C’è un fil rouge da giro del mondo frammentato nella straordinaria giornata di politica estera che si è dipanata ieri partendo dalla capitale ucraina, Kiev, passando in Arabia saudita, a Gedda dove era in corso una riunione della Lega Araba che ha riaperto la porta al presidente siriano Assad, per poi arrivare fino al G7 in corso in Giappone.

A unire questa giornata non più unipolare o bipolare o tripolare, ma divisa in vari arcipelaghi regionali, è stato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nelle vesti di un novello Lawrence d’Arabia che, a sorpresa, ha accusato «alcuni» leader arabi di non essersi schierati a fianco dell’Ucraina nella guerra in corso in Europa orientale. Parlando in presenza al summit della Lega Araba in Arabia Saudita, Zelensky ha detto: «Sfortunatamente nel mondo e anche fra voi ci sono alcuni che hanno chiuso gli occhi di fronte a queste prigioni e alle annessioni illegittime».

Il riferimento è al presidente siriano Bashar al Assad, fedele alleato di Mosca e Teheran, che la Lega araba ha accettato con cinico realismo di far rientrare riabilitandolo proprio in questi giorni nell’associazione dopo 13 anni di esilio causato dalla violenta repressione che ha fatto 7 milioni di profughi su 21 milioni di abitanti e dai 300 ai 500mila morti nel corso della guerra civile siriana. Non a caso il presidente siriano si è tolto platealmente le cuffie per non ascoltare le accuse di Zelensky e ribadire il suo sostegno a Mosca.

Una giornata davvero particolare quella di ieri, che potremmo definire della geopolitica post gestione unipolare da parte di Washington. Una giornata che ha visto il presidente Zelensky partire dalla Polonia su un aereo con le insegne della Repubblica francese, dirigersi in Arabia e poi andare, forse in un aereo questa volta statunitense, in presenza al G7 per aiutare a disegnare la risposta occidentale, sotto la regia americana, contro la Russia e la Cina, le due superpotenze che insieme sostengono l’attacco su due fronti alle democrazie liberali, nelle pianure dell’Ucraina e nello stretto di mare di Taiwan.

La mediazione dell’Arabia

In questo quadro complesso è interessante notare che l'Arabia Saudita si sia detta pronta a svolgere un ruolo di mediazione (in concorrenza con il turco Erdogan e gli sforzi in corso della diplomazia vaticana) tra l'Ucraina e la Russia per mettere fine alla crisi ucraina e arrivare alla pace tra i due contendenti.

Lo ha detto il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, dando il benvenuto al presidente ucraino. Parole di circostanza? Forse, ma Bin Salman si muove con molta maggior scioltezza e assertività (grazie anche agli enormi profitti petroliferi dopo la riduzione della produzione dell’Opec Plus) nel panorama mediorientale, ora che ha riaperto, con la mediazione cinese, le relazioni diplomatiche con l’ex arcinemico iraniano, la guida suprema Ali Khamenei.

La Cina in Asia centrale

Mentre il G7 ha aumentato la pressione sanzionatoria contro Mosca estendo le sanzioni economiche all’export di diamanti russi, Pechino ha riunito nel suo suolo i cinque paesi dell’Asia centrale per aumentare la sua forza nel conflitto con l’occidente sulla questione di Taiwan. È nata così nella città di Xian, nel nordovest della Cina una nuova alleanza con i paesi dell’Asia Centrale. Pechino come in un “antipasto” simbolico, ha esteso alle porte della Russia, in quello che costituiva il suo cortile di casa, la sfera di influenza cinese.

«Dobbiamo mantenere la tolleranza zero nei confronti delle tre forze di terrorismo, separatismo ed estremismo», ha riassunto Xi Jinping, rivolgendosi ai suoi interlocutori, i leader di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Parole per far capire che questi paesi devono rivolgere il loro sguardo a Pechino e non più a Mosca.

La risposta del G7

Al summit del G7 di Hiroshima il tema affrontato è stato, tra l’altro, quello della sicurezza economica, con l'obiettivo di frenare i tentativi di "coercizione" della Cina. Come in una partita a ping pong, gioco dove i cinesi eccellono e con cui Nixon e Kissinger aprirono al dialogo con Mao, il presidente Xi Jinping ha riunito a Xian - antica capitale e punto di partenza della Via della Seta - i cinque paesi dell'Asia centrale. Alla sfida cinese il G7 ha rilanciato - ha spiegato il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen - la necessità di «creare un'alternativa alla Belt-and-Road Initiative (la nuova Via della Seta), ovvero il nostro Partenariato su infrastrutture e investimenti globali».

Lo scopo? Riequilibrare «i rapporti commerciali», ridurre le vulnerabilità e fronteggiare ogni tipo di «distorsione». Ma La Germania sul tema della riduzione degli investimenti in Cina è molto prudente.

Divisioni che si estendono al grado di supporto che può essere offerto all'Ucraina o fino a che punto la Russia può essere sconfitta. Forse anche su questo Zelensky parlerà al G7 di Hiroshima dando maggiori dettagli sulla sua annunciata contro offensiva.

Per evitare che l’occidente decida che è tempo che il conflitto finisca in una guerra congelata in stile coreano.

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