Secondo Kiev, Mosca ha sferrato l’attacco peggiore di sempre. Al G7 Bruxelles proverà a coinvolgere gli Usa nelle contromisure
Verniciati di giallo e blu, i colori della bandiera nazionale che proteggono, gli elicotteri dei soccorsi ucraini hanno sfidato il fumo che avvolgeva gli edifici della capitale per raggiungere il Dnepr. L’acqua del fiume è stata caricata e riversata sulle fiamme degli incendi divampati in molti quartieri di Kyiv, che è andata a fuoco di nuovo.
«Il peggior attacco»
Per la Difesa ucraina – che ha stimato in cifre la magnitudo della tempesta di droni lanciata dall’esercito russo ieri – si tratta del peggior attacco con velivoli esplosivi pilotati a distanza dall’inizio del conflitto: trecentoquindici droni, di cui duecentocinquanta iraniani Shahed, due missili balistici nordcoreani Kn-23, cinque missili da crociera Iskander.
È stata una delle notti più lunghe mai vissute dall’inizio della guerra: colpita anche la cattedrale di Santa Sofia, patrimonio protetto dall’Unesco e diventata simbolo di resistenza nazionale.
Il capo dell’amministrazione militare della capitale, Timur Tkachenko, ha ammesso: «È stata una notte difficile per tutti noi». A fuoco è andato tutto: auto, magazzini, grattacieli e case. «Ci aspetta una giornata difficile. Forse non una».
Lo sa Tkachenko e lo sanno i cittadini delle città ucraine che non sarà l’ultima notte di fiamme e morte, mentre i negoziati di pace sembrano arenati e si abbatte sul paese quella che assomiglia sempre più alla vendetta promessa dal Cremlino dopo il complesso e massiccio attacco di droni che le forze di Kyiv hanno scagliato il primo giugno scorso contro bombardieri e basi militari nel cuore della Federazione.
Nei mirini dei russi, ieri anche Cernihiv, Dnipropetrovsk e Odessa. Nella città due civili sono morti e nove sono rimasti feriti, ma è stato colpito anche un ospedale ostetrico. Non sono state registrate vittime, ma «il fatto stesso che un’istituzione dove nasce la vita sia stato preso di mira è impressionante per la sua crudeltà», ha detto il sindaco Gennady Trukhanov.
«La Russia sta intensificando la guerra e non ha intenzione di fermarla». Per Andry Yermak, a capo dell’ufficio presidenziale e braccio destro di Zelensky, «qualsiasi escalation può essere fermata solo con la forza».
«Gli attacchi russi con missili e Shahed sono più rumorosi degli sforzi degli Stati Uniti e altri nel mondo per costringere la Russia alla pace», ha dichiarato il leader ucraino davanti alle macerie del suo paese sotto attacco.
Ma non tutto e tutti però tacciono. Le colonne di fumo nero che si levano dai quartieri sembrano «una nuova, spaventosa evidenza» della guerra, ha detto, condannando gli attacchi, Keir Starmer. Alla condanna del premier britannico si è unito il coro sdegnato dell’Ue che ora promette conseguenze.
Il nodo delle sanzioni
Prima del summit dei leader del G7 che comincia questa domenica ad Alberta, in Canada, l’Unione europea progetta di emanare una nuova serie di misure restrittive per ottenere un cessate il fuoco incondizionato di trenta giorni e prepara il diciottesimo pacchetto di sanzioni.
Ambisce a colpire il cuore pulsante dell’economia russa la proposta presentata dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dall’Alta rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas: si tenterà di affossare ogni transazione bancaria della Federazione, di mettere in piedi misure stringenti per limitare le attività collegate ai gasdotti Nord Stream, di mettere in black list istituti finanziari che Mosca usa per il trasferimento internazionale di fondi.
Verranno sanzionate anche le petroliere della “flotta ombra”, ma, soprattutto, si prospetta una revisione al ribasso del tetto massimo del prezzo del petrolio: oggi è fissato a sessanta dollari al barile, ma potrebbe essere rivisto a quarantacinque.
Bruxelles rivendica l’allineamento di Washington alla sua politica, ma l’inquilino della Casa Bianca, che ha minacciato sanzioni più volte per smuovere lo stallo dei colloqui di pace, non ha ancora dato seguito alla promessa.
Doppia escalation
L’escalation sul campo è doppia. Che il Cremlino stia scatenando operazioni con una potenza di fuoco sempre maggiore rispetto alle precedenti è evidente non solo nel cuore dei centri abitati, per attacchi verticali, in arrivo dal cielo, ma anche per quelli orizzontali, che avvengono lungo tutta la ciclopica linea del fronte.
Mosca, smentita però subito da Kyiv, due giorni fa ha annunciato di aver ingaggiato battaglia al confine tra l’oblast’ di Donetsk e quella di Dnipropetrovsk aprendo un nuovo fronte, dove le operazioni offensive della novantesima divisione corazzata continuano.
Più che fermarsi, la guerra si intensifica dopo i timidi tentativi di negoziato in Turchia, che ha ospitato i primi incontri diretti tra russi e ucraini dopo l’aprile 2022. Pochi giorni sono stati necessari per rivelare l’unica utilità dell’incontro: uno scambio prigionieri, finalmente conclusosi.
«Sappiamo che è un ultimatum e non lo accetterete»: lo avrebbero detto i negoziatori russi agli omologhi ucraini in quei giorni ai tavoli turchi. Lo ha dichiarato Zelensky durante un’intervista a un media ungherese condannando l’appoggio a Mosca da parte di Viktor Orbán, il premier ungherese che si oppone pubblicamente all’entrata dell’Ucraina in Unione europea.
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