Qual è l’efficacia dell’ipotetico “ombrello nucleare” che Macron ha proposto di estendere agli alleati del Vecchio Continente? L’analista Christophe Wasinski: «Data la potenza distruttiva, il numero di queste armi non è considerato un fattore cruciale»
Quando uno rientra, l’altro immediatamente è pronto a lasciare la base militare di l’Île Longue, in Bretagna. Dal 1972 la Francia tiene un sottomarino – in grado di lanciare fino a 16 missili balistici con testate nucleari – in pattugliamento costante tra gli abissi oceanici. L’equipaggio è addestrato per rispondere in qualsiasi momento all’ordine di un attacco nucleare con missili M51 potenti fino a 1.000 volte di più della bomba sganciata su Hiroshima.
La dottrina è quella della “permanenza in mare”, quattro bateux noirs agli ordini del presidente francese. Ancora oggi l’allerta nucleare è «il collante che tiene Stati Uniti e Russia – e in certa misura anche Regno Unito e Francia – ancorati alla Guerra fredda, sia nella pianificazione che nella mentalità», si legge in un report delle Nazioni unite.
La Francia è l’unico paese dell’Ue a disporre di armi nucleari, che possono armare sottomarini e aerei da guerra Rafale. Secondo la Federation of American Scientists, in Europa ci sono 290 testate atomiche sotto il controllo di Parigi e 225 testate in Gran Bretagna. La quasi totalità delle testate atomiche – l’88% – è negli arsenali di Stati Uniti e Russia, più di 5.000 testate ciascuno. In tutto sono 9 i paesi ad avere bombe nucleari, completano il quadro Cina, India, Corea del Nord, Pakistan e Israele.
Una scommessa politica
«La deterrenza nucleare non è una legge scientifica. È una scommessa politica», racconta a Domani Christophe Wasinski della Université libre de Bruxelles. «La risposta semplice è che, data la potenza distruttiva di queste armi, il numero di testate non è considerato un fattore cruciale in una dottrina di deterrenza pura», aggiunge. «Questo concetto è talvolta definito come il “potere equalizzante dell’atomo”», conclude. Le testate francesi sono decisamente inferiori in termini assoluti a quelle russe o statunitensi, ma sono armi dalla potenza e dagli effetti devastanti. E missili che hanno una gittata di 8.000 chilometri, la distanza in linea d’aria tra Parigi e Mosca è di 2.500 chilometri.
La deterrenza nucleare francese è un’idea del generale de Gaulle in piena Guerra fredda, in funzione antisovietica e per garantirsi una indipendenza politica da Washington. Dal 1997 queste armi – con un accordo di de-targeting – non sono più puntate contro la Russia. Nel 2008 è stato aggiunto che «nessuna delle nostre armi è puntata contro nessuno». Per la dottrina nucleare francese l’uso di armi nucleari «sarebbe concepibile solo in circostanze estreme di legittima autodifesa». Nel 2001 l’allora presidente Chirac ribadì che «le nostre garanzie di deterrenza assicurano che la sopravvivenza della Francia non possa mai essere messa in pericolo da una grande potenza militare con intenzioni ostili».
Il 5 marzo scorso il presidente Macron ha messo sul tavolo l’estensione della protezione nucleare francese ad altri Paesi europei. Il presidente ha ribadito l’allineamento alla Nato ma ha anche detto che, se Washington – con il suo ombrello nucleare garantito ad alleati Nato, Giappone, Corea del Sud e Australia – dovesse tirarsi indietro, «dobbiamo essere pronti». In diretta tv Macron ha parlato di «minaccia russa che va oltre l’Ucraina e riguarda ogni paese in Europa. Riguarda noi».
Lettonia, Estonia e Lituania hanno accolto immediatamente la proposta di Macron, i Baltici per ragioni geografiche e storiche sono i più coinvolti da una possibile espansione dello scenario ucraino. La Francia ha la sponda di Varsavia e di Berlino. Il prossimo cancelliere tedesco Merz è favorevole a una estensione della deterrenza nucleare francese a protezione della Germania. «Dobbiamo diventare più forti insieme nella deterrenza nucleare», ha detto richiamando a una cooperazione anche con la Gran Bretagna.
Londra e Parigi cooperano dal 2010 – quando per la prima volta hanno aperto un centro di simulazione congiunto per il loro arsenale nucleare – ma con una differenza fondamentale. «L’arsenale britannico è stato sviluppato con l’assistenza degli Stati Uniti. L’arsenale francese invece è stato sviluppato in modo più indipendente», spiega Wasinski. Indipendenza che resta un nodo. «Non è chiaro fino a che punto il governo francese sarebbe disposto ad accettare il contributo dei suoi alleati Nato nelle decisioni nucleari», dice a Domani Stephen Herzog del Middlebury Institute of International Studies.
La mano sul pulsante
Herzog richiama il fatto che «la Francia non fa parte del Gruppo di pianificazione nucleare della Nato perché ha a lungo cercato una totale indipendenza dai suoi alleati nel dominio nucleare». Tuttora è così. Il ministro della difesa francese Lecornu ha detto nei giorni scorsi che la “mano sul pulsante” resterà prerogativa francese e «la produzione di armi e l’uso delle forze nucleari sono francesi e resteranno francesi».
Per attuare un cambio di dottrina, «sarebbero necessari passi concreti per dimostrare che le minacce nucleari europee non si limitano alla retorica», dice Herzog da Monterey. Che parla di «potenziale dispiegamento avanzato di forze sul territorio di altri alleati europei». In sostanza la Francia dovrebbe essere disposta a schierare aerei Rafale armati di testate atomiche in altri paesi. Come fanno gli Usa, che tengono testate nucleari in basi militari in Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia.
Il punto non è fare un confronto con la deterrenza offerta dall’ombrello Nato e dalla dottrina Usa, che è impari su diversi livelli. Il punto è immaginare uno scenario postamericano. «In assenza di rassicurazioni da parte dell’amministrazione Trump o dello sviluppo di un’opzione nucleare guidata da Francia o Regno Unito per il continente, la proliferazione nucleare potrebbe diventare un’opzione allettante per i leader europei timorosi della Russia», dice Herzog.
Il premier polacco Tusk ha di recente detto che «dobbiamo essere consapevoli che la Polonia deve puntare alle possibilità più moderne, anche quelle relative alle armi nucleari». Tutte dottrine militari in evoluzione, in un momento di totale incertezza. Con la prospettiva paventata da Macron durante il suo discorso. «Il futuro dell’Europa non può essere deciso a Washington o a Mosca».
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