Il titolo 42, una vecchia legge federale che consente l’espulsione dei migranti provenienti da paesi dov’è in corso «un’epidemia contagiosa», alla fine rimarrà ancora attivo, nonostante lo scorso 15 novembre sia stato definito «inapplicabile» dal giudice distrettuale del District of Columbia Emmett Williamson. A decidere per il mantenimento temporaneo della normativa è stato il giudice capo della Corte Suprema John Roberts, che ha emesso l’ordinanza che di fatto congela la situazione fino a quando l’amministrazione Biden avrà una soluzione per rimpiazzare il controverso provvedimento.

Al momento una nuova norma non c’è. E questo ha fatto sì che anche alcuni esponenti dem come il senatore della California Alex Padilla abbiano criticato la Casa Bianca per non aver pensato a un piano per selezionare «in maniera più umana» i migranti provenienti dal confine Sud.

Il titolo 42, creato nel 1944 come strumento per dare chiari poteri al governo federale in tema di contenimento delle malattie infettive, è stato molto usato durante la pandemia da Covid19, restrizione che la Casa Bianca di Donald Trump ha felicemente implementato durante il corso del 2020, nonostante l’ex presidente fosse restio a implementare altre misure di sanità pubblica, tra cui l’uso della mascherina nei luoghi chiusi di pertinenza federale.

Convergenze parallele

Sorprendentemente, ma neanche troppo, l’amministrazione Biden ha continuato a usare questa modalità di espulsione, che di fatto consente di espellere moltissime persone senza passare da tribunali e processi, semplicemente rifiutando la richiesta di asilo a prescindere. Viene quindi accolta la richiesta presentata da diciannove stati a guida repubblicana, tra cui il Texas, di mantenere in piedi questa normativa controversa.

In questo si è realizzata la più inusuale delle convergenze: non quella abituale che si ha tra Biden e i repubblicani centristi, ma con quelli più estremi. Ciò non vuol dire che nel mondo progressista si festeggi la misura, anzi: l’American Civil Liberties Union, la principale organizzazione di difesa delle libertà civili, chiede che venga sostituito questo vecchio statuto “arbitrario e capzioso” che priva migliaia di migranti di un giusto procedimento per stabilire se abbiano bisogno o meno di asilo.

Ufficialmente anche la stessa Casa Bianca avrebbe fatto trapelare la volontà di far cessare il titolo 42 e anche il Segretario Nazionale per la Sicurezza Nazionale Alejandro Mayorkas avrebbe diramato un piano da attuare per l’eventuale fine del provvedimento. Il documento però è estremamente vago e fornisce ben pochi dettagli, se non qualche linea riguardante la riforma del diritto d’asilo. L’opinione dei repubblicani, invece, è che questo potenziale vuoto legislativo avrebbe potuto lasciare liberi numerosi migranti, aggravando la crisi al confine. Certamente i governatori repubblicani non sono stati fermi: oltre ad aver firmato un ricorso alla Corte Suprema, l’Arizona ha costruito un muro di container su un tratto della frontiera, pagandolo 82 milioni di dollari, una spesa che la futura governatrice democratica Katie Hobbs, che a gennaio succederà al repubblicano Doug Ducey, ha definito «uno spreco di soldi».

Alcuni deputati, come il repubblicano Tony Gonzalez e il democratico Henry Cuellar, entrambi texani, hanno proposto di stanziare maggiori risorse per il Dipartimento della Sicurezza Nazionale che gestisce i flussi di migranti.

Insieme a questo, affermano i due rappresentanti, vorrebbe anche una riscrittura dell’intero sistema di visti e di concessioni stratificate che costituisce il corpus di leggi americano sull’immigrazione. Parliamo politicamente di materiale difficilmente gestibile senza polarizzare i due schieramenti. Quando ci vorrebbe invece un gran compromesso tra le parti che però appare impossibile.

Basta osservare l’account ufficiale del Partito Repubblicano su Twitter: ogni giorno non mancano di far notare come al confine ci sia una “crisi” provocata dalle «politiche lassiste» di Biden. In realtà non sono molto diverse da quelle trumpiane, ma i dati sui flussi registrano a ogni modo un incremento nell’afflusso di migranti nelle città di confine come El Paso, in Texas.

Il caso di El Paso

La città è governata da un sindaco democratico, Oscar Leeser, e nel 2022 ha dovuto affrontare l’ingresso di 900 persone al giorno. Un numero immenso per una città di circa 680mila abitanti che nello stesso periodo ha dovuto spendere 9 milioni di dollari presi dal bilancio cittadino per dare un alloggio, nutrire e gestire i migranti, tanto da dover fare ricorso al noleggio di autobus per trasportare i migranti nello stato di New York per destinarli alle «città santuario» dove potranno vivere senza il rischio di essere deportati, una politica simile a quella attuata dal governatore repubblicano Greg Abbott, sia pur con un fine diverso, ovvero quello di mettere in luce «l’ipocrisia dei progressisti».

La crisi che sta attraversando El Paso, insieme ad altre città al confine, mostra che anche lo stesso titolo 42, mantenuto fino a quando non verrà ufficialmente sostituito, è soltanto un soluzione palliativa per un problema che gli ultimi tre presidenti, compreso quindi Barack Obama, hanno deciso di affrontare cercando solo modalità più rapide per deportare quante più persone possibile.

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