Mentre chi festeggia Natale, Capodanno e l’Epifania comincia l’anno nuovo e riprende le attività lavorative, magari con qualche buon proposito in più, l’universo di cultura cinese si prepara a stiracchiarsi, a cucinare pasti ricchissimi e a visitare familiari ed amici dato che i festeggiamenti hanno inizio solo adesso. Il 22 gennaio è iniziata infatti la Festa di Primavera, ovvero il capodanno lunare, spesso indicato come “capodanno cinese” – ma festeggiato anche in Vietnam e Corea del Sud.

Le ferie più lunghe dell’anno durano quindici giorni, e sono marcate da un succedersi di festeggiamenti, rituali, tradizioni da osservare, e, soprattutto, cibi propiziatori che devono aiutare a far partire l’anno nuovo nel modo migliore per quanto riguarda carriera, finanze, salute e unità familiare. Quest’ultima voce sostituisce la categoria “amore” degli oroscopi occidentali: anche oggi che la Cina è la seconda economia al mondo, la Festa di primavera non cerca affatto di camuffare le sue origini contadine, anzi, e reputa dunque l’armonia familiare fra figli e genitori più importante che le relazioni di coppia. A cui corrisponde una serie di piatti che inneggiano all’unione, in particolare per il cenone della vigilia di capodanno, tradizionalmente la “cena della riunificazione”, dato che tutti i membri della famiglia cercano di recarsi a casa.

Non si tratta solo di esibire fasto e ricchezza, o di cucinare i piatti stagionali più adatti alla località in cui ci si trova. Il menù di capodanno, in Cina, è selezionato anche in base a uno dei perni principali della cultura cinese: l’omofonia, ovvero la corrispondenza di suoni fra una parola e l’altra (una caratteristica fondamentale delle lingue tonali, come lo sono le lingue sinofone).

Prima di addentrarci nei dettagli culinari, facciamo alcuni esempi per rendere più facile la comprensione di questa faccenda: dal nord al sud della Cina, sulle tavole del capodanno ci saranno diverse verdure a foglia larga, dato che il termine generico con cui sono indicate è cai in mandarino (pronunciato tsai, con la prima lettera simile alla z di zeta) oppure choi in cantonese (l’inizio è simile alla parola italiana “ciocco” ), e che queste sillabe suonano uguali alla sillaba cai/choi che, con un’inflessione tonale diversa, significa ricchezza.Un po’ come se le nostre lenticchie si chiamassero … soldicchie, e non ci fosse bisogno di guardare alla loro forma piatta e rotonda tipo monete per decidere che portano fortuna, ma ci si affidasse al suono della parola e alle sue affinità per stabilire che, consumandole a capodanno, si ingrazieranno le divinità della ricchezza che saranno sospinte a portarci tanti soldi in cambio delle lenticchie che abbiamo mangiato. Le metonimie delle tavole cinesi sono dunque innumerevoli, dato che non si basano solo su similitudini visive, ma anche assonanze verbali.

Assonanze, omofonie, ricchezza e fortuna

Uno dei piatti più frequenti a Hong Kong e nella regione meridionale del Guangdong in occasione del capodanno lunare è una prelibatezza al vapore preparata con lattuga e ostriche essiccate, condita con salsa di ostriche, dal momento che si pronuncia sang choi ho si: le prime due sillabe, con il “choi” che abbiamo visto sopra, suonano come “far crescere soldi” mentre le ultime due suonano come se si dicesse “buone cose”.

C’è chi preferisce invece un piatto che si chiama fat choi ho si– cucinato con un’insolita pianta insapore a lunghi filamenti neri, chiamata alga nera cinese, o meno appetitosamente “verdura di capelli”, che si strappa dal deserto del Gobi e dalle pianure del Qinghai (quella tradizionale era un mini disastro ambientale, dato che rendeva più grave l’inaridimento del suolo, ed ora la produzione di quest’alga terrestre è regolamentata, e diventata più cara).

Il suo costo è aumentato, e dunque se ne utilizza solo un pizzico, ma il nome del piatto resta omofono di arricchirsi e buone cose. Una volta cotta, ha una consistenza simile agli spaghettini di riso, e prende il sapore dalle ostriche e dai funghi shitake con cui è cucinato.

In questi giorni nei mercati e nei negozi di attrezzi domestici si possono trovare diversi tipi di formelle, in plastica, metallo o silicone, a forma di pesce: queste servono per preparare dei dolci di riso glutinoso, o riso dolce (non contiene glutine, malgrado il nome) che si mangiano in particolare al sud. Qui, le omofonie sono doppie: la forma a pesce è perché yu può significare anche “profitto”. E il dolce di riso si chiama niangao (mandarino), o lingou (cantonese), letteralmente “anno alto”, che significa anche migliorare (ogni) anno. Il pesce è anche presente non solo come forma, ma come piatto, per lo più al vapore, sempre per la sua assonanza con i profitti, ma bisogna stare attenti sia a lasciare un po’ di carne di pesce attaccata alle spine (così che i profitti siano talmente tanti da essere d’avanzo) che a non girare il pesce per staccarne con comodità la parte di sotto, dato che questo corrisponde a ribaltare le fortune, il contrario di quanto auspicabile.

Ma i niangao sono disponibili in molte versioni diverse, spesso legate a variazioni regionali, che prevedono che la pasta di farina di riso glutinoso possa essere sia cucinata come piatto salato, in questo caso tagliato a fette o tronchetti e aggiunto a piatti saltati in padella o a stufati, oppure dolce, come dessert: l’importante è che ci sia, e che garantisca che di anno in anno si cresca – o in posizione professionale, o in altezza per i più piccini, o nei conti in banca.

Le variazioni regionali 

Le variazioni regionali sono importanti e significative: al nord, si mangiano più piatti a base di grano, fra cui i famosi ravioli, essenziali a capodanno perché la loro forma ricorderebbe i lingotti d’oro (che effettivamente nell’antica Cina avevano una forma un po’ simile) e hanno nascosti dentro dei “tesori”. Sempre al nord è tradizione servire un pollo intero, con tanto di testa e piedi (i piedi di gallina sono considerati una prelibatezza) e qui entra in gioco l’omofonia, di nuovo: pollo si dice ji, che è anche il modo in cui si dice prosperità, o fortuna.

Un dolce è immancabile sulle tavole della cena delle riunioni, e si tratta delle tangyuan, delle palline di riso glutinoso riempite di una pasta dolce di sesamo, o di altri tipi di noci o frutta secca, e cotte in un brodo zuccherato, un insieme forse inusuale in Italia, ma assolutamente delizioso. Si mangiano spesso per la festa della Luna, in autunno, dato che la loro rotondità ricorda per l’appunto la forma della luna piena, ma vengono anche consumate per capodanno perché la forma, e la pronuncia, indicano il riunirsi.

Guo Ting, ricercatrice associata all’Università Cinese di Hong Kong, shanghaiese di nascita, sottolinea che “le differenze regionali per i cibi di buon auspicio per capodanno vanno enfatizzate: a Shanghai, e in tutta l’area del Jiangnan (che comprende la Cina centrale, culla della cultura cinese considerata più raffinata) si mangiano piatti come il babaofan, ovvero il riso degli otto tesori (un dolce al vapore fatto di riso condito con frutta, noci e pasta di fagioli dolci), ravioli di uova e uno stufato di maiale con germogli di bambù. A Shanghai, più ancora delle assonanze, conta il numero dei piatti: multipli di otto”: ovvero, il numero portafortuna della Cina intera.

Gli agrumi sono presenti sia sulle tavole che come regalo da scambiarsi nel corso delle festività, dato che anche nell’universo cinese ci si rifà alla loro forma rotonda e al colore dorato per decidere che sono di buon augurio dal momento che ricordano splendenti monete d’oro. In modo del tutto inconsapevole, il colpaccio più sensazionale per il capodanno cinese lo ha fatto la Ferrero, che con i suoi Ferrero Rocher ha creato esattamente il regalo perfetto da scambiarsi: rotondo, quindi simbolico di unità, dorato, portatore dunque di fortuna economica, e ripieno, quindi con ricchezze ulteriori. Non a caso per alcuni anni l’azienda italiana ha dovuto combattere una causa legale contro diversi imitatori, riuscendo a vincere, anche perché nella stessa Cina per Capodanno nessuno vuole l’imitazione di un portafortuna.

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