La procura di Monaco ha archiviato le indagini sulle responsabilità di Joseph Ratzinger nella copertura di alcuni casi di abuso sessuale commessi da preti fra gli anni Settanta e Ottanta. Non sarebbe infatti emerso, in modo decisivo, il nesso fra le scelte compiute da chi guidava la diocesi all’epoca e i reati commessi. La “collaborazione” agli abusi insomma non è dimostrabile.

La conclusione cui è giunta la magistratura tedesca sembra porre una pietra tombale sull’intera vicenda, anche considerando che l’ex papa è morto lo scorso 31 dicembre. D’altro canto, la questione – lungi dall’essere catalogabile solo come caso di cronaca – rientra nel più generale rivolgimento che ha interessato la chiesa tedesca negli ultimi anni in relazione allo scandalo abusi.

Diverse indagini interne hanno rotto dopo decenni il muro dell’omertà provocando fra l’altro una perdita di fiducia nell’istituzione ecclesiastica da parte dei fedeli e una forte spinta a sostegno di riforme radicali nella vita della chiesa discusse e votate dal sinodo tedesco e sostenute sia dai vescovi sia dai laici (fra queste, la richiesta indirizzata a papa Francesco di rivedere la disciplina del celibato obbligatorio, l’apertura a laici e donne con compiti sacramentali).

Peter H. e gli abusi

La storia relativa a Ratzinger s’inserisce dunque in questa prospettiva in cui la chiesa tedesca sta cercando di fare i conti col suo passato per avere una chance di sopravvivenza in futuro. Il papa emerito era stato accusato, in un rapporto investigativo pubblicato nel gennaio 2022, di «cattiva condotta» in diversi casi di pedofilia durante il periodo trascorso come arcivescovo di Monaco-Frisinga dal 1977 al 1982.

Il caso più problematico è quello di un prete noto come «H.». In sostanza si trattava del trasferimento di un sacerdote, Peter H. appunto, nella capitale bavarese dalla diocesi di Essen, nel nord ovest della Germania. Il religioso era stato rimosso dal suo lavoro con i giovani in quanto considerato «pericoloso» per aver molestato tre ragazzi di 12 anni.

Sottoposto a psicoterapia, il prete era stato poi accolto a Monaco di Baviera al tempo in cui arcivescovo era il cardinale Jospeh Ratzinger; qui ha continuato a commettere lo stesso tipo di reati. Nel rapporto si sottolinea inoltre come gli fosse stato affidato un lavoro che lo metteva a contatto con i bambini.

Centinaia di vittime

L’accusa nei confronti dell’arcivescovo Ratzinger era stata dunque mossa sulla base del rapporto sugli abusi nella diocesi di Monaco commissionato dall’attuale arcivescovo, il cardinale Reinhard Marx, allo studio legale Westpfahl Spilker Wastl (Wsw) che ha presentato i risultati della ricerca nel gennaio 2022. 

A partire dal rapporto, la procura di Monaco ha aperto un fascicolo d’indagine su 45 casi. In 39 di questi le indagini sono state rapidamente accantonate e chiuse, in altri sei c’è stato invece un approfondimento.

Il rapporto Wsw era ovviamente ben più ampio ed elencava 235 presunti autori di abusi in azione dal 1945 al 2019, fra i quali spiccavano 173 sacerdoti. Il numero delle vittime accertate è di 497, ma il numero di casi non denunciati è probabilmente molto maggiore. 

Dal punto di vista degli avvocati, 67 chierici meritavano una sanzione canonica perché i sospetti sembravano particolarmente fondati. In 43 casi, tuttavia, ciò non è stato fatto. Ben 40 di loro hanno continuato ad essere impiegati nella pastorale.

Le omissioni del cardinale

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In ogni caso, ci sono due passaggi in questa vicenda che non depongono a favore del papa emerito il quale, da parte sua, ha sempre sostenuto di non essere a conoscenza degli abusi commessi da Peter H.

Ratzinger inviò infatti una memoria allo studio legale incaricato dell’indagine dalla diocesi bavarese. Asseriva di non essere stato presente alla riunione durante la quale si decise lo spostamento del prete da Essen a Monaco. Ma dai documenti ufficiali della diocesi questa versione veniva smentita.

Al che, anche il papa emerito, attraverso il suo segretario Georg Gänswein, correggeva la sua dichiarazione e si scusava per la dimenticanza. Infine, cosa forse ancor più grave, neanche da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Ratzinger intervenne nei confronti di Peter H.

Secondo un’indagine congiunta condotta dal sito investigativo tedesco Correctiv e dall’emittente radiotelevisiva Bayerischer Rundfunk, risulta una corrispondenza risalente al 1986 – confermata dalla diocesi di Monaco – fra il vice vicario generale di Monaco, Bernhard Egger, e lo stesso Ratzinger, che dimostra come quest’ultimo fosse stato informato sulle azioni compiute dal sacerdote in questione. Resta da dire che nemmeno successivamente Peter H. venne sanzionato o fermato dalle autorità ecclesiastiche. Solo nel 2022 è stato dimesso dallo stato clericale.

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