Abu Mazen all’Onu. «Pronti a governare Hamas si arrenda»

All’Assemblea generale dell’Onu, a New York, la tragedia di Gaza continua a essere al centro dell’agenda politica e diplomatica. Dopo i numerosi Stati che, a cascata, hanno annunciato il proprio riconoscimento dello Stato di Palestina, è stato proprio il giorno del presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas. Il leader dell’Anp, anche conosciuto come Abu Mazen, è intervenuto da remoto, a seguito del rifiuto degli Stati Uniti di concedere visti all’Anp per recarsi a New York. Abu Mazen ha ringraziato i paesi che hanno riconosciuto lo Stato di Palestina e «coloro che hanno protestato a sostegno del diritto del popolo palestinese», aggiungendo che Hamas non dovrebbe avere alcun ruolo in un futuro governo palestinese. «Hamas e le altre fazioni devono consegnare le armi all’Autorità nazionale palestinese: non vogliamo uno Stato armato. Le azioni di Hamas non rappresentano il popolo palestinese o la sua giusta lotta. Nonostante tutto ciò che il nostro popolo ha sofferto, respingiamo ciò che Hamas ha compiuto il 7 ottobre. Queste azioni che hanno preso di mira i civili israeliani e li hanno presi in ostaggio non rappresentano il popolo palestinese, né rappresentano la sua giusta lotta per la libertà e l’indipendenza», è stato il messaggio di Abbas. Il leader dell’Anp ha anche definito le azioni di Israele a Gaza come «un crimine di guerra e contro l’umanità», deplorando inoltre i piani del governo di Tel Aviv per un “Grande Israele”, come l’espansione illegale degli insediamenti in Cisgiordania. Il mondo accademico denuncia la repressione dello sciopero per Gaza a Milano: «Criminalizzata la partecipazione politica giovanile» Il turno di Netanyahu La replica a questo intervento è attesa venerdì, quando l’Onu ospiterà il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. «All’Assemblea generale delle Nazioni Unite dirò la nostra verità», ha affermato il premier prima di salire sull’aereo per New York. «La verità sui cittadini di Israele, la verità sui nostri soldati e la verità sul nostro paese. Denuncerò quei leader che, invece di attaccare gli assassini, gli stupratori e i massacratori di bambini, vogliono dare loro uno Stato nel cuore della Terra d’Israele. Questo non accadrà», ha aggiunto. Denuncia che, secondo il Times of Israel, riguarderà soprattutto la Francia di Emmanuel Macron. Altre indiscrezioni suggeriscono che Netanyahu si concentrerà anche sulle opportunità offerte da un nuovo Medio Oriente dopo la sconfitta di Hamas, in particolare con gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita. Perché le piazze piene per Gaza sono un messaggio a tutti i partiti Quattr’occhi con Trump Quel che invece è certo è che il premier israeliano, negli Stati Uniti, incontrerà Donald Trump: «Discuterò con lui delle grandi opportunità che le nostre vittorie ci hanno portato, così come della nostra necessità di raggiungere gli obiettivi della guerra: riportare indietro tutti i nostri ostaggi, sconfiggere Hamas ed espandere il cerchio di pace che si è aperto davanti a noi», ha detto alla partenza per gli Usa. Viaggio durante il quale, come fatto notare da più parti, il volo di Netanyahu ha allungato la propria rotta di 600 chilometri per evitare lo spazio aereo della Francia, passando invece per Grecia, Italia e lo stretto di Gibilterra. Scelta probabilmente essere derivata alla volontà di evitare possibili problemi legati al mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti del premier israeliano, nonostante fonti diplomatiche francesi facciano sapere che Parigi aveva concesso il permesso a sorvolare lo spazio aereo francese. «Hanno deciso di prendere un’altra rotta e non ne conosciamo il motivo», ha aggiunto la fonte. All’arrivo di Netanyahu negli Stati Uniti, possibile anche che Trump menzioni il piano che ha presentato negli scorsi giorni a un gruppo di paesi arabi e islamici, secondo quanto annunciato dall’inviato Usa in Medio Oriente, Steve Witkoff. «Siamo fiduciosi che nei prossimi giorni saremo in grado di annunciare una svolta decisiva», ha affermato Witkoff durante un vertice a margine dell’Assemblea generale Onu. «Abbiamo presentato quello che chiamiamo il piano di Trump in 21 punti per la pace in Medio Oriente e a Gaza. Penso che risponda alle preoccupazioni di Israele e a quelle di tutti i paesi vicini della regione», ha aggiunto. Alle preoccupazioni di Israele, però, se ne aggiunge una legata al "soft power": secondo il Times, infatti, l’Uefa starebbe valutando la sospensione di Israele da tutte le competizioni calcistiche internazionali, e una decisione sarebbe attesa «la prossima settimana, con la maggioranza dei membri favorevole». La raccomandazione sarebbe arrivata da un panel di consulenti dell’Onu alla luce di quello che hanno definito come «un genocidio» in atto nella Striscia di Gaza. Il grido dell’Italia: «Fermate il genocidio». Oltre mezzo milione in piazza per Gaza