Le auto blindate presidenziali sono arrivate già da giorni, per organizzare gli itinerari e rodare le gomme sulle strade irlandesi e nordirlandesi. Joe Biden, invece, è atteso a Belfast per l’11 aprile, in una visita che si preannuncia storica.

D’altronde l’occasione non potrebbe essere più simbolica: il 10 aprile di 25 anni fa, proprio nella capitale nordirlandese, veniva firmato il Good Friday Agreement che poneva fine al lungo periodo dei Troubles, nei fatti una vera guerra civile costata la vita a circa 3.600 persone. Il presidente americano vola in Irlanda del Nord e poi in Irlanda proprio per celebrare quella data storica, incontrando i leader di Belfast e Dublino, ma anche per mandare messaggi interni ed esterni.

Gli occhi di Washington, e in particolare quelli di Biden, sono sempre stati molto vigili rispetto a quanto avviene nell’isola irlandese, compreso nel nord. Il motivo è semplice: secondo un censimento del 2020, negli Stati Uniti sono circa 32 milioni le persone con origini irish e in alcune contee raggiungono anche il 20 per cento della popolazione.

Dopo quello tedesco con circa 43 milioni, il ceppo irlandese è il secondo più presente negli States. Numeri che spiegano un famoso detto oltreoceano: «Gli irlandesi hanno costruito l’America», una constatazione verosimile, visto l’apporto di milioni di migranti che dall’isola di Smeraldo hanno raggiunto le coste americane dal 18° e ancora di più dal 19° secolo, a causa della Great Famine, la grande carestia che ha segnato in maniera indelebile la storia irlandese.

I precedenti viaggi presidenziali

Per rendere ancora più chiaro il vincolo che lega l’Irlanda agli Usa, basta osservare le storie dei diversi inquilini della Casa Bianca: dei 46 presidenti, ben 23 (quindi la metà precisa) hanno avi con origini celtiche, incluso Biden stesso. Per questo le attenzioni della Casa Bianca verso l’isola non sono mai mancate, così come le visite. A partire da quella storica di John Fitzgerald Kennedy nel giugno del 1963 nella Repubblica d’Irlanda, un viaggio di quattro giorni, passando anche nella casa della famiglia originaria nella contea di Wexford, solo pochi mesi prima di essere ucciso.

A volare in Irlanda nel 1984 è stato anche il repubblicano Ronald Reagan, sempre facendo tappa nella sua terra ancestrale nella contea di Tipperary. Il primo presidente Usa ad atterra in Nord Irlanda, invece, è stato Bill Clinton nel 1995, passando per Belfast, Derry, Armagh e Omagh. Una visita raddoppiata tre anni dopo, quando Clinton è tornato a Omagh a seguito degli accordi di pace e a poche settimane dal grave attentato del 1998 della Real Ira, quando sono morte 29 persone.

Clinton si è speso molto per gli accordi del Venerdì santo, giunti con la firma dei rappresentanti di Londra, Dublino e dei principali partiti nordirlandesi (tranne il Democratic unionist party), grazie soprattutto alla mediazione di Washington e con il lavoro dell’allora inviato Usa George Mitchell. Proprio per il suo ruolo di 25 anni fa, anche Clinton è atteso per le celebrazioni a Belfast, insieme agli altri protagonisti di quel giorno, come per esempio Tony Blair e l’ex taoiseach (primo ministro) irlandese Bertie Ahern. Anche più recentemente i presidenti Usa sono volati nell’isola irlandese, George Bush nel 2003 e nel 2008, e Barack Obama nel 2013.

Il programma della visita

Joe Biden dovrebbe incontrare anche il premier britannico Rishi Sunak, ma sembra non riuscirà a intervenire – come invece era stato preannunciato – davanti all'assemblea di Stormont, in stallo da mesi visto l’ostruzionismo degli unionisti. La protesta del Dup sta proseguendo, nonostante gli sforzi di Londra e Bruxelles e la firma del Windsor Framework per rivedere gli accordi post Brexit.

Chi ha accolto con soddisfazione l’accordo siglato da Ursula von der Leyen e Sunak è stato lo Sinn Fein. Michelle O’Neill, premier nordirlandese designata, ha auspicato che insieme alle celebrazioni per gli accordi di pace, l’arrivo di Biden possa portare alla definizione di nuovi investimenti americani nella regione. Tra l’altro, ad accompagnare il presidente Usa ci sarà Joe Kennedy III, nipote di Jfk, nominato nel 2022 inviato speciale per l’Irlanda del Nord.

L’80enne inquilino della Casa Bianca, dopo aver celebrato «l’incredibile progresso» degli accordi di pace, il 12 aprile supererà il confine interno scendendo nella Repubblica d’Irlanda e facendo tappa a Dublino e nella contea di Mayo e di Louth, le due regioni da cui i suoi antenati sono partiti verso l’America, come ricordato anche dal taoiseach Leo Varadkar che ha definito Biden un «grande presidente irlandese americano».

Già da prima di essere eletto, Biden ha avvertito Londra di prestare più attenzione alle conseguenze negative che la Brexit avrebbe comportato per l’Irlanda del Nord e per l’accordo del Venerdì santo del ‘98.

Un avviso ribadito una volta diventato presidente anche a Liz Truss, all’inizio della sua breve parentesi a Downing Street, e poi a Sunak, che sembra aver recepito i desideri di Washington. La questione della stabilità della regione è fondamentale per gli Stati Uniti, intenzionati a difendere la forte identità americana-irlandese.

Il clima in Nord Irlanda

AP

Il viaggio di Biden arriva in un momento particolare per l’Irlanda del Nord, viste le turbolenze causate dalla Brexit. Solo qualche settimana fa i servizi interni britannici dell’MI5 hanno alzato da “sostanziale” a “grave” il livello di minaccia terroristica nella regione. 

Le forze di sicurezza ritengono quindi probabili nel prossimo futuro attentati e violenze, dopo un innalzamento delle tensioni culminato a febbraio con il tentato omicidio dell’ispettore di polizia John Caldwell per opera di dissidenti repubblicani. Dalle indagini in corso sono scattati decine di arresti negli ambienti nazionalisti.

Tuttavia, anche la comunità lealista è in subbuglio, in protesta contro il protocollo nordirlandese e spaventata dalla vittoria dei nazionalisti nelle elezioni e dal vantaggio demografico dimostrato dall’ultimo censimento nel Regno Unito. Dalla fine di marzo, inoltre, nella cittadina di Newtownards va avanti una faida all’interno dei gruppi paramilitari unionisti, coinvolti nelle trame della criminalità organizzata, con violenze e intimidazioni.

Ma il rischio di incidenti è elevato, tanto che la Psni (Police Service Northern Ireland) prima di Pasqua ha reso noto che, secondo importanti fonti di intelligence, nei giorni delle commemorazioni potrebbero esserci attacchi repubblicani diretti contro gli agenti delle forze di sicurezza, specialmente nella città di Derry. In fondo, dopo 25 anni, alcune cose sono rimaste simili.

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