Quando Joe Biden si insedierà alla Casa Bianca non avrà vita facile. Donald Trump in queste ultime settimane del suo mandato sta mettendo in moto tutti i meccanismi necessari a prendere decisioni drastiche e che non sarà facile revocare una volta cambiata l’amministrazione. Sotto alla superficie dei tweet rabbiosi e strepitanti dell’attuale presidente, che sul suo profilo minaccia procedimenti giudiziari e continua a rivendicare la vittoria alle elezioni, si muove qualcosa. Come anche dietro alle storie di gossip che coinvolgono Melania: la terza moglie starebbe per piantare Trump in asso alla fine del suo mandato e le supposizioni circa il valore del patrimonio che riceverà, oltre ad alimenti per il figlio Barron e proprietà, già infiammano i commentatori.

Ma a lungo termine a creare problemi veri sarà il cosiddetto midnight ruling: l’abitudine comune alle amministrazioni di tutti i colori di sfruttare l’ultimo periodo del mandato per portare a casa norme che possibilmente complichino la vita al presidente che verrà. C’è da dire che a Washington la transizione non è neanche formalmente cominciata. Perché questo accada c’è bisogno che l’incaricato del provveditorato generale annunci il nuovo presidente, cosa che non è ancora successa: sarà dunque inevitabile un ritardo del processo.

Politica estera

I primi inghippi che Biden dovrà affrontare saranno soprattutto in ambito internazionale. Trump sta infatti cercando di accelerare la strategia di ritiro delle truppe americane da Iraq e Afghanistan. Negli ultimi giorni, Trump ha cacciato il segretario della Difesa, Mark Esper. L’ex capo del Pentagono aveva recentemente informato il presidente che «le condizioni non sono adatte per tagliare ulteriormente il numero di soldati presenti in Afghanistan», opponendosi di fatto alla mossa poi decisa da Trump. Si capisce dunque il senso politico del licenziamento: il presidente ha bisogno di qualcuno che controfirmi le decisioni senza obiettare. La scelta complicherà le difficili trattative per raggiungere una pace duratura, e potrebbe mettere Biden in una posizione complicata: quale leader vorrebbe autorizzare un invio di soldati come primo atto presidenziale?

Anche le relazioni con l’Iran rischiano di partire appesantite da un nuovo pacchetto di sanzioni contro il paese: per smontarlo, Biden dovrà dimostrare che il governo iraniano avrà compiuto sforzi sufficienti nella lotta contro il terrorismo. L’obiettivo di Trump è mettere ostacoli sulla via del neopresidente, intenzionato a ripristinare gli accordi sul nucleare iraniano del 2015 negoziati dall’amministrazione in cui era vicepresidente. Stesso discorso per la Cina, che va incontro a nuove sanzioni da imporre entro gennaio. La causa apparente sono le repressioni di Hong Kong, ma l’effetto collaterale sarà una complicazione dei rapporti commerciali tra Pechino e Washington.

Anche Israele sta sfruttando le ultime settimane della presidenza repubblicana: sotto lo sguardo compiacente dell’amministrazione Trump negli ultimi quattro anni i governi di Benjamin Netanyahu hanno dato il via libera alla realizzazione di numerosi insediamenti israeliani nei Territori palestinesi. L’ultimo è quello di Givat Hamos, nella parte orientale di Gerusalemme, che rischia di isolare le parti della capitale rivendicate dai palestinesi. L’accelerazione permette l’inizio delle aste per l’assegnazione dei terreni, che si concluderanno solo a pochi giorni dall’insediamento di Biden: sarà difficile per il neopresidente a quel punto chiedere passi indietro dal governo israeliano, anche se Biden ha già dichiarato di considerare le colonie illegittime.

Economia e ambiente

Trump sta cercando anche di insediare funzionari a lui vicini negli organismi statali più importanti: dopo la nomina negli ultimi giorni prima dell’elezione di Amy Coney Barrett alla Corte suprema, il presidente uscente sta spingendo per la conferma di Judy Shelton nel board della Fed: l’economista è nota per le sue idee radicali, tra cui il ritorno al gold standard. Il voto è in bilico, considerato che tre senatori repubblicani hanno annunciato di non volerla appoggiare.

Al Senato i repubblicani hanno una maggioranza di 53 a 47: a questo punto dovrebbe scendere in campo il vicepresidente Mike Pence, che, sfruttando il suo diritto di voto, potrebbe risolvere la parità a cui si va incontro. Grazie alle ultime decisioni dell’amministrazione Trump sarà poi molto più difficile imporre nuove misure di protezione dell’ambiente: i repubblicani stanno anche accelerando i tempi per mettere a disposizione nuovi permessi di trivellazione, soprattutto nell’Artico. La Casa Bianca ha deciso di vendere i diritti di alcuni siti nell’Arctic National Wildlife Refuge in Alaska. Da ieri le aziende possono scegliere i terreni in cui iniziare a trivellare il terreno, dopo che il Congresso, all’epoca in mano ai repubblicani, nel 2017 aveva dato un primo via libera alle esplorazioni.

 

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