- Era il 17 gennaio 2017 quando, dal palco del World economic forum, Xi Jinping si produsse nella più appassionata perorazione in favore della globalizzazione mai pronunciata da un leader comunista.
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Ma un anno dopo l’esplosione a Wuhan del nuovo coronavirus, il Partito ha preso atto che l’onda lunga di quella globalizzazione che nel ventennio Jiang Zemin-Hu Jintao (1989-2012) aveva trasformato la Repubblica popolare nella “fabbrica del mondo” si è esaurita.
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Del resto, le inversioni di rotta sembrano appartenere al Dna di un Partito che, in pochi decenni, ha imposto ai cinesi il Grande balzo in avanti e la Rivoluzione culturale sotto Mao, la stagione di Riforma e apertura di Deng e, con Xi Jinping, il ritorno al ruolo guida dello stato sull’economia e la società.
«Qualsiasi tentativo di interrompere il flusso di capitali, tecnologie, prodotti, industrie e persone tra le economie, e di riportare le acque dell’oceano in laghi e ruscelli isolati è destinato a fallire, perché va contro la corrente della storia». Era il 17 gennaio 2017 quando, dal palco del World economic forum, Xi Jinping si produsse nella più appassionata perorazione in favore della globalizzazione mai pronunciata da un leader comunista. Un discorso – tre giorni prima dell’ingresso di D



