Viviamo in un tempo di crisi in cui le idee e le menzogne più assurde occupano il centro della scena politica mondiale. Dall’Europa agli Stati Uniti e al Brasile, i politici populisti di estrema destra ignorano la scienza, gli studiosi e gli esperti, e irresponsabilmente prestano ascolto a ideologi esoterici.

Un sintomo sorprendente di questa nuova era di bugie e ciarlataneria filosofica è stato Olavo de Carvalho in Brasile. Era il guru fascista di Jair Bolsonaro.

Olavo, come lo chiamano i suoi seguaci, è stato un mistico fascista brasiliano, una specie di Julius Evola, ma con un’influenza che il più famoso occultista del fascismo italiano non ha mai avuto nei due decenni in cui Benito Mussolini è stato al potere.

Dopo aver appreso della sua morte, Bolsonaro ha detto che «ha risvegliato molti» e lo ha presentato «come un filosofo e uno dei più grandi pensatori del nostro paese». Non era nessuna di queste cose. Olavo de Carvalho era un propagandista e un grande nemico della democrazia brasiliana e latinoamericana.

Sembrava un personaggio uscito dall’immaginario del libro Letteratura nazista nelle Americhe di Roberto Bolaño. Come Luiz Fontaine de Souza, il fascista brasiliano inventato da Bolaño, Olavo de Carvalho è stato l’autore di un numero abissale di libri dai titoli deliranti e di qualità accademiche inesistenti.

Tra i più peculiari si può citare uno dei più famosi, Il minimo che devi sapere per non essere un idiota. I suoi libri hanno contribuito a renderlo un oracolo fascista tra un vasto numero di seguaci che non volevano essere idioti, anche se non è detto che il contenuto del libro li abbia davvero aiutati molto. 

Agitatore e finto intellettuale

Olavo de Carvalho è stato un agitatore con pretese intellettuali. Per molti quelle illusioni di grandezza erano una realtà. Un altro ammiratore di Evola, Steve Bannon, ha affermato che «Olavo è uno dei grandi intellettuali conservatori del mondo».

Come ha scritto il New York Times, questa combinazione Bannon-de Carvalho è risultata altamente simbolica: In occasione della sua prima visita in qualità di presidente negli Stati Uniti, Bolsonaro ha ospitato una cena presso la residenza dell’ambasciatore brasiliano. Alla sua sinistra sedeva Bannon. Alla sua destra, Carvalho. Per dirla in termini americani, l’“intellettuale” brasiliano era una combinazione di Bannon e Stephen Miller, ma più audace ed esoterico.

Come alcuni suoi omologhi europei come il francese Renaud Camus (l’autore dello slogan “la grande sostituzione”) che si è isolato in un castello medievale, oppure Götz Kubitschek, l’intellettuale tedesco di estrema destra che vive in un maniero medievale, de Carvalho si è isolato negli Stati Uniti, nelle campagne della Virginia. Incarnando il motto fascista «libro e moschetto fascista perfetto» ha vissuto segregato tra i suoi numerosi libri e pistole.

Si è presentato come un outsider accademico. Eppure nessuna delle cose che ha detto era accademica e in sostanza non c’era nulla di vero. Era un terrapiattista e negava il cambiamento climatico. Odiava Albert Einstein, Galileo Galilei e ancora di più Isaac Newton.

Era un fan di lunga data di Donald Trump e si è detto un entusiasta sostenitore del tentativo di colpo di stato al Campidoglio degli Stati Uniti del ​​6 gennaio 2021 che ha descritto come una lotta del popolo contro un’élite globalista e comunista.

Ha dichiarato che Biden è «un ritardato mentale» e che Kamala Harris è un agente del Partito comunista cinese. Un grande fautore della discriminazione verso ogni differenza ha affermato che «nemmeno Mussolini avrebbe immaginato che nel futuro il fascismo si sarebbe ridotto a pararsi il culo».

Ha denunciato che la Pepsi Cola è fatta con le cellule di feti umani. Come è possibile che un siffatto personaggio grottesco sia potuto essere così influente in Brasile e nel mondo?

Che cosa ha rappresentato per il bolsonarismo la versione teorica brasiliana di questi nuovi populismi che si allontanano rapidamente dalla democrazia?

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Alleati strategici

Olavo de Carvalho è stato il leader intellettuale di una nuova generazione di militanti e politici dell’estrema destra brasiliana.

Anche se il suo stile era improntato al confronto quotidiano, anche con vecchi e recenti alleati come l’estremista della destra russa Alexander Dugin, le sue idee sono state la guida ideologica principale nella costruzione della campagna elettorale e del governo di Jair Bolsonaro.

All’inizio del governo Bolsonaro i suoi seguaci (o discepoli, se vogliamo) sono stati selezionati per incarichi strategici, come i ministeri dell’Istruzione e degli Affari esteri, e così anche la Fondazione Palmares, un ente originariamente progettato per promuovere l’istruzione, la cultura afro-brasiliana, ma che di fatto è diventata la copertura per la persecuzione del movimento afrobrasiliano.

Erano ambienti occupati strategicamente dagli adepti che si preparavano a una guerra culturale, una battaglia contro i presunti nemici delle idee difese da Olavo de Carvalho, che si basavano su precetti reazionari, anti illuministi e con un chiaro motivo fascista.

Teorie del complotto come il “marxismo culturale”, il “globalismo” o anche la negazione e relativizzazione della schiavitù o la difesa dell’Inquisizione sono diventati una componente dell’agitazione e della propaganda da parte di militanti e membri del governo brasiliano.

Il loro scopo era quello di incarnare un nuovo modello di identità nazionale basato sui valori cristiani fondamentalisti. Sebbene Olavo de Carvalho abbia preso idee e tendenze da settori radicali come l’effervescente destra cristiana nordamericana dagli anni Ottanta e Novanta o la tradizione intellettuale europea del post fascismo e del neofascismo, la visione del mondo cospirazionista, gerarchica e non di rado apertamente antidemocratica ha fatto rivivere le tradizioni storiche delle organizzazioni dell’estrema destra e del fascismo brasiliano. 

Non sorprende, quindi, vedere la somiglianza tra alcuni intellettuali fascisti, come l’integralista Gustavo Barroso, le cui idee circolavano nel sottobosco fascista, religioso e militare nel Brasile del ventesimo secolo.

Sono stati i media vicini a Olavo de Carvalho a offrire uno spazio per la celebrazione dei simboli fascisti, come la “versione brasiliana” di Joseph Goebbels, incarnata da Roberto Alvim, allora segretario alla Cultura di Bolsonaro.

“Olavo ha ragione”

La frase “Olavo ha ragione”, così vicina alla frase di Mussolini “il Duce ha sempre ragione”, stampata su magliette e manifesti nelle marce in piazza, è stato un altro degli slogan di Olavo che si ispirava alla tradizione fascista.

Attingendo a una parte di queste idee – e portandole nel mainstream dell’arena politica nazionale – Olavo de Carvalho e i suoi seguaci si sono rifatti a una lunga tradizione del pensiero politico brasiliano e latinoamericano.

Questa tradizione è radicata nelle mitologie della dittatura politica e  nella nozione di politica come campo di battaglia, permeato da azioni persecutorie contro i nemici politici.

In questo contesto la politica diventa arma e strumento dei processi di fascistizzazione del populismo di destra a cui stiamo assistendo anche in Europa, America Latina e Stati Uniti.

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La guida ideologica di Bolsonaro non è stato un pensatore originale, ma è un divulgatore dell’assurdo, del nonsense autoritario antiscientifico che, tuttavia, è stato creduto e seguito alla lettera da tanti seguaci.

Un grande nemico della democrazia è morto, ma le sue idee, che già appartengono alla lunga storia del fascismo latinoamericano, continuano a minacciare il sistema democratico.

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