L’Olanda torna alle urne, ma il paese è spaccato. Wilders in cima ai sondaggi

I Paesi Bassi sono attraversati da una profonda spaccatura e divisi tra piazze molto diverse, con proteste che scoppiano da una parte a sostegno del popolo palestinese e delle Flotille, dall’altra contro l’immigrazione e le politiche di accoglienza. È in questo scenario polarizzato che gli olandesi vanno al voto per la seconda volta in due anni, dopo la caduta del governo di coalizione guidato da Dick Schoof. Questo mercoledì il paese torna alle urne per eleggere i 150 membri della camera più importante, la Tweede Kamer. Il sistema elettorale proporzionale puro garantisce un’ampia rappresentanza, ma rende quasi impossibile per un singolo partito raggiungere la maggioranza assoluta di 76 seggi. Geert Wilders fa cadere il governo e getta l’Olanda nell’instabilità Le elezioni anticipate sono state convocate proprio a seguito dei due temi che più dividono oggi l’Olanda: l’immigrazione e la questione israelo-palestinese, che hanno fatto implodere la coalizione formata da Pvv (estrema destra), Vvd (centro-destra), Nsc (liberali) e Bbb (destra rurale). Quando il Pvv ha proposto di congelare le richieste d’asilo e i ricongiungimenti familiari, il governo è crollato. La successiva uscita del Nsc, che contava 19 seggi e - pur non essendo certo un partito progressista - sosteneva l’introduzione di sanzioni mirate contro Israele per i crimini a Gaza, ha reso inevitabile il ritorno alle urne. I protagonisti della nuova tornata sono volti noti. Il Pvv, di estrema destra, guida i sondaggi con circa il 21 per cento dei consensi e propone una linea durissima sull’immigrazione, la chiusura dei confini e la difesa dei «valori olandesi» contro l’Islam politico. Seguono il Cda (Partito cristiano-democratico) e il partito formato nella recente fusione GroenLinks-PvdA (Verdi e Laburisti), entrambi attorno al 16 per cento. Il Vvd, il partito liberale, e i liberal-progressisti del D66 si attestano intorno al 9, mentre il partito conservatore JA21 (destra liberale-nazionalista) è all’8. Più indietro i socialisti dell’Sp, gli ambientalisti del Partito per gli animali, il Bbb e i movimenti minori come Denk, Volt e FvD (Forum voor Democratie), tutti attorno al 3. Piazze e fratture Il 5 ottobre una marea di persone ha inondato la piana di Museumplein ad Amsterdam per chiedere la fine del genocidio a Gaza e della pulizia etnica in Cisgiordania. La scelta degli organizzatori di chiedere a tutti i partecipanti di vestirsi di rosso, messa già in pratica nelle ultime due manifestazioni nazionali, permette di riconoscersi tra chi da ogni parte del paese raggiunge la “capitale emotiva” della protesta. Diversamente dall’Italia, quest’ultima si presenta più timida e spenta, ma mantiene la stessa partecipazione trasversale di segmenti sociali e non si identifica in una sola forza politica. In piazza si è visto Frans Timmermans, che resta la figura più nota dei GroenLinks-PvdA, ma le bandiere di partito più presenti sono quelle di BIJ1, formazione di sinistra radicale che non è presente nel Parlamento uscente ma che potrebbe entrare in quello nuovo. «Noi ci siamo sempre e ci siamo dall’inizio, mentre gli altri partiti prendono posizione a parole e si fanno vedere solo ora per provare a intercettare questa grande partecipazione», dice Annemarie di BIJ1. «Il vostro paese ha inventato il fascismo, ma ha inventato anche l’antifascismo, e ora lo sta facendo vedere». Da Amsterdam fanno rapidamente il giro del mondo le immagini dei 250mila partecipanti della “red line”, una metaforica linea rossa di difesa del diritto che non può essere valicata. Quel diritto che non «vale fino a un punto», soprattutto nei Paesi Bassi, dove si trovano la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia, che hanno emesso rispettivamente i mandati di arresto nei confronti di Netanyahu e il parere consultivo sugli estremi di genocidio a Gaza. All’Aia, capitale politica e sede delle due corti, il giovedì precedente c’era stata una manifestazione davanti al ministero degli Esteri all’indomani dell’intercettazione illegale della Global Sumud Flotilla. Nelle stesse città, a pochi giorni di distanza, si sono tenute due proteste contro le persone migranti e le politiche di accoglienza. I manifestanti, meno del previsto ma ben oltre il migliaio, hanno mostrato slogan per la “remigrazione” e sventolato bandiere usate dal partito nazista in Olanda durante la Seconda guerra mondiale. È stata incendiata un’auto della polizia, la quale ha usato idranti e lacrimogeni. Ventinove persone sono state arrestate all’Aia, trenta ad Amsterdam. «Le parole che vengono pronunciate in Parlamento non sarebbero mai state dette quindici anni fa», sostiene il politologo Jelle Postma, «odio e violenza sono la loro naturale conseguenza». Il Pvv di Geert Wilders, il partito che più soffia sul fuoco, è in testa ai sondaggi.