lunga pagina siderurgica con la Ferriera di Servola, e naturalmente un turismo in gran spolvero dopo decenni di relativo oblio: lassù è possibile oggi più di ieri immaginare una svolta in senso ambizioso. In fondo la città quando si chiude in sé stessa contentandosi di cullare i propri miti, storici, irredentisti o letterari, si spegne. Quando riscopre la sua natura e vocazione – chiamatela pure, cosmopolita – riscopre l’anima creativa e attrattiva che ne ha distinto le pagine migliori.

Come finirà? Difficile fare una previsione secca. Certo, i numeri del primo turno (Dipiazza al 46 per cento, Russo al 31) sembrerebbero andare verso una riconferma, ma il candidato che rincorre ha detto una cosa semplice e giusta: se si sommano le forze, almeno le principali, che domenica scorsa hanno espresso un giudizio severo sulla destra al governo del capoluogo, la sfida non solo si riapre ma si può vincere.

Il terzo incomodo

Peseranno le parole e gli indirizzi del giovane e brillante capofila di una lista civica collocata a sinistra. Si chiama Riccardo Laterza, è un ricercatore di politiche urbane e ha raccolto attorno al suo progetto consensi e sponsorizzazioni autorevoli, Paolo Rumiz in testa. Vedremo. Personalmente ci spero perché sarebbe un peccato vero se di fronte al clima prodotto nel paese dalle urne dell’ultimo weekend e con la prospettiva di risparmiare a una maggioranza di triestini la corvée di un quarto déjà vu, uguale identico ai tre precedenti, dicevo sarebbe un peccato sciupare l’occasione. Rispetto a Roma e Torino è più complicato, inutile negarlo. Ma quella città di cose complicate e infine riuscite ne ha partorite parecchie e il pensiero corre, tra gli altri, a Franco Basaglia. Chissà che il miracolo non si ripeta.

 

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