Un pranzo per «riallinearsi», viene definito da fonti di governo. Nulla di nuovo, visto che spesso la premier Giorgia Meloni ha scelto la strada degli incontri informali per gestire i complicati rapporti con i suoi vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Eppure, nel caso di mercoledì, la necessità di ritrovarsi a palazzo Chigi era quantomeno impellente.

Il governo ha passato settimane agitate. Dal caso Almasri alla mozione di sfiducia Santanchè senza contare i molti dossier aperti sia sul piano economico sia su quello sociale. E, mai come ora, vengono a galla le differenze tra i partiti della maggioranza. Se Meloni ha scelto il silenzio, optando per la strategia di tenersi pubblicamente fuori dalle schermaglie e anche lontana dal parlamento, Matteo Salvini ne ha approfittato per guadagnare spazio mediatico prima sul palco europeo dei Patrioti a Madrid, poi con il rilancio della rottamazione delle cartelle esattoriali e della pace fiscale. Facendo così inevitabilmente crescere la temperatura interna nei rapporti tra Fratelli d’Italia e Lega.

Di qui il bisogno di riallinearsi sulle priorità. Formalmente, al centro del vertice c’era la sanità, con la riforma dei medici di famiglia e con la partecipazione anche del ministro Gilberto Pichetto Fratin e di alcuni presidenti di regione.

In concreto, però, le partite più delicate di cui si è discusso sono state appunto la pace fiscale e, soprattutto, l’annoso problema delle nomine. Più nello specifico, quelle alla Corte costituzionale, orfana di quattro giudici e a rischio funzionamento. Cosa che genera un certo fastidio dalle parti del Quirinale.

Su nessuno dei dossier, in realtà, si è arrivati a un punto di caduta chiaro. «Interlocuzioni sono in corso», viene spiegato da chi ha seguito il vertice, sottolineando però quanto Meloni abbia messo a fuoco la necessità di approfondire il tema sanità, che sarà al centro delle prossime campagne elettorali per le regionali.

«Non si è arrivati a nessuna conclusione, abbiamo fatto solo l’inquadramento generale della situazione» ha detto il presidente del Friuli-Venezia Giulia e della Conferenza delle regioni, Massimiliano Fedriga, uscendo dal vertice.

La Corte costituzionale

La questione su cui apparentemente si è andati più avanti è quella che riguarda la nomina dei quattro giudici della Consulta. Consultazioni sono andate avanti per tutto il giorno anche con le opposizioni e soprattutto con il Partito democratico, ma perché la partita si chiuda definitivamente servirà attendere la mattina di giovedì, quando i gruppi riceveranno precise indicazioni: se votare ancora bianca oppure una quaterna secca di nomi.

Nella serata di mercoledì, il ventaglio si è composto con i profili di Francesco Saverio Marini in quota Fratelli d’Italia, Massimo Luciani per il Pd e le opposizioni, la professoressa di diritto amministrativo di Roma Tre, Maria Alessandra Sandulli, come nome tecnico e femminile (nato da una proposta dei Cinque stelle) e, infine, per Forza Italia, l’avvocato Gennaro Terracciano.

In realtà i più cinici parlano ancora di un patto scritto sull’acqua: le ultime settimane sono state all’insegna delle tensioni con le opposizioni e dunque il dialogo si è fatto più difficile, dunque arrivare ad una sintesi proprio giovedì viene considerato difficile. I più ottimisti, invece, riconoscono la necessità di chiudere la partita e confidano nel fatto che un contatto diretto tra Meloni e la segretaria dem Elly Schlein basti a sbloccare l’impasse.

Certo è che il principale subbuglio rimane dentro Forza Italia, che aveva molti pretendenti interni – in corsa c’erano il viceministro Francesco Paolo Sisto e il deputato Pierantonio Zanettin – e la mediazione di Tajani è stata quantomai complicata. Secondo fonti interne di FI, «ancora non è chiusa». La speranza di molti, soprattutto dentro la maggioranza, è però che la questione venga finalmente risolta anche per chiudere il fronte con il Colle.

La pace con la Lega

Altra direzione verso la quale Meloni ha cercato di andare è stata quella di acquietare l’alleato leghista. L’attivismo di Salvini su molti fronti e soprattutto l’insistenza con cui ha rilanciato una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali ha indispettito e non poco Meloni, che pure ha ben presente il filo sottile su cui si sta muovendo il segretario leghista dentro al suo partito e la necessità di aggrapparsi a un tema popolare. Anche di questo si è parlato al vertice di mercoledì e l’esito, anche in questo caso, è stata l’apertura di un dialogo.

Spetterà alla Lega trovare la sponda del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha già aperto a una disponibilità di massima, tuttavia la linea di FdI è quella di far prevalere i toni concilianti. Lo ha dimostrato il ministro per i Rapporti col parlamento Luca Ciriani, che ha sostenuto che sulla nuova rottamazione «siamo tutti d’accordo, l’unico problema è trovare le risorse per poterla fare». «Se siamo in grado di garantire le risorse non ci opponiamo, anzi», ha assicurato.

A certificare che una finestra di dialogo si sia aperta con palazzo Chigi è stata anche la forza con cui Salvini ha portato l’argomento sul tavolo del Consiglio federale che si è svolto mercoledì pomeriggio, dove ha parlato di una rottamazione ampia in dieci anni per oltre dieci milioni di italiani, da ottenere in via legislativa entro la primavera.

Quel che però è chiaro è che le fibrillazioni si sono solo abbassate ma non certo spente. Complici il caso Almasri e l’indagine contro la ministra Daniela Santanchè, Meloni sta vivendo la fase forse più complicata da quando si è insediata a palazzo Chigi e dunque la scelta di concedere qualcosa agli alleati e stemperare i toni del dibattito interno – anche dopo la pubblicazione delle chat di FdI contro Salvini – era quasi obbligata. L’interrogativo è quanto possa reggere.

Chi ha avuto modo di parlare con lei riferisce di una premier più che mai intenzionata a rilanciare l’attività di governo dopo le secche di queste settimane. E di procedere «giorno per giorno» con gli alleati, con la consapevolezza che uno strappo non gioverebbe a nessuno, almeno nel breve periodo.

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