In Italia una donna cinese ha ottenuto 48mila euro di risarcimento per 205 giorni di detenzione. Mentre in Francia Jack Ma telefona a un imprenditore per convincerlo a rimpatriare in Cina
È l’estate del 2022 e sulla testa di C.Z., imprenditrice di origine cinese e residente in Germania, pende un mandato di cattura internazionale per presunti reati economici spiccato dall’Interpol, organizzazione con sede a Lione, la cui missione è assistere le forze dell’ordine locali in tutto il mondo e rafforzare la cooperazione tra le forze di polizia, che conta ora 196 paesi membri.
Una cattura costata cara
La businesswoman è in viaggio in Italia, si trova ad Ancona e la polizia l’arresta pubblicando anche un trionfale comunicato, dicendo che «una latitante cinese, autrice di truffe miliardarie», è stata tratta in arresto. In effetti l’arresto c’è stato e la donna ha passato ben 205 giorni in prigione. Giorni che, allo Stato italiano, sono costati oltre 48mila euro di risarcimento.
Un caso tutto italiano, che si inserisce nella complessa cornice di una radicata tendenza cinese a utilizzare l’estradizione e il sistema delle red notice di Interpol contro i suoi presunti nemici, come svela l’inchiesta internazionale “China Targets” di Icij, l’International Consortium of Investigative Journalists, che ha visto la collaborazione di 43 partner mediatici in 30 paesi e punta a svelare i meccanismi della campagna di repressione globale del governo cinese contro i suoi presunti nemici e i governi e le organizzazioni internazionali che la consentono.
Il ruolo di Interpol
L’inchiesta ha scoperto che l’abuso dell’Interpol da parte della Cina fa parte di uno sforzo ben organizzato per mettere a tacere chiunque il Partito comunista cinese ritenga una minaccia al suo potere, compresi coloro che non si trovano in Cina.
Le autorità cinesi utilizzano anche la sorveglianza, l’hacking, il sequestro di beni finanziari e l’intimidazione dei familiari degli obiettivi in Cina, oltre ad altre misure, per neutralizzare chi critica il regime oltre i confini.
L’inchiesta “China Targets”
L’inchiesta si basa su interviste con oltre 100 obiettivi della repressione transnazionale cinese che ora vivono in 23 paesi, nonché su registrazioni video e audio segrete di interrogatori di polizia, documenti cinesi riservati e altre prove.
Ted Bromund, specialista in studi strategici e testimone esperto in casi legali che coinvolgono le procedure dell’Interpol, afferma che l’Interpol è diventata centrale nella campagna di repressione transnazionale cinese, uno “strumento” vitale per esercitare pressione su obiettivi all’estero. In particolare, la Cina usa le red notice «come uno spillo che trafigge una farfalla», ha affermato.
«Trattengono qualcuno, lo bloccano in un posto in modo che non possa scappare». In una dichiarazione all’Icij, Liu Pengyu, portavoce dell’ambasciata cinese a Washington D.C., ha affermato che «il governo cinese rispetta rigorosamente il diritto internazionale e la sovranità degli altri Paesi». Liu non ha risposto a domande specifiche sull’uso dell’Interpol da parte della Cina. E neppure il ministero della Pubblica sicurezza cinese ha risposto alla richiesta di commento di Icij.
La telefonata di Jack Ma
In Francia, nella primavera del 2021, l’imprenditore H. , mentre attendeva un’udienza di estradizione a Bordeaux legata sempre a una red notice emanata da Pechino, riceve una chiamata inaspettata da un vecchio amico e socio in affari, Jack Ma, fondatore del vasto impero del commercio al dettaglio e della tecnologia Alibaba, ricomparso di recente dopo essersi eclissato per tre mesi dopo aver tenuto un duro discorso di critica contro le autorità di regolamentazione finanziaria cinesi.
Jack Ma, su impulso delle autorità cinesi, aveva chiamato H. per convincerlo a tornare in Cina, come dimostrano i documenti del tribunale francese condivisi dai giornalisti di Radio France e Le Monde con Icij. Nella telefonata, Jack Ma dice: «Penso che tu non abbia altra scelta. Ora ti stanno dando una possibilità. Se non torni, ti distruggeranno sicuramente». H. risponde: «Capisco. Ci penserò».
L’azione di Pechino
Per due mandati consecutivi, un alto funzionario della polizia cinese è stato eletto membro del comitato esecutivo dell’Interpol, e Meng Hongwei, allora viceministro della Pubblica sicurezza cinese, è stato nominato presidente dell’Interpol nel 2016. La sua presidenza si è interrotta bruscamente due anni dopo, quando le autorità lo hanno arrestato con l’accusa di corruzione durante un viaggio di ritorno in Cina e lo hanno successivamente condannato a 13 anni di carcere.
La Cina è il secondo maggiore contributore dell’Interpol, un impegno calcolato in base al peso economico dei membri, con una spesa di 13,7 milioni di dollari nel 2024, dietro agli Stati Uniti con 19,8 milioni di dollari. La Cina, che ha distaccato 11 agenti presso il Segretariato generale dell’Interpol nel 2023, finanzia regolarmente operazioni speciali, tra cui alcune mirate alle frodi nelle telecomunicazioni e al traffico di armi illegali.
Il governo cinese afferma di aver utilizzato l’Interpol per localizzare, arrestare e rimpatriare almeno 479 presunti criminali nell’ultimo decennio. Afferma inoltre di aver rimpatriato 62 dei «100 principali obiettivi di notifica rossa» che il governo ha iniziato a rendere pubblici nel 2015.
Nei paesi che hanno firmato un trattato di estradizione con la Cina, una red notice può portare all’arresto, all’estradizione e all’espulsione. Gli Stati Uniti non arrestano le persone solo sulla base di una red notice. La Germania, a sua volta, non collabora con la Cina soprattutto perché, in base ad alcune sentenze europee, Pechino non offre garanzia di sicurezza alle persone identificate e da espatriare.
Altri paesi, tra cui Italia, Albania e Francia, avviano l’iter per l’estradizione, con esiti controproducenti per se stessi, come avvenuto per il caso italiano.
Il caso italiano
Tornando alla manager C.Z., la donna, accusata dai pubblici ministeri cinesi di «sottrazione indebita di denaro pubblico», ha dichiarato nei documenti processuali che le autorità hanno trattenuto suo fratello in Cina per costringerla a tornare in patria.
Un tribunale italiano ha successivamente ordinato il suo rilascio e ha respinto la richiesta di estradizione della Cina, stabilendo che avrebbe potuto subire un trattamento disumano e ingiusto nelle carceri cinesi. «L’imprenditrice ha ottenuto 48.343 euro di risarcimento dal governo italiano per l’ingiusta detenzione», ha dichiarato a Icij il suo avvocato Enrico di Fiorino.
Tramite il suo avvocato, l’imprenditrice ha chiesto che il suo nome non venisse pubblicato per proteggere i suoi familiari in Cina.
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