Nel 2016 il referendum anti Ue e la prima vittoria elettorale del tycoon sono stati eventi politici rivoluzionari, sintomo di una trasformazione delle democrazie liberali, con l’emersione di un populismo reattivo, nazionalismo nostalgico, retorica identitaria regressiva. A quasi 10 anni di distanza, possiamo avanzare qualche domanda per tentare di fare una storia del presente
Indicare una data come spartiacque simbolico tra due epoche è l’esercizio euristico da cui parte qualsiasi analisi storica. Il 2016 si candida senza dubbio a questo ruolo.
Il referendum sulla Brexit e, qualche mese dopo, la prima vittoria elettorale di Donald Trump sono stati eventi politici “rivoluzionari”, il sintomo di una trasformazione sistemica delle democrazie liberali. In entrambi i casi si è assistito all’emersione di un populismo reattivo, caratterizzato da nazionalismo nostalgico, retorica identitaria regressiva, discorso politico basato sulla “post-verità” e un’inquietante ambivalenza nei confronti delle istituzioni democratiche accusate di non rappresentare il “popolo”.
A quasi 10 anni di distanza e molto inchiostro versato per cercare di dare senso all’anarchia che ne è seguita, possiamo avanzare qualche domanda per tentare di “fare una storia del presente”: Brexit e trumpismo, seppur in presenza di dinamiche differenti e pratiche ideologiche eterogenee, rappresentano una nuova forma di anglosfera? È questa una frattura netta rispetto alla tradizione politica occidentale? Dove la prima ha dato la stura al secondo?
Proviamo a fissare qualche punto iniziale.
Brexit e il trumpismo hanno costruito il proprio consenso su una ridefinizione dell’idea di “libertà” fortemente ambivalente, giocata tra l’emancipazione da un presunto oppressore esterno (UE, élite globali antiamericane) e la restaurazione della sovranità perduta. In questa narrazione, la libertà non è più un principio universale ma uno strumento ideologico che viene “armato” e mobilitato in funzione difensiva, escludente e contro le minoranze.
Elemento distintivo di entrambi i fenomeni è il loro radicarsi in una iper-realtà, per dirla con Jean Baudrillard, costruita da media, antiscientismo e invenzione della tradizione: le affermazioni non sono più ancorate alla realtà e funzionano come simboli autonomi. Il campo pro-Brexit, per esempio, ha basato la campagna referendaria su dati completamente inventati. In questa post-verità, il linguaggio politico non descrive più il mondo, ma lo produce come spettacolo. Gli slogan Make America Great Again o Get Brexit Done non vanno verificati, vanno semplicemente creduti. Non si riferiscono a un oggetto, sono l’oggetto politico. Questa strategia crea una politica fondata su un regime di presunte verità emotive dove il sentimento sostituisce l’evidenza consolidando nuove identità “per esclusione”.
Né la Brexit, né l’ascesa di Trump sono stati movimenti “dal basso”. Basterà ricordare qui il ruolo giocato dal miliardario Robert Mercer, principale finanziatore sia della campagna pro-Brexit sia di quella di Trump. Una forma di populismo dall’alto, secondo Chantal Mouffe, dove l’“oligarchia” si traveste da “popolo”.
Il motore è una nostalgia inventata: l’idea di un passato glorioso da restaurare basata su narrazioni storiche selettive e semplificate che promettono un ritorno a un’epoca mai esistita. Senza scomodare Jacques Lacan, Take Back Control si muove nella stessa dimensione di Make America Great Again colmando un vuoto simbolico e identificando nel nemico (l’altro, il migrante, il tecnocrate) il motivo politico di esistere.
Il tratto più pericoloso è tuttavia la dissoluzione della sfera pubblica. La libertà di opinione se non garantita da una condivisione dei fatti diventa una farsa. Il discorso pubblico si polarizza in bolle di senso, dove la performatività del messaggio conta più del contenuto. Un esempio: l’adeguarsi del governo laburista di Starmer alle retoriche anti-immigrazione che hanno costituito la base ideologica più potente della Brexit.
Che cosa rimane? Un universo politico avulso e a-storico, rarefatto e non circoscrivibile; dunque impossibile da cambiare. Se questo è, come osserva Alain Badiou, un “fascismo democratico”, dove il potere si muove dentro le istituzioni svuotandole, non è più ormai una semplice questione di teoria politica. Basta guardare agli Stati Uniti. Se questo è il contenuto di una nuova anglosfera dove Brexit e trumpismo sono una forma post-moderna di conservatorismo reazionario formalizzata idealmente nel 2016 e le cui implicazioni si riverbereranno su tutta la cultura politica e istituzionale anglo-americana, credo sia arrivato il momento di prenderla in considerazione.
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