Gli Usa hanno firmato una partnership strategica con l'India, il cui ruolo è contrastare la Cina. L’intellettuale e attivista spiega cosa lega i due leader: «Voler dominare l’area a costo di cancellare chi si oppone»
Ammar Ali Jan è un accademico, politico e scrittore pakistano, fondatore e segretario generale del partito Haqooq-e-Khalq (HKP) e membro della Progressive International. Dottorato a Cambridge con una ricerca sul pensiero comunista nell'India coloniale, è stato licenziato dall'Università del Punjab per il suo impegno politico. È una figura centrale nel rilancio della sinistra in Pakistan, unendo teoria critica e organizzazione popolare.
Cos'è l'Hindutva, e perché è importante per capire la politica dell'India di Modi?
L'Hindutva è il concetto di supremazia hindu in India. Originariamente indicava un etnostato hindu nel subcontinente, oggi riguarda il dominio regionale. Si è avvicinato al sionismo come alternativa al tradizionale Stato-nazione, per la sua natura espansiva e le mire egemoniche. L'India di Nehru era secolarista, egualitaria e filo-palestinese, ma negli ultimi 30 anni ha subito profonde trasformazioni. La differenza tra induismo e Hindutva è la stessa tra una religione e la sua versione militarizzata, caratterizzata da dominio e violenza.
L'India ha rafforzato i legami con Israele. Oltre agli interessi militari ed economici, lei parla di una "convergenza ideologica" tra Hindutva e sionismo. Cosa intende?
Israele vuole essere egemone in Medio Oriente, punendo chi si oppone e cercando di cancellare i palestinesi. Questo approccio alla cancellazione si ritrova in India. Modi stesso, prima di diventare premier, non poteva entrare in Usa perché accusato di aver orchestrato i pogrom contro i musulmani nel Gujarat nel 2002. In Kashmir si è verificata una cancellazione simile: nel 2019 il governo ha imposto il lockdown e revocato l'articolo 370 che garantiva autonomia. L'Hindutva cerca di reclamare l'India come suo diritto esclusivo, come dimostrato dalla distruzione della moschea Babri trent'anni fa. Esiste una correlazione tra violenza contro i musulmani e successi elettorali, una combinazione pericolosa.
Israele è anche il maggior fornitore di armi all'India. In che modo il progetto dello Stato nazionale ebraico ha influenzato il movimento Hindutva? Ci sono riferimenti espliciti al sionismo nella destra indiana?
Come hanno scritto l'accademico Mohammad Junaid e il saggista Pankaj Mishra, si condividono tecniche di mobilitazione e strategie di organizzazione nella diaspora. Il sionismo è nato nella diaspora e ancora gode di ampio sostegno nella comunità ebraica globale. Questa strategia è utilizzata anche dalla destra hindu. Oggi esiste un coinvolgimento strategico-militare diretto tra i due paesi.
Perché i sostenitori dell'Hindutva si identificano così fortemente con Israele nel conflitto israelo-palestinese? Come vedono i palestinesi?
Il rapporto è cambiato nel tempo. Entrambi sono accomunati dalla lotta contro il "terrorismo", ma in realtà combattono contro i musulmani in generale. È un enorme cambiamento rispetto al passato, quando l'India era uno dei maggiori sostenitori della Palestina. Il periodo della "war on terror" degli anni '90 e 2000 ha trasformato drasticamente la situazione.
In che modo le forme di repressione in Palestina e Kashmir si riflettono a vicenda?
Negli ultimi 50-60 anni, Israele si è rivelato una forza espansionista che ha distrutto ogni sfida ai suoi interessi e ora sta cercando di distruggere ciò che resta della resistenza nella regione. L'India aspira a diventare una potenza egemone simile, con rapporti problematici con Nepal, Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan. Delhi ha siglato accordi commerciali con gli Usa per contrastare l'influenza cinese. L'intera regione sta diventando insofferente verso questa dominazione indiana.
Molti vedono Israele come una democrazia e l'India come la più grande democrazia del mondo.
La cornice democratica formale non è rilevante; anche la Germania di Hitler era formalmente una democrazia. La vera questione è la direzione che stanno prendendo questi stati. In India, l'1 per cento più ricco detiene il 40 per cento delle risorse. Il progetto attuale è l'egemonia regionale, l'espansionismo, il colonialismo. L'Impero britannico era formalmente democratico in patria, ma negava democrazia, autodeterminazione e umanità a milioni di persone. Se questa è democrazia, si tratta di una definizione molto limitata.
Gli Stati Uniti e l'Ue si limitano a tollerare questa alleanza o ne sono attivi promotori?
Gli Usa hanno firmato una partnership strategica con l'India; il loro piano è sempre stato creare piccoli feudatari regionali. Il ruolo dell'India è contrastare la Cina. Fornendo armi in grandi quantità, l'Occidente sta imponendo una militarizzazione della regione che destabilizza non solo l'India ma anche i paesi vicini, costretti a incrementare le proprie difese. Il conflitto in Kashmir ha radici nel colonialismo europeo, ma la nuova guerra fredda contro la Cina sta aumentando le tensioni.
E il Pakistan come si colloca?
Gli Usa vorrebbero che il Pakistan li aiutasse contro la Cina, della quale è alleato. La tragedia del Pakistan è che non riesce a preservare la propria sovranità. Non abbiamo un progetto nazionale unificante, abbiamo una struttura economica parassitaria dove le élite corporative e militari controllano tutto, generando povertà e disuguaglianze. Senza base produttiva, il paese sopravvive con prestiti esteri, che vengono ripagati sacrificando la gente comune. La sinistra deve battersi per la sovranità popolare, unire le diverse etnie, combattere l'apartheid di genere, proteggere le minoranze e l'ambiente, e migliorare i rapporti con l'India.
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