La legge Zan non è stata approvata e il trucco che ha nascosto chi ha fatto mancare il suo sostegno è il voto segreto, dietro al quale si sono mossi i 23 franchi tiratori annidati nei gruppi che avevano annunciato il loro appoggio. Lo scontro politico dentro al centrosinistra si è ridotto a un reciproco scambio di accuse tra Partito democratico e Italia viva.

Nessun partito, invece, è disposto ad affrontare il problema che nei paesi anglosassoni si definisce accountability ed è la responsabilità del politico che deve rispondere del suo operato ai cittadini che lo hanno eletto. Il voto segreto, previsto dai regolamenti parlamentari e sfruttato dal centrodestra, rende difficile questa trasparenza.

Fino al 1988 la regola era che tutti i voti fossero a scrutinio segreto e che quello palese fosse l’eccezione. Questo meccanismo, però, aveva generato enormi problemi di governabilità. Su spinta in particolare di Bettino Craxi e Ciriaco De Mita, i regolamenti vennero riformati invertendo i rapporti: il voto segreto è diventato l’eccezione e quello palese la regola.

I regolamenti di Camera e Senato, però, prevedono che sia possibile richiedere il voto segreto nel caso in cui la legge in votazione riguardi i diritti fondamentali. Ovvero – come recita il regolamento del Senato – le leggi che incidono sui rapporti civili ed etico-sociali previsti dalla Costituzione, come appunto il caso della legge Zan. Questo meccanismo ha il fine di tutelare la libertà di coscienza del singolo parlamentare, che così può esprimersi su questioni etiche senza dover sottostare necessariamente alla linea del partito. E senza rendere conto alla pubblica opinione.

Nessuno vuole cambiare

Il problema è quello del bilanciamento di due ragioni opposte. «Da un lato l’esigenza di salvaguardare la libertà di sottrarsi alla disciplina di partito senza conseguenze, dall’altro la responsabilità nei confronti degli elettori», spiega il costituzionalista Salvatore Curreri.

Oggi, però, l’orientamento in tema di diritti civili ed etico-sociali è diventato un parametro di valutazione sempre più determinante per gli elettori. Così che negare proprio su questo la trasparenza dei singoli posizionamenti rischia di essere l’ennesima prova della distanza che separa la classe politica dai cittadini. Il voto segreto sui temi etici, infatti, permette ai parlamentari di votare secondo coscienza, ma indirettamente nega la stessa libertà agli elettori. Loro, alle prossime politiche, voteranno per candidati di cui non sanno con certezza come si sono schierati sulla legge Zan.

Si può quindi pensare di abolire il voto segreto? Eliminarlo farebbe emergere il problema della democrazia interna ai gruppi parlamentari e ai partiti. «Per mantenere l’equilibrio di sistema, bisognerebbe garantire procedure democratiche dentro i partiti e i gruppi. Con il voto palese, il singolo è condizionato dalla dichiarazione di voto del gruppo al quale appartiene e, se vi si discosta, può rischiare ritorsioni interne», spiega Curreri.

I partiti ci tengono

Anche considerando gli aspetti problematici dell’eventuale abolizione del voto segreto, il problema non si pone. Nessun partito, infatti, è disposto a promuovere una riforma dei regolamenti delle camere che lo elimini.

Eppure, proprio questo sarebbe il momento favorevole per farlo. In seguito al taglio del numero di parlamentari, infatti, anche i regolamenti devono essere adeguati. Numerose proposte di riforma sono già state depositate da esponenti di tutte le forze politiche – da Roberto Calderoli per la Lega a Stefano Ceccanti per il Pd – ma tutte si limitano a riequilibrare i numeri nelle commissioni e i quorum per le votazioni, nessuna tocca il voto segreto.

Si tratta di proposte depositate tutte prima della débâcle della legge Zan. Forse, chi oggi condanna l’imboscata in Senato potrebbe proporre una riforma dei regolamenti più coraggiosa, anche alla luce della crescente pressione pubblica perché i partiti e il parlamento applichino maggiore trasparenza nelle scelte. Libertà di scelta ai parlamentari rimarrebbe comunque, solo dovrebbero assumersene la responsabilità davanti ai colleghi e ai cittadini.

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