Un tribunale del Regno Unito ha respinto la richiesta di estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange, il quarantanovenne fondatore di WikiLeaks. Si tratta di una decisione inaspettata, visto che parecchi commentatori avevano previsto che non ci sarebbero stati problemi. Vanessa Baraitser, la giudice del caso, ha però deciso di non consegnare Assange alle mani dell’accusa americana perché le condizioni di detenzione della prigione di Florence, in Colorado, si potrebbero rivelare eccessivamente dure e avere effetti negativi sulla salute psicologica dell’imputato. Baraitser ha evidenziato il rischio che Assange possa riuscire a suicidarsi a causa di un aggravamento della sua sindrome depressiva, riuscendo ad aggirare le misure di prevenzione con la «ferma determinazione» risultante dal suo disturbo legato allo spettro dell’autismo.

Gli avvocati che rappresentano il governo degli Stati Uniti hanno già annunciato un ricorso in appello che dovrà essere presentato nelle prossime due settimane, mentre il team di legali che difende Assange ha detto che presenterà richiesta per la cauzione già mercoledì. Il caso sarà dunque dibattuto ancora a lungo nei tribunali inglesi: tra l’altro, nel caso in cui la sentenza che nega l’estradizione dovesse essere ribaltata, gli avvocati di Assange hanno promesso di portare il caso alla Corte suprema britannica e anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Inoltre, sulla decisione finale avrebbe comunque l’ultima parola il ministro dell’Interno britannico, la strada per la decisione finale è dunque ancora lunga.

La vicenda

Assange è incriminato dal governo americano per 18 capi d’accusa legati alla sua pubblicazione di oltre 500mila documenti riservati riguardanti le operazioni in Afghanistan e Iraq. Negli Stati Uniti andrebbe incontro a una condanna di 175 anni.

L’hacktivist (neologismo che descrive gli hacker attivisti, ndr) australiano ha fondato la sua organizzazione, WikiLeaks, nel 2006: nel 2010 il progetto ha reso pubblico un video riservato dell’esercito americano del 2007 che ritrae un attacco di un elicottero che colpisce civili a Baghdad, uccidendo tra gli altri anche due giornalisti dell’agenzia Reuters. Il materiale era stato fornito da Chelsea Manning, all’epoca analista dei sistemi per i servizi segreti americani.

Assange ha iniziato ad avere problemi con la giustizia nel 2010, quando un la giustizia svedese ha spiccato un mandato d’arresto nei suoi confronti con l’accusa di stupro e molestie. L’attivista, in quel momento a Londra, si è consegnato a Scotland Yard negando tutte le accuse: nel 2011 è arrivato il via libera all’estradizione richiesta dalla Svezia. L’anno seguente, dopo il rigetto dell’ultimo ricorso, Assange aveva ottenuto accoglienza dall’ambasciata dall’Ecuador a Londra. All’attivista è stato infatti concesso l’asilo politico in quanto perseguitato fino al 2019, quando un cambio di governo a Quito ha modificato linea ecuadoregna ufficiale sul caso.

È in questi anni che la salute mentale dell’attivista ha iniziato a degradare in maniera sempre più veloce. Diversi medici e anche il relatore all'Onu sulla tortura e trattamenti inumani Nils Melzer hanno riscontrato su di lui i risultati di un lungo periodo di tortura psicologica: si parla di isolamento, molestie e sorveglianza continua, che oggi si rivelano in uno stato d’ansia intensa, una sindrome di stress cronica e capacità cognitive deteriorate. Nelle sue crisi depressive, Assange avrebbe anche avuto impressioni immaginarie, sentendo voci e musica inesistenti. Assange è stato arrestato proprio fuori dall’ambasciata e condannato a cinquanta settimane di carcere per aver disatteso i termini della cauzione per il caso svedese: la sentenza di ieri arriva dopo il termine della pena.

Le accuse

Una delle accuse è quella, presentata nel 2019, di cospirazione contro il governo americano per aver aiutato e incoraggiato Manning a divulgare documenti che provavano altri atti disumani compiuti dall’esercito. Le altre diciassette sono legate al cosiddetto Espionage Act, una legge risalente alla prima guerra mondiale che permette l’incriminazione dei membri dell’esercito che passano informazioni riservate ai giornalisti. In sintesi, non permette la tutela delle fonti appartenenti agli organi di difesa dello stato americano.

Durante il dibattito sul caso uno degli avvocati che rappresenta il governo americano, James Lewis, ha dichiarato che «il giornalismo non è una scusa per commettere atti criminali né una licenza per infrangere le normali leggi che puniscono il crimine». Una chiara presa di posizione nei confronti dell’attivista: secondo i suoi legali, Assange rischierebbe di non ottenere negli Stati Uniti un processo equo.

I leaker, le fonti accusate di aver divulgato informazioni riservate non hanno infatti vita facile negli Stati Uniti: l’amministrazione Obama da sola ha gestito nove casi di whistleblowing, cercando di ottenere informazioni sulle identità dei loro interlocutori dagli stessi giornalisti coinvolti, un atteggiamento poi continuato durante l’amministrazione Trump.

Il team legale del governo americano ha sottolineato con soddisfazione come la corte inglese che ha rigettato oggi l’estradizione abbia però anche respinto le argomentazioni della difesa che tiravano in ballo motivazioni politiche, reati politici e libertà di stampa: la giudice Baraitser ha infatti spiegato che le trasgressioni commesse da Assange non cadrebbero sotto la tutela della libertà d’espressione.

Per il momento l’unico aspetto chiaro della vicenda è il fatto che andrà avanti ancora a lungo, a meno che un evento esterno non interrompa la diatriba: le possibilità che ciò accada non sono improbabili, considerando che da tempo si parla della possibilità che Trump possa concedere in extremis la grazia ad Assange. Le probabilità aumentano guardando all’ultima serie di perdoni concessi dal presidente uscente nelle ultime settimane, perlopiù ad alleati politici ma anche a qualche condannato per reati minori. La posizione del presidente eletto Joe Biden è più incerta: quando era vicepresidente, aveva definito Assange un «terrorista high-tech». Anche un’eventuale grazia di Trump si scontrerebbe però con una forte opposizione interna. Il segretario di Stato Mike Pompeo, quando era ancora a capo della Cia, aveva infatti parlato di WikiLeaks come di una forza ostile che rappresenta una minaccia per gli Stati Uniti. Ma non è sicuramente detta l’ultima parola, Barack Obama ha perdonato Chelsea Manning l’ultimo giorno del suo mandato.

 

© Riproduzione riservata