Accordo già in bilico, per le salme degli ostaggi ci vorranno settimane e Israele chiude Rafah agli aiuti

Un giorno dopo aver riportato a casa gli ostaggi vivi, Israele ha ricominciato a uccidere a Gaza. Secondo il ministero della Salute della Striscia, sei palestinesi sono rimasti uccisi e 29 sono rimasti feriti in attacchi israeliani, compreso un raid aereo, fra lunedì e martedì. Le forze armate israeliane fanno sapere che «individui sospetti sono stati identificati mentre attraversavano la linea gialla [di ridispiegamento israeliano] e si avvicinavano alle truppe nel nord della Striscia». Hamas accusa Israele di aver tradito i termini dell’accordo consentendo ai soldati di riadottare una politica del grilletto facile. Il portavoce di Hamas Hazem Qassem ha chiesto ai paesi coinvolti nelle trattative di «non permettere a Israele di eludere i propri impegni». Accuse simili arrivano da Tel Aviv, dove le famiglie degli ostaggi protestano per il ritardo nella riconsegna dei corpi degli ostaggi deceduti, bollandolo a loro volta come una «violazione dell’accordo di cessate il fuoco». In una lettera all’inviato speciale americano Steve Witkoff scrivono «ciò che più temevamo sta avvenendo davanti ai nostri occhi». Poche ore più tardi, su Truth, Trump è sbottato: «The job IS NOT DONE», ha scritto, cioè le operazioni di rilascio «devono ancora finire». I fantasmi del Golfo, il ruolo di al-Sisi e le mosse di Meloni: gli interessi in gioco sul piano Trump I corpi restituiti Solo quattro dei 28 corpi previsti sono stati rimpatriati lunedì, martedì Israele ha atteso quelli di altri quattro in tarda serata. Uno di quelli già identificati dagli israeliani è quello di Bipin Joshi, un immigrato nepalese di poco più di vent’anni arrivato in Israele solo alcune settimane prima del 7 ottobre. Fu rapito durante l’attacco di Hamas presso il kibbutz di Alumim e ucciso dentro Gaza, probabilmente durante le prime settimane di guerra. Poi ci sono i resti di Guy Ilouz, israeliano di Tel Aviv di 26 anni, Yossi Sharabi, 53enne di Be’eri, la comunità più colpita, e Daniel Peretz, un soldato di 22 anni. Sugli altri ostaggi deceduti la Croce Rossa fa sapere che sarà una «sfida enorme» recuperarli, dovendoli cercare in molti casi sotto le macerie o comunque in condizioni complesse. Un’impresa che secondo il portavoce dell’organizzazione potrebbe anche risultare impossibile. Ma per Israele le difficoltà oggettive sono un pretesto che Hamas cavalca, pur di lanciare un affronto e mantenere un asset negoziale. Tanto che lo stato ebraico ha optato per la chiusura del valico di Rafah per due giorni, bloccando l’ingresso degli aiuti proprio per far accelerare la consegna delle salme rimanenti. La madre di un ostaggio ucciso si è scagliata contro il governo per il modo in cui ha gestito la restituzione dei corpi, dichiarando a Channel 12, la principale emittente israeliana, che le famiglie come la sua sono state «tradite». «Mi hanno detto che un ostaggio vivo vale 100 prigionieri palestinesi, compresi quelli condannati all'ergastolo», ha affermato. «Ma un ostaggio morto vale 15 corpi palestinesi. Perché non 100 palestinesi morti?» Dal suo punto di vista Hamas non ha violato l’accordo, visto che, nel modo in cui è stato redatto, «Israele ha accettato che non ci fosse una scadenza» per le restituzioni, che di conseguenza potrebbero «protrarsi per mesi o anni». La festa per gli ex detenuti: «Ma a Gaza è guerra civile tra Hamas e altre bande» Il futuro del piano Al di là dell’accoglienza trionfale riservata a Trump, negli ambienti della destra israeliana serpeggia scetticismo quanto all’applicazione del suo piano, e il governo non ha certo fretta di passare alle fasi successive. Il tabloid più letto nel paese, Israel Haiom, ha decretato che, una volta usciti gli ostaggi, Israele può permettersi di temporeggiare. «Tutto il resto sarà marginale, né urgente né pressante; sarà possibile affrontare il seguito con tattiche di dilazione e piccole mosse», ha scritto. E ancora: «Le speranze che Hamas deponga le armi di propria iniziativa, che le forze internazionali si schierino a Gaza e che inizi la costruzione di un governo palestinese libero da Hamas sono false speranze; Israele deve assicurarsi di mantenere la libertà di azione e garantire che nessuna casa, strada o quartiere venga ricostruito a Gaza finché Hamas la controlla». Hamas, da parte sua, sta cercando di riaffermare il proprio potere a Gaza. Sarebbero almeno 33 le persone rimaste uccise nel corso della repressione contro i gruppi locali che hanno sfidato il movimento islamista nel corso della guerra, oppure collaborato con Israele. Washington sembra disponibile a chiudere un occhio fintanto che, per mantenere l’ordine, non vengano formate forze di sicurezza alternative. Una prospettiva che sembra lontana agli attori sul campo, malgrado Trump annunci che la fase due deve iniziare «right NOW!!!», non più tardi di adesso.