Il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, ha reso nota la chiusura  dell’operazione lava jato considerata la più grande inchiesta anticorruzione del paese. Il nome tradotto in italiano significa “autolavaggio” ed è sicuramente il nome più appropriato per un’inchiesta che ha completamente rimescolato le carte e i volti della politica brasiliana.

2014 l’inizio della tangentopoli brasiliana

Se la Tangentopoli italiana iniziò con il “mariuolo” socialista Mario Chiesa le cui rivelazioni diedero il via alle indagini del pool di Mani pulite, l’inizio delle indagini che portarono a lava jato si devono al faccendiere Alberto Youssef che, da pentito, svelò il meccanismo di corruzione basato su tangenti e reciproci favori fra la compagnia statale petrolifera Petrobras e i governi di centrosinistra presieduti da Dilma Rousseff e Luiz Inacio Lula da Silva.

Secondo quanto scoperto dagli inquirenti, anche grazie alle rivelazioni di pentiti come Youssef, nel corso degli anni precedenti al 2014 i dirigenti di Petrobras avrebbero accettato di pagare tangenti a membri del governo per ottenere in cambio la vittoria di importanti appalti nel paese.

L’operazione ebbe subito un chiaro e inevitabile risvolto politico che vide gli inquirenti e in particolare il giudice che presiedeva l’inchiesta giudiziaria, Sergio Moro, diventare i beniamini dell’opposizione politica del governo del Partito dei lavoratori (Pt) al potere nel paese dal 2002.

Le accuse contro i governi di Lula e Rousseff divennero concrete nel 2017 quando proprio l’ex presidente Lula si presentò alla sbarra degli imputati perché accusato di corruzione. Il leader del Pt fu condannato a oltre nove anni di carcere.

Luiz Inacio Lula da Silva (AP)

Gli effetti sulle presidenziali del 2018

La sentenza che condannò Lula destò molte critiche dal mondo della sinistra nazionale e non. L’ex presidente era infatti dato come favorito dai sondaggi per le elezioni presidenziali del novembre 2018 che vedevano confrontarsi il centrosinistra e l’estrema destra dell’ex militare Jair Bolsonaro.

Questa contingenza venne vista dalla sinistra brasiliana come un chiaro segno della politicizzazione del processo, un’accusa rispedita al mittente dal giudice Sergio Moro che dopo aver seguito le indagini aveva condannato l’ex presidente. L’incandidabilità di Lula spianò di fatto la strada alla vittoria dell’attuale presidente Bolsonaro. Il candidato sostituto di Lula era infatti Fernando Haddad, sindaco di San Paolo, ma poco conosciuto nel resto del paese.

I dubbi sulla politicizzazione

I sospetti sulle finalità politiche di lava jato tornarono in auge nel 2019 a causa di alcune conversazioni risalenti al 2016 e al 2017 pubblicate dalla testata giornalistica The Intercept Brasil.

Le chat erano fra Sergio Moro, e il capo dei sostituti procuratori di lava jato, Deltana Dallagnol e mostravano le insistenze di Moro, in quel momento giudice del processo, nel chiedere ai colleghi dell’accusa di concentrarsi sulle accuse a Lula.

La pubblicazione delle conversazioni scatenò le proteste di Moro che nel frattempo era diventato ministro della Giustizia del governo Bolsonaro. Lula è poi stato scarcerato nel novembre del 2019.

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