Per la prima volta da febbraio, l’Ucraina ha portato a segno un attacco in profondità contro due basi militari russe situate nel territorio stesso della Federazione, segnando così una svolta nel conflitto e mettendo ancora una volta in evidenza le debolezze della Russia.

Le Forze armate di Kiev sono riuscite a colpire la base di Engels, dove si trovano i bombardieri strategici Tu-160 e i Tu-95 impiegati per il lancio di missili da crociera, e l’aeroporto di Rayzan, 200 chilometri a sud est di Mosca, danneggiando le strutture da cui partono gli attacchi contro le reti elettriche dell’Ucraina. La mossa ucraina in realtà non ha arrecato particolari danni materiali alla Russia, ma ha un alto valore simbolico. Da una parte, l’attacco dimostra che l’Ucraina è in grado di colpire il territorio russo in profondità, dall’altro che i sistemi di difesa aerei della Federazione non sono così impenetrabili.

Per tutta risposta, Mosca ha lanciato diverse ondate di missili contro l’Ucraina per danneggiarne ulteriormente le infrastrutture energetiche, causando così blackout totali intorno alla capitale Kiev ma anche nelle regioni di Sumy, Kirovohrad, Zaporizhzhia, Mykolaijv e Odessa e arrivando anche ad intaccare la fornitura elettrica di alcune aree della Moldavia. Con l’obiettivo ultimo di lasciare i cittadini ucraini al freddo e al buio, fiaccandone il morale e aumentando le pressioni sul governo di Volodymyr Zelensky.

Il colpo sferrato da Kiev contro le due basi russe però è interessante anche per il tipo di armamento scelto. L’esercito ucraino avrebbe impiegato due Tupolev Tu-141 Strizh di epoca sovietica, completati nel 1974 e utilizzati per l’ultima volta negli anni Ottanta. Si tratta di un sistema già al tempo poco avanzato, ma che garantisce velocità e profondità d’attacco, oltre a poter trasportare una testata esplosiva molto più pesante rispetto ai Bayraktar TB2 di fabbricazione turca. Tra l’altro molto più costosi rispetto al modello sovietico. Il Tu-141 nasce in realtà come velivolo senza pilota da ricognizione, ma gli ucraini sono riusciti a trasformarlo in un drone kamikaze sostituendo le telecamere con il materiale esplosivo. Il drone rappresenta così un ottimo sostituto dei bombardieri Sukhoi Su-24, di cui l’Ucraina dispone in un numero troppo ridotto per rischiare che vengano abbattuti. A differenza del Sukhoi, inoltre, il Tu-141 è un velivolo senza pilota, il che limita i rischi per la vita dei soldati.

Il ruolo dell’Occidente

Restano però dei dubbi sul contributo occidentale alla riuscita dell’attacco. È probabile che le Forze ucraine abbiano fornito l’intelligence necessaria per colpire le due basi russe, ma il sistema impiegato era già presente nell’arsenale di Kiev prima dello scoppio della guerra. Un Tu-143 - simile al Tu-141 - era stato abbattuto già abbattuto nel 2014 nell’est del paese dalle forze filo-russe del Donbass, mentre un altro Tu-141 caricato sempre con una testata esplosiva era finito per errore in Croazia a marzo di quest’anno. Il drone è quindi riuscito a volare per circa mille chilometri prima che la sua autonomia si esaurisse, il che dimostra che il sistema è effettivamente in grado di coprire la distanza che separa il territorio ucraino dalle basi russe di Engels e di e Rayzan, potendo arrivare anche a colpire la stessa Mosca.

L’impiego dei droni di fabbricazione sovietica e il successo degli attacchi di lunedì dimostra che l’Ucraina è già in possesso degli strumenti per colpire in profondità la Russia pur non avendo ancora ricevuto dall’Occidente missili a lunga gittata come richiesto da tempo. I paesi che sostengono Kiev temono che attacchi contro la Russia condotti con sistemi da loro forniti alle Forze ucraine possano far allargare il conflitto, coinvolgendo definitivamente anche la Nato. Da qui la scelta degli Usa di modificare segretamente gli Himars consegnati a Kiev e dotati originariamente di una gittata compresa tra 70 e 300 chilometri, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal. Per gli stessi motivi, d’altronde, gli Stati Uniti si rifiutano di inviare in Ucraina sia i missili Atms (Army Tactical Missile System) con una gittata di oltre 299 chilometri, sia i droni Gray Eagle MQ-1C.

In attesa di un cambio di posizione occidentale, se mai ci sarà, l’Ucraina non è rimasta ad aspettare. Se da una parte gli ingegneri ucraini sono riusciti ad armare il Tu-141, dall’altra il conglomerato statale delle industrie della Difesa Ukroboronprom ha da poco annunciato il successo dei test dei suoi nuovi droni kamikaze. Questi sistemi, secondo fonti ucraine, hanno una gittata di mille chilometri e possono trasportare una testata esplosiva di 75 chili, superiore anche a quella degli Sahed-136 di fabbricazione iraniana. Il loro impiego permetterebbe alle Forze ucraine di condurre attacchi di profondità sul territorio russo, soprattutto se il sistema dovesse essere realmente dotato di tecnologia anti-guerra elettronica all’avanguardia. Una tecnologia sulla cui provenienza sorgono però delle domande.  

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