L’intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di oggi di fronte alle Camere riunite non è il primo di questo tipo, ma già nelle ore precedenti non mancano le polemiche. Il gruppo di parlamentari che, in polemica, non parteciperanno alla seduta è già nutrito: tra i più rumorosi c’è il gruppo di Alternativa, gli ex grillini che hanno lasciato o sono stati espulsi dai Cinque stelle per non aver votato la fiducia al governo Draghi. «Si tratta solo e soltanto un’operazione di marketing che non servirà a far cessare le ostilità e non avrà alcuna utilità per la parte offesa» scrivono nel comunicato i parlamentari.

Ma sono ben accompagnati: a esprimere perplessità sull’intervento sono stati anche diversi eletti della Lega, come il senatore pro vita Simone Pillon o il deputato filoputiniano Vito Comencini. C’è poi il senatore Elio Lannutti, ex Cinque stelle che sul suo profilo Twitter chiama Zelensky «una marionetta, già selezionata e prescelta dai famigerati esportatori di democrazia nel mondo con le bombe (e finanza internazionale), pompato dal circo mediatico globale, anche a rischio terza guerra mondiale». Toni simili per la senatrice, sempre ex grillina, Bianca Laura Granato, che propone a Putin di «unire le forze per sconfiggere insieme l’agenda globalista». Assenti anche Nicola Morra ed Emanuele Dessì. 

Dubbi anche tra chi grillino lo è ancora, come Enrica Segneri, che spiega che non ascolterà Zelensky, o Gabriele Lorenzoni, che aveva avanzato perplessità già dieci giorni fa insieme a Nicola Grimaldi, che aveva addirittura invocato un intervento di Putin per sentire entrambe le parti in causa. O ancora Vito Petrocelli, presidente della Commissione esteri Senato, che ha appena conservato per un soffio il posto dopo la sua polemica a proposito della decisione del governo di inviare armi a Kiev. 

Gli altri parlamenti

Una prospettiva di defezioni e polemiche che non colloca nella migliore delle cornici il discorso che il presidente ucraino terrà stamattina. Anche perché il decreto Ucraina, che dà il via libera alla consegna delle armi, deve ancora essere approvato al Senato, dove i parlamentari, soprattutto del gruppo Cinque stelle, tendono a muoversi con più autonomia. Non è un caso che ieri sera il presidente Giuseppe Conte ha appositamente convocato una riunione per richiamare all’ordine i suoi senatori. 

C’è chi ha paragonato la fronda critica all’iniziativa di Marine Le Pen, che ieri mattina aveva annunciato di non poter partecipare all’intervento di Zelensky al parlamento francese per impegni pregressi. «Non ho particolare ammirazione per Zelensky», aveva detto. Di fronte a forti polemiche, tuttavia, la candidata alla presidenza ha trovato il modo di rinviare i numerosi impegni che la tenevano lontana dall’aula. «Semplicemente non pensavamo di riuscire a spostare così tante interviste concordate, in particolare una con una trasmissione estera» ha detto un membro del suo staff a Politico. 

I parlamentari italiani non hanno ancora fatto un passo indietro come Le Pen, ma l’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi successivo al discorso di Zelensky eviterà l’imbarazzo a cui si è esposto il suo collega Olaf Scholz in Germania non prevedendo un dibattito dopo l’intervento. L’opposizione ha criticato la scelta del cancelliere, così come la stampa e una parte dell’opinione pubblica. 

Zelensky ha portato indignazione anche alla Knesset, ma in quel caso a causa del suo paragone della situazione ucraina con la Shoah. In tutte le occasioni in cui ha parlato di fronte ai parlamentari di altri paesi, il presidente ucraino ha cercato la complicità del suo pubblico facendo riferimento alla storia nazionale: a Londra ha citato Winston Churchill, a Berlino il muro da abbattere, a Washington Pearl Harbour. Citare però di fronte ai parlamentari israeliani il genocidio degli ebrei gli ha portato addirittura un rimprovero dal premier Naftali Bennett, che ha spiegato che «la Shoah non andrebbe paragonata a null’altro». 

Di tutt’altra natura le critiche che si sono attirati due senatori americani del partito repubblicano, Marco Rubio e Steve Daines, che nonostante la raccomandazione dell’ambasciatore ucraino di non postare foto dell’incontro in videoconferenza di Zelensky non hanno esitato a pubblicare screenshot. 

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