Gli Stati Uniti navigano ancora nell’incertezza, ma con il conteggio dei voti espressi via posta, il vantaggio di Joe Biden sta aumentando, tanto che la vittoria sembra essere in mano a lui. Resta il fatto che chi sognava un’America che ripudiasse Donald Trump e la sua presidenza, deve rassegnarsi a constatare che il paese è più diviso che mai. Secondo i dati raccolti dal US Election Project, quasi il 70 percento degli americani aventi diritto al voto si è espresso in queste elezioni segnando un record storico.

Fino ad adesso Biden ha raccolto più di 71 milioni di voti, superando quelli ottenuti nelle passate elezioni dal suo alleato Barack Obama. Trump gli sta alle costole con più di 68 milioni di voti, un numero superiore a quelli contati a suo favore nel 2016.

Nel pomeriggio americano, la notte italiana, Biden ha parlato dicendo che si aspetta di raggiungere i 270 voti elettorali necessari alla vittoria. Trump da parte sua non accetta che il vantaggio che sembrava avere ieri mattina si sia ridotto, se non ribaltato, con il passare delle ore ed il conteggio dei voti. Mentre nella notte tra il 3 e il 4 novembre ha dichiarato vittoria senza mezzi termini, ora su twitter continua a mettere in discussione il sistema elettorale e a parlare di azioni legali. 

Cosa dobbiamo tenere sott’occhio nelle prossime ore?

Al momento le proiezioni del New York Times danno 253 voti elettorali certi a Biden contro i 214 di Trump. A Biden basterebbe aggiudicarsi Arizona e Nevada, mentre a Trump servirebbe almeno uno di quei due stati, oltre a Pennsylvania, North Carolina e Georgia in cui è ancora in vantaggio.

Arizona

Fox News considera Biden già vincitore in Arizona, assegnandogli un totale di 264 voti elettorali. Tuttavia, nella mattinata italiana, sono arrivati nuovi dati dal Maricopa County, la zona di Phoenix, ed il vantaggio di Biden si è ridotto di più 10.000 voti. Sarà difficile, ma potenzialmente Trump può ancora vincere in questo stato. Il conteggio nel Maricopa County potrebbe infatti continuare ancora fino a questa sera. Intanto più di un centinaio di sostenitori di Trump, alcuni dei quali armati, si è riunito davanti agli uffici in cui avviene lo spoglio delle schede per chiedere a gran voce che vengano contati tutti i voti, fino all’ultimo. Dal 1952 ad oggi l’unico anno in cui in Arizona è stato votato un candidato democratico è il 1996, con Bill Clinton. 

La ricostruzione del blue wall

Biden potrebbe riuscire a ricostruire quella parte di blue wall - ovvero il solido blocco di stati blu, democratici - che si era sgretolata nelle scorse elezioni. Due mattoni sono già stati stati rimessi al loro posto - Wisconsin e Michigan - e manca ora la Pennsylvania con i suoi 20 voti elettorali. Qui tuttavia Trump continua ad essere in vantaggio, anche se il margine si sta riducendo. La stragrande maggioranza delle schede rimaste da contare sono relative soprattutto alle aree metropolitane di Philadelphia e Pittsburgh che non avevano tradito il partito democratico neppure nel 2016, l’anno in cui per la prima volta dal 1988 lo stato si era tinto di rosso. Il conteggio delle schede sarà più lento che in Wisconsin e Michigan e potrebbe non portare a risultati certi fino a questa sera o al più tardi domani. 

Georgia

In Georgia, uno stato tradizionalmente repubblicano, il vantaggio Trump è sempre più ridotto, ormai inferiore all’1 percento. I voti che restano da contare riguardano soprattutto la zona di Atlanta a predominanza democratica, quindi la situazione è ancora in sospeso. Inoltre la Georgia è uno degli stati in cui le controversie sul conteggio dei voti si sono fatte sentire più in maniera più pesante già da questi giorni, con diverse cause intentate dal partito repubblicano rispetto alle modalità di accettazione e conteggio delle schede in alcuni counties. Con i suoi 16 voti elettorali, la Georgia porterebbe Biden ad una vittoria praticamente certa, mentre per Trump è più che altro necessaria per restare in gara. 

Il Maine e la maggioranza repubblicana in senato

Continua a restare sotto i riflettori anche il Maine, uno dei due stati che - insieme al Nebraska - rappresenta un’eccezione nel bizzarro e complesso sistema del collegio elettorale. Gli altri 48 stati americani infatti assegnano tutti i voti elettorali ad un solo candidato, sulla base del principio del winner-take-all, ovvero colui che vince il voto popolare prende tutto.

In Maine e Nebraska il candidato vincitore del voto popolare ottiene due dei voti elettorali a disposizione, e si aggiudica i restanti voti sulla base dei distretti che vince, uno per ogni distretto. Per esempio in Maine, dove ci sono 4 voti elettorali in ballo e due distretti, uno dei due candidati può ottenere 3 voti (due per il voto popolare e uno per distretto in cui ha vinto) e perdere il 4, nel caso l'avversario sia in vantaggio nel secondo distretto. In questo momento ci troviamo in una situazione simile. Biden ha vinto il voto popolare ed un distretto, aggiudicandosi 3 voti, mentre il secondo distretto, prevalentemente rurale, è praticamente nelle mani di Trump. 

In queste elezioni il Maine si sta rivelando decisivo per quanto riguarda l’altra importante questione in ballo, quella relativa al congresso. Gli americani hanno infatti votato anche per il rinnovo della camera e di un terzo del senato. Per quanto riguarda la camera non ci sono stati grandi stravolgimenti: è rimasta a maggioranza democratica, anche se difficilmente riuscirà ad ampliare il margine come sperato. In senato è in corso invece un testa a testa, con quattro poltrone ancora da assegnare. Una di queste è quella del Maine, considerata determinante.

Al momento è in vantaggio la repubblicana Susan Collins, in senato dal 1997. Per alcune testate, come CBS, la sua vittoria è già data per certa. Ma quest’anno non è stata scontata. Per oltre vent’anni Collins ha vinto sempre con ampi margini, in uno stato tradizionalmente democratico. Collins è infatti conosciuta per essere una repubblicana moderata, con un pensiero indipendente, che ha preso le distanze da Trump e dal suo partito su questioni cruciali come la copertura sanitaria e la recente nomina di Amy Coney Barrett alla Corte suprema.

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