Gli Stati Uniti hanno chiesto al governo australiano di ritirare la legge che mira a far pagare a Facebook e Google gli articoli pubblicati dai media sulle loro piattaforme. Se la riforma fosse implementata, l’Australia diverrebbe il primo paese al mondo a obbligare le due società americane a retribuire gli organi di informazione. La nuova norma, attualmente in discussione in una commissione del senato, prevederebbe l’imposizione di un contributo arbitrario deciso dal governo nel momento in cui mancasse un accordo tra le due aziende americane e i media del paese.

Salvare i giornali

II governo australiano aveva annunciato la decisione di introdurre la nuova legge dopo la pubblicazione di un report che accusava Facebook e Google di avere troppo potere di mercato nel settore mediatico. Solo l’anno scorso il gruppo guidato dall’imprenditore Rupert Murdoch ha annunciato la chiusura di cento testate locali del paese. Una decisione, secondo alcuni analisti, dovuta anche all’insostenibilità del mercato dei media in questo momento “ostaggio” dei social media. Inoltre, secondo i propositori della legge, il potere delle due aziende americane nel campo dell’informazione rappresenterebbe una minaccia alla democrazia.

Le altre accuse a Facebook

La proposta di legge australiana arriva in un momento complicato per i rapporti tra le aziende big tech e i governi internazionali. La decisione di Facebook e Twitter di oscurare i profili del presidente uscente Donald Trump ha scatenato le proteste dei governi europei preoccupati dello strapotere mediatico dei social. La chiusura dei profili social dei repubblicani era stata decisa dopo che Trump aveva incitato i suoi sostenitori contro il Congresso intento a eleggere formalmente il presidente eletto Joe Biden. Dopo il comizio i fan del presidente in carica avevano assaltato l’edificio causando la morte di cinque persone tra cui un agente. Il potere dei social è arrivato anche in Uganda dove a pochi giorni dalle elezioni presidenziali del 14 gennaio Facebook ha censurato gli account dei membri del governo accusati di diffondere fake news elettorali. La risposta dell’esecutivo guidato dal presidente Yoweri Museveni è stata drastica e ha comportato la chiusura di tutti i social.

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