Dove risieda esattamente è un mistero. Prima stava in un appartamento a Milano, lo aveva scritto il Washington Post ormai tre anni fa. L’aveva intervistato perché era diventato un attivista, un paladino della libertà di pensiero, parola e protesta. Così si erano messi sulle sue tracce. E l'avevano trovato. Controllato. Minacciato. Spaventato. A quel punto aveva chiesto aiuto alla Questura. «Sono stati disponibili. Mi hanno aiutato. Ma alla fine mi hanno consigliato di cambiare casa».

L’attivista cinese ha fatto le valigie e, insieme ai suoi quattro gatti, si è trasferito da Milano a Torino. La storia si ripete. Lo trovano. Lo minacciano. Lo perseguitano. Violano la sua abitazione. E ancora, il buon consiglio della Questura, di cercare rifugio altrove. «Le autorità italiane mi hanno aiutato molto, ma sono impotenti quando si tratta di questioni fondamentali. Da un lato, il governo italiano non è determinato a confrontarsi con le forze dell'ordine transfrontaliere cinesi, che violano la sovranità italiana.

Dall'altro, poiché il Partito Comunista Cinese ha condotto queste attività in segreto e ha diretto e controllato i cinesi locali come agenti, le autorità italiane non sono state in grado di ottenere prove sufficienti», Teacher Li, pseudonimo di Li Ying, racconta a Domani gli ultimi mesi della sua complessa e complicata vita da key person, così vengono definiti gli individui considerati una minaccia per la sicurezza nazionale e per la stabilità politica cinese.

L’inchiesta di Icij

La definizione di key person emerge ai documenti ufficiali ottenuti dai giornalisti di Icij, l'International Consortium of Investigative Journalists, nel corso dell'inchiesta China Targets che si focalizza sui metodi utilizzati da Pechino per terrorizzare e silenziare i suoi detrattori. L'indagine giornalistica, durata 10 mesi, ha coinvolto 104 giornalisti di trenta paesi e 43 testate internazionali fra cui The Guardian, Paper Trail Media, The Washington Post, Le Monde, per l'Italia Domani, IrpiMedia e L'Espresso.

L'inchiesta rivela come Pechino sia riuscita a far leva sull'Interpol e il relativo sistema delle red notice per rintracciare i dissidenti espatriati, ma anche sulle Nazioni Unite, divenuto ventre molle da cui forzare la repressione transazionale cinese che, sotto il regime di Xi Jinping, ha subito un'accelerata.

I giornalisti di Icij hanno intervistato 105 vittime della repressione, cittadini cinesi, uiguri, tibetani, residenti di Hong Kong in 23 paesi del mondo. Un lavoro non facile per la reticenza degli intervistati, intimoriti dalle minacce del partito.

Metà delle vittime intervistate da Icij e dai suoi partner mediatici ha dichiarato che i famigliari in Cina sono stati intimiditi e interrogati dalla polizia o da funzionari della sicurezza statale. Molti hanno affermato che l'intimidazione è avvenuta poche ore dopo che le vittime stesse avevano partecipato a proteste o eventi pubblici all'estero.

Sessanta vittime dichiarano di essere state seguite o sorvegliate nel loro paese d'adozione. Ventiquattro hanno dichiarato di aver ricevuto minacce fisiche o di essere state aggredite da civili che sostenevano apertamente il Partito Comunista Cinese. Diciannove hanno dichiarato di aver ricevuto email sospette o di aver subito tentativi di hacking, anche da parte di attori statali.

Teacher Li e Chiang Seeta

Fra costoro c'è anche Li, la cui storia si intreccia a doppio filo con quella di Jiang Shengda, 31 anni, meglio noto con il nome d'arte Chiang Seeta, che oggi vive a Parigi.

Partiamo da lui. Jiang è figlio di un agente della sicurezza dello Stato cinese e nipote di un alto funzionario governativo. Ha trascorso una giovinezza dorata a Pechino, frequentando scuole d'élite insieme ai figli di altre figure ricche e potenti. A 18 anni partecipa al programma “China Partito della Democrazia”, un gruppo politico degli Stati Uniti che lottava per la creazione di una democrazia costituzionale in Cina. Ne viene deluso, lo abbandona ma viene comunque arrestato e accusato di sovversione del potere statale.

Jiang scopre che la polizia aveva raccolto un corposo dossier sulle sue attività, incluse email private e persino commenti fatti dalla sua maestra di scuola elementare quando era studente: «Non capivo perché il Partito Comunista Cinese avesse così tante informazioni su di me», ha detto, spiegando di essere stato trattenuto per tre notti e aver avuto il passaporto revocato per un anno.

Illustrazione ICIJ

A suo padre è andata peggio: è stato costretto ad abbandonare il suo lavoro nell'intelligence estera. Jiang nel 2018, all'età di 25 anni, si trasferisce a Parigi dove, nel 2019, sulla scia delle manifestazioni contro le nuove leggi sulla sicurezza in patria della comunità di Hong Kong, fonda il Fronte della Libertà in Cina. Il suo lavoro attira l'attenzione delle autorità cinesi e di una schiera di hacker, che attaccarono il suo sito web d'arte decine di volte, mentre Google lo avvertiva che «intrusi sostenuti dal governo» stavano cercando di rubare le sue password.

L'apice della pressione viene raggiunta a maggio del 2024. Xi Jinping è in viaggio in Europa e, mentre fa tappa a Parigi, Jiang organizza una manifestazione per denunciare l'oppressione dei diritti umani e delle libertà civili in Cina. Mentre sta per salire sul palco, sua madre è costretta dalla polizia cinese a chiamarlo. Lui non risponde: «Volevano che capissi che non avrei dovuto essere coinvolto in alcuna attività pubblica durante la visita di Xi Jinping. Poi ho pensato: se non salgo sul palco, allora le loro minacce avranno successo», racconta a Icij.

In seguito, il padre di Jiang gli raccontò che, mentre parlava al pubblico, gli agenti avevano chiamato, insistendo affinché il padre di Jiang li incontrasse nel cuore della notte. Questa volta gli agenti avevano un messaggio inquietante per i suoi genitori: «Se fa qualcosa di imbarazzante per il grande leader sarà difficile per noi gestirlo». Dopo la partenza di Xi da Parigi, le minacce contro Jiang e la sua famiglia sono cessate bruscamente, per poi ricominciare il mese scorso.

Questa volta, tre agenti della sicurezza, tra cui uno che aveva già parlato con i genitori, hanno incontrato il padre di Jiang in un bar di Pechino e gli hanno offerto da bere. Gli agenti gli hanno detto che suo figlio avrebbe dovuto smettere di collaborare con uno degli attivisti più ricercati in Cina, una key person, Li Ying, meglio noto come Teacher Li. Veniamo a lui.

Teacher Li e l’Italia

Ha 33 anni ed è nato nel Sud della Cina. Suo padre, per le sue idee, era perseguitato da Mao Tsetung. Giovanissimo arriva in Italia e si diploma all'Accademia delle Belle Arti di Carrara, per poi trasferirsi dal 2015 a Milano, con i suoi quattro gatti, dove insegna. Nel 2022 decide di pubblicare i video di manifestazioni e il malcontento provenienti dalla Cina durante la pandemia.

I suoi follower gli inviano foto e video censurati dai social media cinesi e, prima che vengano cancellati dai censori, li ripubblica sui suoi canali, offrendo uno sguardo raro e implacabile su aspetti della vita cinese che Pechino era riuscita, fino a quel momento, a celare al mondo. E, dopo la fase delle proteste anti covid, è passato a raccontare gli scandali scolastici, gli incendi nelle fabbriche, le proteste dei lavoratori migranti che chiedono salari arretrati. Ecco perché Li è in cima alla lista delle persone più attenzionate dal governo cinese.

«Per molto tempo gli agenti del partito cinese hanno fatto visita alla mia famiglia almeno una volta la settimana. Dopo la morte di mio padre, sono venuti a fare una visita di condoglianze. Poi non sono più tornati», racconta a Domani. E continua: «Negli ultimi due anni, per motivi di sicurezza, sono uscito raramente. L'ambasciata cinese ha convocato la Camera di commercio cinese per cercarmi e ha scritto alla scuola di Milano dove lavoravo chiedendo di recidere ogni legame con me. Quindi ora mi guadagno da vivere come Youtuber».

Illustrazione ICIJ

Un tema, quello del suo sostentamento, che ha suscitato non poche polemiche. A gennaio, come racconta The Guardian, Li ha creato un secondo account e lanciato il meme bitcoin “$Li community” con 10mila followers per «aiutare le persone della diaspora a unire le forze e creare qualcosa insieme».

Ma questa mossa è stata interpretata da alcuni follower come un tentativo di monetizzare la fiducia ottenuta attraverso dagli attivisti. Del resto, sono molti i dissidenti che si sono trovati con i conti correnti bloccati e hanno faticato a trovare un lavoro all'estero (proprio come Li) a causa delle pressioni dell'amministrazione cinese.

A luglio del 2023 Teacher Li ha fatto richiesta di asilo politico in Italia perché in quel periodo «erano stati pubblicati su internet i dati del mio passaporto e l'indirizzo della mia residenza e in seguito sono stato minacciato a casa da sconosciuti». Nel novembre del 2024 gli è stato concesso l'asilo politico in Italia ma, nonostante questo, continua a mantenere nascosta la sua residenza.

«A marzo l'ambasciata ha convocato nuovamente una riunione della Camera di Commercio cinese per trovarmi, quindi ho chiesto aiuto alla Questura.

Ad aprile ho incontrato le autorità italiane, che mi hanno consigliato di lasciare la città in cui stavo vivendo per la mia sicurezza. Ora mi trovo in un luogo sicuro, dove non sono ancora venuti a cercarmi». Teacher Li, recentemente, è stato anche nominato per il Premio Nobel per la Pace. Dovrebbe renderlo orgoglioso, ma «da quando sono stato nominato, c'è stato un aumento delle calunnie contro di me su internet.

Ci sono un gran numero di account che hanno iniziato a scavare nel torbido e a diffondere voci su di me. Allo stesso tempo, ho anche ricevuto anche molto sostegno virtuale. Chiunque provi ad avvicinarsi a Li Teacher subisce le attenzioni del partito comunista. È successo anche a Jiang che non ha fatto mistero di voler fare un reportage sull'attività di Teacher Li. Ecco perché gli anziani genitori di Jiang sono stati nuovamente avvicinati dagli agenti che avrebbero detto di stare alla larga da Li, essendo un “individuo chiave”; cioè una minaccia per la Cina.

Le reazioni

Sul fronte italiano, Giulio Terzi, senatore di FdI, già ministro degli Esteri nel Governo Mario Monti, con una lunga carriera da ambasciatore, su Twitter nel 2024, prendeva posizione a difesa di Teacher Li che, «residente a Milano, ci ricorda l'inarrestabile campagna di censura, da parte di Pechino, nel tentativo di bloccare qualsiasi voce di dissenso in Cina, come in ogni parte del mondo». Tuttavia, contattato da Domani, non era disponibile a commentare perché si trovava in viaggio all'estero.

Un grande cambiamento nella percezione pubblica si è verificato nel 2022, quando Safeguard Defenders ha pubblicato un rapporto su come associazioni imprenditoriali cinesi e altre attività di servizio alla comunità fungessero da centri segreti di sorveglianza. All'epoca anche il ministro degli Interni Matteo Piantedosi aveva promesso di intervenire per limitare l'ingerenza di Pechino. Ma nulla è cambiato.

Da allora, il Parlamento europeo ha chiesto una risposta armonizzata degli Stati membri dell'Ue alla repressione transnazionale da parte di "regimi illiberali", tra cui la Cina. La Svizzera ha indagato sull'oppressione cinese dei tibetani e degli uiguri residenti nel suo territorio e ha concluso che la repressione transnazionale rappresenta una minaccia per la democrazia, proprio come il terrorismo, perché erode la libertà di azione e di espressione.

E nel Regno Unito, una commissione governativa ha recentemente ascoltato esperti e vittime nell'ambito di un'inchiesta sulla questione.

Tuttavia, secondo Parello-Plester, ex consigliere per la Cina del ministero degli Esteri danese, che nel 2011 fu contattato da un agente cinese per diventare una spia, le nazioni democratiche non hanno ancora raggiunto un livello di comprensione e consapevolezza tale da poter affrontare l'influenza e l'interferenza della Cina. «Siamo in una situazione di dormiveglia».


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