Vigili del fuoco: celebrazioni in alto, ma mancano le risorse

Ogni anno il 4 dicembre, giorno di Santa Barbara protettrice dei Vigili del fuoco, è sempre la cartolina istituzionale della gratitudine. Le dichiarazioni arrivano presto: Giorgia Meloni ringrazia i Vigili del fuoco per «passione e devozione» e per la loro «preziosa presenza quotidiana». Matteo Salvini parla di «coraggio al servizio degli altri». Matteo Piantedosi assicura «gratitudine» e promette che «a breve» verrà definito il riordino di funzioni e compiti del Corpo. Tutto come da tradizione. Tranne una cosa: proprio mentre la politica si stringe attorno ai pompieri, il Corpo nazionale è in stato di agitazione. È la risposta alle bozze di decreti che il Viminale ha sottoposto ai sindacati nelle scorse settimane. Bozze non definitive, ma abbastanza chiare da accendere un conflitto che da anni non si vedeva. Secondo la Fp Cgil e le altre sigle che hanno partecipato agli incontri tecnici, in quei testi comparirebbero definizioni inedite: il personale operativo avrebbe funzioni di agente di pubblica sicurezza; il Corpo concorrerebbe alle attività di pubblica sicurezza e persino «alle attività connesse alla sicurezza dello Stato». Formulazioni che aprono un fronte delicato, perché finora i Vigili del fuoco sono stati — giuridicamente e culturalmente — un servizio civile dedicato al soccorso tecnico urgente. Lo spreco dei Cpr in Albania, esposto alla Corte dei Conti: «Milioni tolti a sanità e scuole» Verso la sicurezza interna La natura delle bozze non è normativa, non è pubblica e non è definitiva. È una proposta tecnica. Ma per i sindacati è sufficiente a segnalare una deriva: un Corpo che da civile rischia di avvicinarsi alla logica della sicurezza interna. La Fp Cgil parla di «rischio di militarizzazione», Usb teme un «modello più gerarchizzato», la Uilpa contesta l’ampliamento dell’area dirigenziale, che sposterebbe verso l’alto peso e decisioni senza migliorare il servizio. Il nodo politico è qui: non si tratta solo di formule, ma dell’immagine stessa dei Vigili del fuoco. Il soccorritore civile, neutrale, non armato, riconosciuto da tutti come presidio di prossimità, potrebbe trovarsi — secondo chi contesta le bozze — associato a compiti che riguardano la gestione della sicurezza dello Stato. Un salto culturale prima ancora che operativo. E poi c’è l’assenza di risorse. Gli stessi sindacati ricordano che gli organici sono insufficienti, il parco mezzi è datato, l’età media è alta e le emergenze aumentano: incendi boschivi, dissesto idrogeologico, eventi meteorologici estremi. La manovra non prevede assunzioni straordinarie né investimenti dedicati. In questo scenario, l’idea di ridefinire compiti e funzioni senza affrontare le carenze strutturali diventa, per molti, una contraddizione insanabile. Manovra: Tagli a tutto ma non agli staff, più soldi a Salvini e Crosetto Rischio riordino Il clima di sfiducia cresce anche per un altro dettaglio: il Viminale rivendica che si tratta solo di un confronto tecnico, ma allo stesso tempo il ministro parla apertamente di un «riordino» in arrivo. È una tensione semantica che il personale percepisce come un segnale politico: i decreti potrebbero non essere così preliminari come vengono presentati. Così la frattura esplode proprio nel giorno che avrebbe dovuto sanarla. L’immagine pubblica — presidente del Consiglio e ministri grati — stride con l’immagine interna di un Corpo che teme di essere collocato in una funzione diversa da quella storica. Il tema è anche istituzionale: se i Vigili del fuoco diventano, in parte, attori della sicurezza interna, come si ridefiniscono prerogative, responsabilità e limiti di intervento? Quali garanzie rimangono per mantenere il carattere civile del Corpo? Quali spazi avrà la contrattazione collettiva se il baricentro si sposta verso modelli organizzativi più verticali? Gli stessi sindacati lo ripetono: il rischio non è un’immediata trasformazione in un corpo di polizia, ma un progressivo slittamento di missione. Un Corpo più vicino all’ordine pubblico che al soccorso tecnico urgente può vedere cambiare, nel tempo, formazione, procedure, catena di comando, modalità di intervento. E soprattutto può cambiare la relazione con i cittadini. Per questo lo stato di agitazione proclamato per il 12 dicembre non è simbolico. È un avvertimento politico: non si può intervenire sulla definizione del ruolo dei Vigili del fuoco senza un confronto trasparente, senza investimenti reali, senza un dibattito parlamentare aperto. Il paradosso è tutto qui: nel giorno in cui la politica si stringe attorno ai Vigili del fuoco con parole di gratitudine, il Corpo stesso segnala che dietro quegli elogi si muove un’idea diversa del suo futuro. Una direzione che, se confermata, cambierebbe il modo in cui lo Stato guarda al proprio servizio di soccorso. Il 4 dicembre 2025 doveva essere un giorno di festa. È diventato il giorno in cui emergono tutte le domande irrisolte sul destino dei Vigili del fuoco.