«Difficile», in questo modo le cancellerie tedesca e francese hanno definito il tentativo di uscita diplomatica dalla guerra in Ucraina. Quando a Ginevra i funzionari russi e statunitensi si sono incontrati per negoziare, a gennaio, prima dell’invasione, l’Unione europea era già stata messa ai margini sia da Washington che da Mosca. Adesso, in pieno conflitto, lo spazio di agibilità per una soluzione politica si restringe, mentre lo spettro degli attori coinvolti si amplia. A discutere dell’ordine internazionale, a Roma, gli Stati Uniti chiamano la Cina. La Germania prova con l’interpolazione della Turchia. Intanto la delegazione russa e ucraina continuano a parlarsi, e martedì ricominciano. Ma i segni di un dialogo difficile e di una guerra che non si ferma sono arrivati nel frattempo anche a Zagabria: poco lontano da uno studentato c’è un ampio cratere; lo ha formato, precipitando, un drone.

Il governo croato, che ha aperto un’indagine, non si capacita di come né la Nato né i governi ungherese e romeno lo abbiano informato della collisione. Anche sul suolo della Romania è precipitato un drone. Mentre l’Unione europea definisce il nuovo pacchetto di sanzioni già annunciato da Ursula von der Leyen, da Berlino arriva l’annuncio dell’acquisto dagli Stati Uniti di oltre una trentina di caccia F35 capaci di trasportare armi nucleari. «La guerra in Ucraina rende necessaria la scelta dei Lockheed», ha fatto sapere Ingo Gerhartz, comandante dell’aeronautica. La scelta segue la virata politica di Olaf Scholz sul riarmo della Germania.

Scacchiere globale

«Non confermiamo, né neghiamo»: così questo lunedì la Commissione europea ha commentato la notizia, fatta filtrare da Washington, che Mosca avrebbe chiesto a Pechino supporto militare sul teatro di guerra ucraino. E sempre stando a Washington, Pechino quel supporto sarebbe anche aperta a fornirlo. Cina e Russia hanno dapprima respinto le accuse. Lunedì in un hotel a Roma il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jack Sullivan, si è trincerato per ore con Yang Jiechi, il responsabile diplomatico di Pechino.

La preoccupazione della Casa Bianca riguarda in realtà anche lo scacchiere economico: come lo stesso Sullivan ammette, il punto è che «la Cina possa compensare la Russia per le perdite economiche» conseguenti alle sanzioni occidentali. Nel frattempo, l’Unione europea conferma il nuovo pacchetto di sanzioni già annunciato da Ursula von der Leyen nei giorni del Consiglio europeo di Versailles.

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, valuta un viaggio in Europa per blindare la linea con gli alleati, che intanto cercano una propria agibilità diplomatica, come nel caso della Germania.

Partite incrociate

«Siamo concordi nel condannare l’invasione e chiedere un immediato cessate il fuoco», ha detto lunedì il cancelliere tedesco in conferenza stampa dopo il suo colloquio con il presidente turco. «Vogliamo mantenere aperta la dimensione del dialogo». Recep Tayyp Erdogan è entrato nello scacchiere ucraino non solo perché la Turchia è membro della Nato, ma sperando di far valere con Stati Uniti e Ue un proprio ruolo di mediatore tra Mosca e Kiev. Nel suo primo viaggio da cancelliere in Turchia, Olaf Scholz riconosce l’attività di interpolazione turca, ringrazia anche per aver chiuso il Bosforo alle navi da guerra. E in qualche modo fa intravedere la contropartita pronta per Erdogan: «C’è spazio per aumentare la nostra cooperazione», dice Scholz, parlando non solo per Berlino ma «anche per l’Ue». Fa riferimento alla «cooperazione energetica, che è in cima alla lista: vogliamo ridurre la nostra dipendenza dalla Russia e diversificare il portafoglio dunque dovremo lavorarci anche con la Turchia».

L’altra promessa è quella di continuare la collaborazione – da intendersi come i finanziamenti Ue ad Ankara – per la gestione dei rifugiati, che «arrivano in Turchia ora anche dall’Ucraina».

Oltre ad Ankara, pure Israele cerca di ritagliarsi un ruolo di interpolazione, motivata anche dai propri interessi strategici in medio oriente. Anche questo lunedì il premier israeliano Naftali Bennett ha interloquito al telefono con Vladimir Putin. Quest’ultimo «ha condiviso le sue valutazioni sul processo negoziale tra rappresentanti russi e ucraini», è la versione del Cremlino.

Intanto alcuni paesi dell’Ue sperimentano le conseguenze indesiderate della guerra in Ucraina, compresa la caduta di droni lunedì nella regione transilvana di Bistrita-Nasaud, in Romania; e la settimana scorsa nel pieno di Zagabria, in Croazia.

Effetti collaterali

L’11 marzo alle 23, evitando per poco una zona affollata di studenti, è piombato il Tu-141 lasciando un cratere largo tre metri e profondo uno. Non si sa chi lo abbia sganciato: la fattura è di epoca sovietica ma questo tipo di materiale è stato riportato in funzione dall’Ucraina stessa nel 2014, dopo l’invasione della Crimea. Dalle prime versioni, pare abbia perso il segnale e sia caduto quando è finito il carburante. Il caso diplomatico, sollevato dal presidente croato, è dovuto al fatto che «prima di cadere è volato, senza che ci fosse segnalato, per oltre 40 minuti sui cieli ungheresi».

La Nato, interrogata da Domani sull’episodio, fa sapere tramite un suo funzionario, che «il sistema di difesa aerea e missilistica integrata della Nato ha rintracciato il volo di un oggetto che poi è caduto a Zagabria»; sull’episodio è in corso una indagine.

© Riproduzione riservata