Più femminile e più giovane soprattutto al sud: Palazzo Madama ha dato il sì definitivo per estendere il diritto di voto per il senato a partire dai 18 anni, una modifica della Cositituzione che permetterà a molti giovani di votare i loro rappresentanti in uno dei due rami del parlamento – per la Camera si vota già a partire dai 18 anni – e che nello specifico interesserà oltre 4 milioni di italiani nella fascia 18-24 anni. Giovani di provenienze diverse e con una nuova componente di genere.

elettorato attivo senato

Prima che diventi legge

Prima che la legge entri in vigore, bisognerà attendere per sapere se sarà richiesto un referendum. Infatti alla camera il sì non ha ottenuto la maggioranza dei due terzi, così come al senato (i sì sono stati 178, 15 i contrari, 30 gli astenuti) ed entro 3 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale potrà essere richiesto un referendum costituzionale.

Il referendum può essere proposto da 500.000 elettori, da cinque Consigli regionali oppure da un quinto dei membri di una Camera. A quel punto, solo se il referendum darà esito positivo, la modifica della costituzione potrà diventare legge.

Qualora nessuno si muovesse per chiedere il referendum invece, scaduto il termine dei tre mesi, la legge costituzionale verrà direttamente promulgata dal presidente della Repubblica ed entrerà in vigore.

Chi voterebbe

Prevedere chi tra i più giovani sarà effettivamente interessato a partecipare non è possibile. Tuttavia secondo l’Istat oggi risiedono in Italia 4.106.139 cittadini tra i 18 e i 24 anni che dunque ipoteticamente potrebbero adesso avere accesso al voto. Di questi, oltre 2,1 milioni sono donne, mentre gli uomini sono meno di 2 milioni, nello specifico circa 1,9 milioni. La differenza non è eclatante, ma aggiunge una piccola componente femminile in una base elettorale che vede gli uomini in vantaggio: sia da un punto di vista numerico che di partecipazione.

Secondo uno studio dell’Istat del 2019 infatti, rispetto agli uomini, le donne hanno tassi meno elevati di partecipazione attiva alla vita politica: partecipano meno degli uomini sia ai comizi (il 3,0 per cento, contro il 6,4 per cento) sia ai cortei (il 2,7 per cento, contro il 3,6 per cento – Tavola 11.5). Anche riguardo al sostegno finanziario a un partito il coinvolgimento delle donne è significativamente minore, così come sullo svolgimento di attività gratuite a favore di un partito.

Le donne di 14 anni e più che parlano di politica almeno una volta a settimana sono il 27,0 per cento, contro il 44,7 per cento degli uomini. Quelle che s’informano dei fatti della politica italiana almeno una volta a settimana sono il 45,4 per cento (contro il 61,8 per cento degli uomini) e quelle che ascoltano dibattiti politici il 15,6 per cento (contro il 22,1 per cento degli uomini).

I risultati si vedono nelle urne: alle scorse elezioni europee del 2019 – le ultime consultazioni su base nazionale – l’astensionismo ha toccato il 45,3 per cento delle donne, una percentuale più elevata degli uomini (il 42,4 per cento).

Adesso però la parte femminile sarà più direttamente interessata. Infatti ci sono 45,8 milioni di cittadini residenti oltre i 25 anni, di questi quasi 24 milioni sono uomini, meno di 22 le donne. L’ampliamento della base non ribalta la situazione, ma accorcia le distanze: infatti in Italia risiedono 25,8 milioni di italiani dai 18 anni in su, e 24 milioni di italiane. Un guadagno di 200 mila donne che possono esprimere la loro preferenza.

L’incremento complessivo di genere inoltre, risulta quasi pari per ogni anno dei nuovi che verranno investiti del diritto di voto, dunque si va da chi frequenta l’ultimo anno delle scuole superiori fino alle porte del quarto di secolo.

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Dove vivono

La maggior parte dei nuovi elettori vive in Lombardia, ma subito dopo viene la Campania.

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Se in termini assoluti la Lombardia registra un maggiore aumento di elettori, dal punto di vista delle percentuali è la Campania che ne ha beneficiato di più, con un incremento – sempre sulla base dei residenti – che supera il 10 per cento. E, a parte la regione più settentrionale in assoluto, il Trentino-Alto Adige, che tallona la Campania in termini percentuali, interessante notare che la base si modificherebbe in maniera più significativa anche in Sicilia, Puglia, Calabria, e Basilicata.

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La Liguria, la seconda regione più anziana dell’Unione europea, risulta tra le meno toccate sia in termini di aumento assoluto che percentuale. Poco meglio la Sardegna e il Friuli-Venezia Giulia. In tutti e tre i casi la base elettorale non si estende più dell’otto per cento.

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