Tra i morti e i vivi di Hebron: «Uccidono anche i bambini. Basta uno sguardo di troppo»

Hebron – Mohammad Al-Hallaq, undici anni, stava giocando a calcio nel parco giochi della scuola ad al-Rihiya, nei pressi di Hebron, sud della Cisgiordania occupata, quando un militare israeliano gli ha sparato al bacino, uccidendolo. Il padre, Bahjat, racconta che il 16 ottobre quattro jeep militari hanno fatto irruzione nella cittadina intorno alle cinque del pomeriggio. Quando i bambini hanno visto arrivare i veicoli, si sono rifugiati dietro la scuola. L’esercito israeliano ha iniziato a sparare verso di loro. Subito dopo, i militari hanno lanciato gas lacrimogeni per impedire a chiunque di avvicinarsi e prestare soccorso. Dopo aver colpito Mohammad, il soldato israeliano avrebbe iniziato a festeggiare con il fucile alzato dalla jeep. In un’area circondata da basi militari e da continui attacchi dei coloni, il parco giochi è l’unico spazio pubblico dove i bambini possono giocare in sicurezza. I genitori raccontano che i bambini non ci vanno più e vivono con la paura costante di essere uccisi. Bahjat ha ricevuto la notizia dal fratello mentre si trovava al lavoro. Un video diffuso subito dopo l’accaduto mostra Muhammad sdraiato sui sedili posteriori di un’auto, il corpo coperto di sangue. I vicini stavano tentando di portarlo al vicino ospedale di Yatta, ma l’esercito israeliano ha bloccato la strada. Sono stati costretti a cambiare percorso, perdendo mezz’ora. La sera stessa dell’assassinio, un ufficiale dell’intelligence israeliana ha telefonato al fratello del padre per porgere le condoglianze e annunciare che il giorno seguente sarebbero arrivati per raccogliere prove. Alle sei del mattino, i militari si sono presentati nel quartiere e hanno interrogato alcuni vicini per ricostruire la vicenda. Gli Usa “sgridano” Netanyahu. Stop al blitz sulla Cisgiordania I sogni di Mohammad La famiglia e i vicini hanno sepolto Mohammad la sera stessa, nel cimitero di famiglia. «Sognava di diventare cardiochirurgo. Era più maturo della sua età», racconta il padre. «Provo rabbia, ma voglio solo che chi ha premuto il grilletto sia ritenuto colpevole. Se il soldato avesse un figlio, accetterebbe che qualcuno lo uccidesse? L’occupazione militare israeliana è crudele e mostruosa. Se un bambino li guarda, vogliono ucciderlo. Vogliono cancellare i palestinesi. Si comportano come delle gang, non come uno Stato democratico». Il giorno dopo, l’esercito israeliano ha riconosciuto di aver ucciso Mohammad affermando che l’incidente è avvenuto «al di fuori delle regole di ingaggio». Arrestato senza prove, torturato e deportato. La storia del palestinese Mourad in Israele Un bambino su cinque Dal 7 ottobre 2023 sino a oggi, l’esercito israeliano e i coloni hanno ucciso in Cisgiordania più palestinesi che negli ultimi vent’anni. Secondo l’Alto commissariato per i diritti umani, oltre mille palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane e dai coloni: una vittima su cinque era un bambino. Sono violenze quotidiane che si intrecciano con un clima di impunità per i soldati responsabili di simili crimini. Un’indagine di Action on Armed Violence rileva che Israele ha chiuso l’88 per cento delle inchieste su presunti crimini di guerra e abusi commessi dalle sue forze a Gaza e in Cisgiordania senza alcuna accusa o provvedimento. Israele e Hamas, le instabilità incrociate che mettono a rischio il piano di pace Nel nord della Cisgiordania, a Nablus e Jenin, i residenti denunciano raid continui. «Non c’è giorno in cui l’esercito non entri per arrestare o uccidere qualcuno», spiega Ibrahim Jammal, del Yafa Cultural Center nel campo profughi di Balata a Nablus. «La vita nel campo è segnata da uno stress costante e dall’ansia, a causa delle violenze continue che rendono impossibile sentirsi al sicuro. In ogni momento si rischia di rimanere feriti o di essere uccisi». Di notte e di giorno, i corpi dei ragazzi restano a terra, a ogni angolo della strada. I raid, che un tempo prendevano di mira obiettivi specifici, ora colpiscono indiscriminatamente. I residenti temono che la pressione militare aumenterà ulteriormente dopo la tregua raggiunta a Gaza tra Israele ed Hamas. Sempre secondo l’Alto commissariato per i diritti umani, nonostante l’assenza di ostilità armate in Cisgiordania, le forze israeliane hanno condotto 108 attacchi aerei e utilizzato armi da guerra contro i campi profughi di Jenin, Tulkarem, Tubas e Nablus, uccidendo 445 palestinesi, distruggendo gran parte dei campi e sfollando con la forza tra 30mila e 40mila persone. Ancora raid in Cisgiordania, dove la pace non è mai stata così lontana Le autorità militari giustificano queste operazioni con motivi di sicurezza, sostenendo che gli uccisi fossero terroristi. Ma l’Ufficio diritti umani delle Nazioni Unite ha verificato che la maggior parte delle vittime era disarmata, indicando la possibilità di uccisioni sistematiche illegali.