Il New York Times riceverà da Alphabet – la società che controlla Google –  circa 100 milioni di dollari in tre anni, come parte di un ampio accordo che permette alla società di pubblicare i contenuti del Times su alcune delle sue piattaforme. L’azienda statunitense ha intenzione di implementare la propria sezione News, spesso accusata di avere un controllo delle fonti non attendibile e di diffondere fake news.

Parte dell’accordo coinvolge infatti Google News Showcase, che paga gli editori per presentare i loro contenuti su Google News e su altre piattaforme di Google. Non si tratta di una rivoluzione perché questo succede già in paesi come Brasile, Germania e Australia.

Non solo, il New York Times aveva in precedenza già stipulato un accordo simile con Meta Platforms – società madre di Facebook – che però aveva comunicato lo scorso anno che non non avrebbe rinnovato i contratti per la pubblicazione dei contenuti del Times nella scheda Notizie di Facebook.

L’accordo con Alphabet quindi permetterà al giornale di rientrare di quelle perdite, senza contare che Meta pagava al Times un compenso annuale di poco più di 20 milioni di dollari, mentre Alphabet pagherà ogni anno il 65 per cento in più. 

L’editore ha annunciato il suo accordo con Alphabet all’inizio di quest’anno, descrivendolo come un contratto ampliato che include:

  •  la distribuzione intensiva dei contenuti (anche attraverso Google News Showcase);
  •  una vendita più mirata degli abbonamenti, anche grazie al Play Store;
  •  l’utilizzo degli strumenti di Google per il marketing
  •  la sperimentazione congiunta di nuovi prodotti pubblicitari.

Rallenta il mercato pubblicitario

Il patto si inserisce in un periodo di rallentamenti del mercato pubblicitario.  Gli editori che hanno lottato per competere con Google e Facebook per gli introiti pubblicitari digitali hanno a lungo criticati per il fatto che i contenuti giornalistici presentati e condivisi sulle loro piattaforme non venissero pagati.

Italia

Pure in Italia gli editori giornalistici stanno trattando con i colossi informatici per un equo compenso, basandosi sulla direttiva Ue sul diritto d’autore come recepita dal decreto legislativo 177/2021

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