Negli ultimi anni abbiamo osservato tendenze, nei nostri numeri delle ammissioni e in quelli delle grandi organizzazioni come il Pew research center, che mostrano come l’impegno nei confronti della religione stia cambiando. Allo stesso tempo abbiamo visto un crescente numero di studenti che si identificano con “nessuna affiliazione” o come “spiritual, but not religious”, accanto a studenti che hanno ripreso le tradizioni di fede e sono stati emarginati dal mondo dell’accademia, o studenti provenienti da una serie di tradizioni che sono meno interessati alla propria dottrina e più a imparare attraverso le differenze.

Per queste ragioni, tra molte altre, abbiamo avvertito urgente il bisogno di costruire un’accademia, se vogliamo, per chiunque sia interessato a esplorare la religione attraverso la lente della vita pubblica (attivismo, istruzione, governo, azione umanitaria, giornalismo, diritto, media, medicina, politica, ecc.) Questo programma ha risposto a un’esigenza che c’era da tempo di creare uno spazio per chi è interessato a studiare la religione ma non è interessato agli studi sacerdotali o ai programmi teologici tradizionali. Questo programma, per molti versi, ci ha riportato alle nostre radici, all’ideale di un ministero appreso che informa il concetto di vocazione che si evolve: l’idea che la pietà, la politica e il bene pubblico siano tutte espressioni della volontà divina.

Tornando ad alcune delle sfide citate in precedenza, un maggiore accesso alle informazioni e un pubblico più ampio hanno messo a fuoco più chiaramente a molti di noi le questioni relative alla rappresentanza, all’equità e alla giustizia; una resa dei conti, se vogliamo. Quali voci sono state messe in primo piano e quali voci sono state controllate? Quali prospettive hanno dominato la narrazione e quali invece sono state sottorappresentate?

Questo lavoro implica una migliore conoscenza di come l’università abbia contribuito a rimuovere i popoli nativi dalla loro terra e si sia resa complice della schiavitù. Una relazione recente e che fa riflettere, pubblicata dall’università, dal titolo Harvard e l’eredità della schiavitù, racconta fatti difficili da digerire, uno dei quali è che la stessa HDS è stata in parte finanziata dal denaro ricavato dalla tratta e dall’economia degli schiavi. Questa relazione ha reso evidente che non è sufficiente soltanto riconoscere l’oppressione e l’ingiustizia. Al contrario, uno sguardo onesto verso il nostro passato deve implicare anche un’azione significativa per fare meglio ora e costruire un futuro giusto per tutti.

Sotto la guida del nostro decano associato per la diversità, l’inclusione e l’appartenenza della scuola, il nostro obiettivo è costruire attivamente una Harvard divinity school antirazzista e anti oppressiva, e questo significa che i nostri studenti, il personale, i professori, gli ex studenti, i sostenitori e chiunque sia coinvolto nella comunità possono imparare preziose lezioni su come affrontare i pregiudizi, promuovere l’uguaglianza e comprendere l’intersezionalità. Ciò implica anche affrontare la difficile dicotomia condivisa da molte istituzioni di istruzione superiore, che rappresentano simultaneamente verità e conoscenza mentre sono immerse in storie intrecciate con l’ingiustizia.

Come suggerisce il mio titolo, la HDS è ancora un esperimento formativo e solo il tempo dirà dove ci porterà il futuro della diversità religiosa nell’istruzione. Il primo passo è quello di capire meglio e fare i conti con il nostro passato.

Gli interrogativi

Tra le domande più importanti a cui rispondere, ci si chiede quali sono stati i motori che hanno guidato la transizione dal non settario al multireligioso nella HDS e quali sono state le principali caratteristiche e limiti. La risposta alla prima domanda deve prestare attenzione ai profondi cambiamenti culturali del secondo dopoguerra, compreso il profondo disagio rispetto al colonialismo e l’impatto della decolonizzazione, l’ascesa del femminismo e la partecipazione delle donne nell’istruzione superiore, l’influenza del multiculturalismo e del pluralismo, la crescita dei viaggi internazionali e delle esperienze di globalismo e l’ampliamento delle opportunità di istruzione per diversi gruppi sociali e collegi elettorali attraverso la tecnologia.

La HDS aveva il vantaggio, percepito solo in retrospettiva, di non avere legami forti con nessuna delle tradizioni o istituzioni religiose formali e, pertanto, pochi obblighi finanziari, teologici o intellettuali verso istituzioni religiose o autorità di controllo al di fuori della stessa Harvard. La scuola, per quanto mi è noto, non si è mai esposta con un chiaro programma ideologico o un piano istituzionale per diventare un’istituzione multireligiosa. La “mossa multireligiosa” è stata episodica, pragmatica e contestata, guidata tanto dalla domanda degli studenti quanto dalla strategia istituzionale, dai cambiamenti culturali come da ciò che si è considerato prioritario, e dai desideri dei donatori quanto dalla logica accademica.

Ciononostante, la traiettoria è stata piuttosto costante, in una direzione sempre più diversificata, con picchi simili a quelli di un cardiografo attorno alla formazione del Center for the study of world religions, il Women’s studies in religion, il Pluralism project e la Religion and public life initiative. Inoltre, vi sono evidenti parallelismi tra la storia del crescente pluralismo religioso alla HDS e la storia più o meno parallela degli Stati Uniti.

HDS è probabilmente la Divinity school più religiosamente pluralista negli Stati Uniti e gli Stati Uniti sono probabilmente il paese più religiosamente pluralista del mondo. In genere, è sempre bene non cedere alle affermazioni sull’eccezionalismo americano, ma è difficile immaginare uno sviluppo simile a quello della HDS in un altro paese. 

La seconda domanda, relativa alle caratteristiche e ai limiti dell’esperimento multireligioso della HDS, è più facile da capire anche se non sempre lineare. La HDS è nata dai colonizzatori, dall’indipendenza religiosa e da una tendenza progressista che ha sempre fatto parte della sua tradizione. Ci sono alcune evidenti ironie. La HDS è sempre stata più brava a criticare gli imperi degli altri che a prestare attenzione alle tradizioni religiose dei popoli nativi o ridotti in schiavitù, o anche alle conseguenze religiose dei coinvolgimenti imperiali dell’America in luoghi come la penisola coreana. 

Non esiste ancora una cattedra consolidata alla HDS sulle religioni delle popolazioni indigene e solo di recente si può affermare che le tradizioni religiose diasporiche africane e afroamericane siano state trattate con la serietà che meritano. Allo stesso modo, solo di recente, abbiamo prestato attenzione alle connessioni molto strette tra l’evangelicalismo americano e coreano durante la Guerra fredda attraverso organizzazioni para ecclesiastiche come la Billy Graham evangelistic association, Campus crusade for christ e World vision.

Tendenze future

Ciò che si può affermare con certezza da questo breve resoconto di un importante esperimento formativo è che le categorie di studio della religione si sono costantemente ampliate negli ultimi due secoli e tale tendenza non si fermerà. Né si fermeranno le guerre territoriali delle università tra coloro che considerano lo studio della religione come uno sfortunato residuo vestigiale nell’accademia moderna e chi vede la religione come una caratteristica principe della condizione umana, passata, presente e futura, che deve essere trattata sia con sofisticazione analitica sia con un grado di empatia critica.

Se le tendenze attuali continueranno, HDS accoglierà sempre più studenti che si auto identificano come non affiliati religiosamente, o come spirituali ma non religiosi, e i cui interessi nelle tradizioni religiose vanno oltre il paradigma delle religioni mondiali convenzionali.

Con l’avanzamento sempre più urgente della crisi climatica, ci sarà un interesse speciale per le tradizioni religiose, antiche e moderne, che hanno qualcosa da offrire a un pianeta che va in fiamme o sott’acqua. Come sempre, gli studenti e la cultura in generale aiuteranno a determinare la forma del cambiamento e le istituzioni di formazione e le loro facoltà dovranno adattarsi o scomparire. Molti seminari confessionali hanno già chiuso nell’area di Boston e nel resto del paese. Anche il contenuto dell’educazione religiosa e teologica sta cambiando rapidamente.

 Alla HDS, nel suo lungo viaggio di due secoli da istituzione non settaria a multireligiosa, ciò che conta come multireligioso è andato dall’incontrare le altre tradizioni per rendere la missione più efficace, al conoscere per curiosità, imparare dall’altro per umiltà epistemica, e inesorabilmente imparare con loro come partner collaborativi.

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