«Continuo la mia opera di persuasione. Ho chiesto all'ambasciatore russo il cessate il fuoco, chiederò questa mattina stessa un intervento dell'ambasciata cinese». A parlare è il leader della Lega Matteo Salvini subito dopo una visita all’ambasciata ucraina a Roma. Il contatto con Li Junhua c’è poi effettivamente stato, ma dall’entourage del segretario del Carroccio non filtra nessun dettaglio sul contenuto del colloquio.

Salvini negli ultimi giorni ha visitato la rappresentanza diplomatica ucraina più volte dandone notizia con dichiarazioni e video. È invece una novità la notizia di un suo contatto con l’ambasciata russa, il cui capo, Sergej Razov, ieri aveva indirizzato una lettera ai parlamentari della Commissione difesa, impegnati a esaminare il decreto del governo per l’invio di armi in Ucraina.

La missiva, che riprendeva la dichiarazione del ministro degli Esteri Sergej Lavrov aveva toni tutt’altro che distensivi: «La decisione dell’Ue del 27 febbraio di iniziare a fornire armi letali all’esercito ucraino è un’autodenuncia. Segna la fine dell’integrazione europea come progetto “pacifista” per riconciliare i popoli europei dopo la Seconda guerra mondiale. I cittadini e le strutture della Ue coinvolti nella fornitura di armi letali e di carburante e lubrificanti agli ucraini saranno ritenuti responsabili di qualsiasi conseguenza». 

Anche i contatti di Salvini con l’ambasciata di Pechino sono una mossa inedita nel conflitto. L’Ucraina nei giorni scorsi aveva chiesto a Pechino di porsi come mediatore tra i due paesi in conflitto, e per il momento la Cina sembra disposta a mediare prendendo le distanze dai suoi vincoli con Mosca. Ad oggi però Pechino non ha ancora giocato un ruolo rilevante nelle trattative per il cessate il fuoco. 

Non è però la prima volta che Salvini si rivolge a Pechino per fare da intermediario in una crisi internazionale: già il 3 settembre scorso il leader della Lega aveva cercato il contatto con l’ambasciatore Li per discutere della crisi in Afghanistan. A testimoniare l’incontro era circolata anche una foto che li mostrava fianco a fianco tra le rispettive bandiere. I comunicati dell’ambasciata avevano espresso «piena condivisione» su parecchi dossier. 

Ma l’amicizia tra il segretario della Lega e la Cina è recente. Il rapporto di Salvini con Pechino è migliorato soprattutto nell’ultimo anno: a luglio 2020 era ancora impegnato a organizzare flash mob davanti all’ambasciata con altri parlamentari leghisti per chiedere «libertà per Hong Kong». All’epoca il governo cinese non aveva gradito granché, tanto da arrivare a parlare di «accuse gratuite»: una mossa a cui aveva risposto il vicesegretario Giancarlo Giorgetti, che aveva raccomandato a Pechino di «non paragonare la Cina e l’Italia». 

Il passato

Ancora prima Salvini si era spesso detto preoccupato della vicinanza tra il Movimento 5 stelle e Pechino. Gli ultimi contatti risalgono a qualche mese fa, quando Beppe Grillo, visitatore ricorrente dell’ambasciata a via Bruxelles, ha visitato Li Junhua senza Giuseppe Conte, che all’ultimo aveva rinunciato ad accompagnare il fondatore. Ancora due anni prima, di fronte a un’iniziativa simile del comico Salvini aveva commentato: «Vedo che i Cinque stelle vanno d’accordo con la dittatura cinese». 

Nel 2019, durante il governo gialloverde, aveva annunciato di non voler partecipare al pranzo di lavoro con il presidente cinese Xi Jinping: «Non andrò al Quirinale al pranzo con il presidente cinese Xi Jinping, ci saranno esponenti della Lega, io sarò in Basilicata», aveva detto allora. Ma da allora i tempi sono cambiati.

Negli ultimi giorni il leader della Lega aveva dovuto spiegare anche il suo sostegno, particolarmente forte durante la scorsa legislatura, al presidente russo Vladimir Putin, che ha incontrato diverse volte e di cui ha tessuto più volte le lodi, soprattutto sui social. Ora emerge un’altra simpatia scomoda, considerata l’ambiguità che la Cina continua a tenere sulla guerra tra Russia e Ucraina: durante la votazione per la risoluzione Onu che condanna l’invasione, Pechino si è astenuta. 

Nel frattempo il segretario della Lega ha però riconosciuto che la responsabilità dell’invasione ricade interamente su Mosca e si è proposto di fare un viaggio in Ucraina. Il giorno giusto potrebbe essere martedì prossimo, anche perché, dice Salvini, festeggiare l’8 marzo «in territorio di guerra facendo un appello al cessate il fuoco avrebbe un altro senso». Il segretario dice di essere già in contatto con l’ambasciata italiana a Leopoli, ma magari la mediazione cinese faciliterà il viaggio. 

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