- Nella giornata in cui mezzo Brasile è rimasto paralizzato a causa dei blocchi stradali dei suoi fedelissimi camionisti ha esordito sostenendo che «i movimenti popolari sono frutto dell'indignazione e del sentimento di ingiustizia per come si è svolto il processo elettorale».
- Ha proseguito senza ammettere la sconfitta, non ha mai nominato l'avversario Lula e lamentandosi di aver affrontato «tutto un sistema contro».
- Fuggito in tutta fretta dalle domande, è toccato al suo braccio destro Ciro Nogueira ammettere che la transizione verso il nuovo governo Lula è già cominciata, e spiegato l'iter.
C'è una strana accondiscendenza verso l'estrema destra che si aggira per il mondo. Prendiamo il caso più noto di queste ore, la sconfitta di Jair Bolsonaro in Brasile e la lunga attesa affinché riconoscesse il risultato. Ammissione che alla fine non c'è stata. Dopo ben 42 ore dalla proclamazione del trionfo di Lula, il presidente sconfitto ha convocato i giornalisti a casa sua (nemmeno nella sede della presidenza), li ha tenuti in piedi per un'ora abbondante e poi è arrivato leggendo un fogli



