Ulviyya Ali, collaboratrice di Voice of America di 31 anni, e Ahmad Mammadli, 24 anni, giornalista indipendente e autore di articoli per il centro studi italiano dell’Ispi, sono stati fermati dalle forze dell’ordine. Baku è al 167esimo posto su 180 nella classifica di Rsf sulla libertà di stampa mondiale
Ulviyya Ali stava entrando nel suo appartamento quando è stata arrestata dalle forze dell’ordine azere. La giornalista indipendente, 31 anni, collaboratrice di Voice of America, da tempo era nel mirino delle autorità dell’Azerbaigian. Da gennaio non poteva più lasciare il paese perché sospettata di essere legata all’emittente Meydan Tv, i cui giornalisti sono già tutti in carcere, accusati di aver introdotto in maniera illegale valuta estera nel paese.
Ali ha negato questa affiliazione e tutte le accuse, con un post social già pronto da giorni e che la giornalista aveva chiesto di pubblicare ai suoi amici in caso di un suo arresto. Stava lavorando sui casi di altri giornalisti arrestati e sapeva di avere gli occhi della repressione governativa puntati addosso. La sua casa è stata messa a soqquadro, sarebbero stati trovati soldi in contanti, pari a qualche migliaio di dollari. Tanto è bastato alla polizia per incriminarla.
Il caso di Mammadli
A poche ore di distanza un altro giornalista è stato arrestato. Ahmad Mammadli, 24 anni, ex dissidente e ora giornalista, fondatore di Yoldash Media, piattaforma indipendente che cerca di scoperchiare le violazioni dei diritti di lavoratori in Azerbaigian e la mannaia repressiva di Ilham Aliyev, presidente del paese dal 2003. Sono anni che Mammadli prova a denunciare la situazione nel suo paese. Lo ha fatto anche in Italia, pubblicando di recente un paio di articoli per l’Istituto per gli Studi di politica internazionale (Ispi), uno dei maggiori think tank italiani. Nei suoi scritti sul sito italiano sottolineava come ormai il governo di Aliyev sia considerato del tutto illiberale e un regime autoritario.
Il 24enne, il 7 maggio, era andato a fare il suo lavoro, a seguire il processo di Tofig Yagublu, una figura di spicco dell’opposizione azera che da più di 40 giorni è in sciopero della fame, condannato a 9 anni di carcere e considerato a tutti gli effetti un prigioniero politico da varie organizzazioni internazionali. Mammadli però non è tornato a casa. Arrestato. L’accusa è pesante: aver accoltellato un uomo per un posto in taxi. Accusa che lui ha subito rigettato, ma che non è nuova. È successo lo scorso gennaio con Afiyaddin Mamedov, sindacalista e attivista civile a difesa dei lavoratori, che dovrà scontare otto anni di prigione proprio dopo una condanna per accoltellamento. Sembra un modo utilizzato dalle autorità per togliere di mezzo per anni le figure più scomode.
Sia Ali sia Mammadli sono stati minacciati e malmenati dalle forze dell’ordine. La moglie di Mammadli, Türkan, a Domani ha detto che il giornalista è stato torturato con l’elettroshock per costringerlo a sbloccare il suo cellulare. Inoltre, non gli danno cibo da almeno due giorni e sta provando a portargli lei qualcosa da mangiare. A soli 24 anni, Mammadli è già stato a capo di Democrazia 18, un movimento giovanile che sotto la sua guida è diventato progressista e contrario alla guerra con l’Armenia, i cui rapporti con l’Azerbaigian sono più che tesi a causa della regione del Nagorno-Karabakh. L’organizzazione però si è sciolta nel 2023 dopo gli arresti di alcuni suoi membri. Altro segnale di come ormai da tempo la repressione continui a colpire in maniera capillare le voci critiche.
Giornalisti nel mirino
Al netto delle diverse accuse, Ali e Mammadli, sostengono che il vero motivo della loro detenzione sia il loro lavoro, la loro professione giornalistica. L’Azerbaigian è al 167esimo posto su 180 nella classifica della libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere. Una situazione che continua a peggiorare: nessuna tv o radio indipendente è infatti trasmessa nel paese, tutto passa dal controllo ufficiale delle autorità e i giornali con posizioni critiche rispetto al governo di Baku sono stati chiusi.
Ed è uno dei paesi con più giornalisti attualmente in carcere: un conteggio salito a 25 proprio dopo l’arresto degli ultimi due. Dalla fine del 2023 sono stati più di 30 i cronisti fermati. L’Ifj, l’International federation of journalists, ha condannato la detenzione di Ali e Mammadli, oltre a esprimergli solidarietà. Ma ora i due rischiano di rimanere in prigione per diverso tempo.
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