Parla il presidente dell’autorevole istituto Ifo di Monaco di Baviera: «I conflitti commerciali provocati dal tycoon potrebbero aggravarsi e alla fine scatenare una crisi globale. Per scongiurarlo, i paesi devono negoziare tra loro e garantire la sopravvivenza del sistema di commercio globale basato su regole – stiamo parlando dell'85 per cento del commercio globale – al di fuori degli Stati Uniti»
Siamo nel pieno del vortice delle tariffe trumpiane, e il Vecchio Continente, alla prova dei fatti, non sa bene come uscirne. Come se non bastasse, per dirla con le parole di Clemens Fuest, presidente dell’autorevole istituto Ifo di Monaco, i dazi non sono altro che «la punta dell’iceberg» in uno scenario che oramai è forgiato in tutto e per tutto dall’incertezza provocata dal presidente americano non solo sui mercati, ma in tutti i gangli vitali dei processi decisionali globali. Nel giorno in cui entrano in funzione, nello sconcerto generale, le nuove tariffe del 50 per cento lanciate sull’acciaio e l’alluminio a dispetto delle negoziati in corso con gli emissari della Commissione Ue, il grande economista tedesco non esita a porre l’accento sulla grande volatilità provocata dal tycoon della Casa Bianca. E soprattutto sul rischio di un meccanismo domino che potrebbe trascinarci verso una crisi economica mondiale.
Professor Fuest, molti ritengono che la guerra commerciale provocata dal tycoon potrebbe innescare effetti a catena che alla fine potrebbero rivelarsi difficilmente controllabili.
I dazi statunitensi comporteranno una notevole deviazione degli scambi commerciali. Ad esempio, molte aziende europee temono che in futuro la Cina offrirà più merci a prezzi più bassi nell'Unione europea. Ciò è positivo per i clienti, ma negativo per i concorrenti europei dei fornitori cinesi. Dunque questo potrebbe spingere l’Ue a rispondere con tariffe doganali contro la Cina. Il che a sua volta potrebbe scatenare contromisure in Cina. I conflitti commerciali potrebbero aggravarsi e alla fine scatenare una crisi globale. Questo va evitato.
Certo, ma cosa possono fare gli Stati per scongiurare un tale scenario?
In sostanza, i paesi devono negoziare tra loro e garantire la sopravvivenza del sistema di commercio globale basato su regole – stiamo parlando dell'85 per cento del commercio globale – al di fuori degli Stati Uniti.
Eppure, Trump sostiene che saranno proprio i dazi a sanare il bilancio statunitense. È plausibile?
Direi proprio di no. La strategia del presidente americano è costruita sulla sabbia. Certo, intanto bisognerà attendere per vedere come si concluderanno le trattative in corso, anche se comunque tutto fa presupporre che alla fine rimarranno come minimo tariffe al 10 per cento, in alcuni settori probabilmente saranno ancora più alte. Permarrà in ogni caso un alto livello di insicurezza generale. Ma va detto che questa politica non è assolutamente conciliabile con gli interessi economici e geopolitici degli Stati Uniti. In sostanza, gli effetti negativi sulla crescita e l'aumento dei prezzi al consumo supereranno le entrate fiscali sperate. Inoltre c’è il rischio che i tassi di interesse sui titoli di Stato statunitensi aumentino a seguito della politica tariffaria, gravando così ulteriormente sul bilancio nazionale. Un aumento di 0,5 punti percentuali corrisponderebbe a un onere aggiuntivo per gli interessi di circa 150 miliardi di dollari all'anno. Insomma, i dati dimostrano che la strategia tariffaria statunitense non porterà al successo fiscale sperato. Al contrario, indebolirà ulteriormente l'economia statunitense.
Grandi agenzie di rating come Fitch hanno previsto significative cadute della crescita a livello globale. Cosa dovremmo aspettarci da questo punto di vista? Cosa potrebbe cambiare per i bilanci europei?
Da questo punto di vista è necessario ricordare che diversi paesi in Europa sono altamente indebitati. Secondo me è importante che la politica economica europea si orienti con maggiore decisione ad innescare dinamiche di crescita. Ma potrebbero formarsi delle criticità importanti se i tassi d’interesse nel Vecchio Continente continuassero a salire, anche se al momento questo non sembra probabile.
Potrebbe essere sensato per l'Ue rispondere alle erratiche politiche commerciali di Trump nello stesso modo in cui ha reagito ad un’altra emergenza globale come pandemia? Ossia con una Next Generation Eu, o addirittura con una sorta di Piano Marshall europeo? Cosa consiglierebbe a Ursula von der Leyen?
Guardi, per la verità l'ultimo fondo per il debito non è riuscito ad aumentare in modo sostenibile la crescita in Europa. Io penso che l'Ue dovrebbe concentrarsi sull'approfondimento del mercato unico europeo, in particolare eliminando le barriere al commercio dei servizi. Questo sì che rafforzerebbe la concorrenza e la crescita in Europa.
Professore, ma sono davvero i dazi in sé il problema, o piuttosto l'instabilità globale che Trump sta causando, anche in termini di dinamica delle relazioni tra i paesi e quelle che una volta erano processi decisionali standardizzati?
Lo ripeto: i dazi sono solo la punta dell'iceberg. L'attuale politica degli Stati Uniti sta mettendo in discussione la cooperazione dei paesi industrializzati occidentali in molti settori, non ultimo quello della politica di sicurezza. E questo ovviamente crea molta incertezza.
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