Brent Renaud, un documentarista e fotografo di talento, e allievo del corso Nieman del 2019, è stato ucciso a Irpin, un sobborgo di Kiev, in Ucraina, il 13 marzo 2022. Aveva 50 anni. 

Brent stava lavorando a un documentario con cui voleva raccontare le esperienze di migranti e profughi in dieci paesi del mondo. Dell’Ucraina voleva raccontare le storie delle persone costrette a lasciare le loro case e a fuggire dal loro paese in seguito all’invasione russa. Ha dato loro un iPhone, con cui potevano registrare il loro viaggio, ovunque fossero diretti. 

Stava lavorando al progetto già da un anno, in Africa, Europa, sud America, occupandosi delle persone che fuggono a causa della crisi climatica, della guerra o della violenza di genere. 

Quando è stato ucciso, si trovava con Juan Arredondo, suo compagno di corso alla Nieman, un altro video e foto giornalista. Anche lui è rimasto ferito durante l’attacco ma è stato curato e le sue ferite stanno guarendo. In un’intervista video pubblicata su Twitter da Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale, Juan ha raccontato che i due sono stati attaccati mentre viaggiavano in auto verso una zona dove i profughi stavano attraversando un ponte.

Secondo quanto riportato dal New York Times, Anton Gerashchenko, un consigliere del ministro dell’Interno ucraino, ha dichiarato che Renaud «ha pagato con la vita il suo tentativo di mostrare l’insidia, la crudeltà e la spietatezza dell’aggressore». 

La comunità della Nieman è profondamente scossa da questa tragica morte. La curatrice del corso, Ann Marie Lipinski, ha detto: «Lo stile di Brent era eccezionale, e ciò che lo rendeva tale non era solamente il suo grande talento, ma un’umanità profonda e gentile che portava nel suo lavoro. Ci aveva detto che quello che cercava nel giornalismo erano le “storie che facevano riflettere di persone prive di diritti”, e ha rispettato questo principio ogni giorno. La sua morte è una perdita devastante».

Nato a Little Rock, in Arkansas, Brent ha iniziato la sua carriera occupandosi degli attacchi terroristici dell’11 settembre e della guerra in Afghanistan. Da allora, ha lavorato principalmente con suo fratello Craig a progetti cinematografici. Tra questi il documentario sull’eroina dell’emittente Hbo Dope Sick Love e la serie televisiva Off to war, su un’unità della Guardia nazionale dispiegata in Iraq. Ha coperto il terremoto ad Haiti, la violenza dei cartelli in Messico, la crisi dei giovani profughi in centro America, i disordini politici in Egitto e la guerra all’estremismo in Africa e in Medio Oriente. Nel 2015, ha ricevuto il premio Peabody per la serie di Vice Last chance high, su una scuola terapeutica di Chicago. 

Ad Harvard, Brent ha studiato gli effetti che possono avere il trauma e la malattia mentale e affettiva sui tassi di povertà e violenza in America. 

I compagni di corso lo ricordano non solo come un giornalista straordinario, ma come una persona straordinaria – umile, sensibile, gentile, intelligente, divertente – «Arrivava al lavoro con un atteggiamento che metteva la persona al centro», dice Mary Ellen Klas, caporedattrice di politica del Miami Herald a Tallahassee in Florida. 

Trasmetteva ai soggetti che ritraeva «non solo che stava ascoltando le loro parole ma che stava capendo le loro anime, chi erano veramente».  

Kaeti Hinck, leader del team di data e visual alla Cnn, ricorda che, alla fine di ogni conversazione con Brent, andava via «avendo imparato qualcosa di nuovo, avendo scoperto qualche storia strana, qualcosa di affascinante sulla sua vita. Non si vantava mai. Era una presenza gentile e compassionevole».

Brent amava gli animali, soprattutto il suo cane Chai, e si impegnava per i diritti degli animali. Amava anche le vecchie motociclette e aveva costruito un misto tra uno studio e un’officina di riparazione, dove poteva postprodurre video e trafficare con le sue amate moto. Anche se molto timido, Brent ha sperimentato la stand-up comedy e, dopo la fellowship alla Nieman, ha iniziato a insegnare giornalismo visuale, oltre a continuare il suo lavoro cinematografico.

Nonostante Brent fosse già un videogiornalista esperto quando è arrivato alla Nieman, si è rivelato in breve tempo anche uno scrittore formidabile. «La sua scrittura era straordinaria», dice l’autore Steve Almond, che tiene il corso di saggistica narrativa ai borsisti alla Nieman. «Era timido e in classe non parlava molto, ma quando prendeva la parola i suoi commenti erano incredibilmente profondi e precisi. Noi tutti aspettavamo che Brent intervenisse, aveva quella sorta di pacato potere di comprensione».

Per essere una persona con un dono naturale così forte da riuscire a connettersi alle storie degli altri, Brent a volte esitava a condividere la sua storia personale. Ma, all’inizio del corso alla Nieman, quando Brent ha raccontato in modo commovente le sue battaglie per mettersi in contatto con gli altri, «ha creato un’apertura nella classe», dice la fotografa Samantha Appleton. «Ci ha aiutato tutti ad aprirci a essere più vulnerabili insieme. Ha cambiato l’intesa di tutta la classe». 

Mattia Ferraresi, caporedattore di Domani, ricorda che Brent gli aveva detto: «“Devi amare ciò che racconti”, sfidando il principio secondo cui è necessario mantenere una distanza dai soggetti per riportare correttamente i fatti. Il tratto distintivo di Brent era l’empatia. Credeva di dover entrare veramente nella tua vita per poter raccontare davvero la tua storia». 

Attraverso la sua personalità e la sua presenza, così come attraverso le storie che raccontava, Brent è entrato nelle vite dei suoi compagni di corso e colleghi alla Nieman in un modo che non verrà mai dimenticato. 

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