Xi Jinping e Vladimir Putin andranno avanti con la loro partnership “senza limiti”, nonostante l’escalation bellica in Ucraina, oppure, come auspicato da Henry Kissinger, all’indomani del XX congresso del Partito comunista cinese assisteremo a una “ricalibratura” delle relazioni tra la Repubblica popolare cinese e la Federazione russa?

Nel corso del Valdai Discussion Club che si è chiuso giovedì a Mosca – intitolato “Un mondo post-egemonico: giustizia e sicurezza per tutti” (sic!) –, Putin ha fornito finalmente una versione ufficiale di come andò tra lui e Xi il 4 febbraio scorso, quando – 20 giorni prima dell’invasione dell’Ucraina – sottoscrissero la “Dichiarazione congiunta sull’ingresso delle relazioni internazionali in una nuova era e sullo sviluppo globale sostenibile”.

Ebbene, Putin ha sostenuto che, al margine delle Olimpiadi invernali di Pechino, non informò il leader cinese che di lì a tre settimane l’armata russa avrebbe attaccato Kiev. Del resto – ha puntualizzato – «non ce n’era bisogno, perché prendiamo decisioni sovrane, sia la Russia sia la Repubblica popolare cinese».

Putin, che a metà settembre aveva già dichiarato di «comprendere le domande e le preoccupazioni della Cina» sulla guerra in Ucraina, non solo ha scagionato Xi, ma ha aggiunto che «la leadership cinese sostiene soluzioni pragmatiche ed equilibrate alla crisi in Ucraina con mezzi pacifici e noi rispettiamo questa posizione».

Diplomazia al lavoro

Negli ultimi giorni, dopo aver evacuato centinaia di connazionali ancora rimasti nell’Ucraina sconvolta dalla guerra, il governo cinese ha fatto pressione su Mosca per scongiurare l’impiego di una bomba nucleare tattica da parte dell’armata russa impantanata.

Durante una video chiamata tra Sergei Shoigu e Wei Fenghe, il ministro della Difesa russo ha informato il suo omologo cinese della possibilità che siano gli ucraini a utilizzare una “bomba sporca” in un’operazione sotto falsa bandiera, per attribuirne la responsabilità a Mosca. Un’ipotesi che non ha convinto né tanto meno rassicurato i cinesi.

Giovedì scorso i rispettivi ministri degli Esteri, Sergei Lavrov e Wang Yi, si sono sentiti al telefono per una conversazione che – secondo gli analisti cinesi – aveva lo scopo di rassicurare il quasi-alleato che la posizione cinese non cambierà.

Wang e Lavrov hanno discusso anche di Ucraina, e – secondo quanto riferito da Wang Wenbin – «la parte russa ha espresso la volontà di avviare un dialogo e riprendere i negoziati con l’Ucraina e gli Stati Uniti, cosa che la Cina accoglie con favore». Il portavoce del ministero degli Esteri ha sottolineato che Pechino «spera che le parti interessate intensificheranno gli sforzi diplomatici e alleggeriranno e risolveranno la situazione il prima possibile attraverso negoziati e altri canali politici».

L’alleato indebolito

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Wang Wenbin ha riportato che anche Wang Yi e Lavrov «si sono scambiati opinioni sul divieto dell’uso di armi di distruzione di massa. La Cina ha sottolineato la necessità di evitare un’ulteriore escalation e prevenire disastri umanitari».

Il ministro degli Esteri di Pechino promosso dall’assise quinquennale tra i 24 leader dell’ufficio politico (al numero nove della nomenklatura del Pcc), e in procinto di diventare il direttore della commissione centrale Affari esteri (l’organismo del Pcc che dirige la diplomazia della Rpc), ha ribadito il sostegno politico di Pechino a Mosca nell’ambito della “partnership strategica onnicomprensiva”.

«La Cina sosterrà fermamente la Russia, sotto la guida del presidente Putin per affermare ulteriormente lo status della Russia come grande potenza sulla scena internazionale», ha assicurato Wang a Lavrov. Il sogno cinese rimane quello di costruire (anche assieme alla Russia) un ordine globale alternativo a quello liberale.

Per questo – ha aggiunto Wang – «la Cina è disposta ad approfondire gli scambi con la Russia a tutti i livelli, spingere le relazioni Cina-Russia e la cooperazione in vari campi a un livello più alto. E a fornire maggiore stabilità al mondo turbolento».

Ma il conflitto destabilizza l’economia globale, mentre Putin è notevolmente indebolito e l’economia russa sempre più dipendente dall’esportazione in Cina di materie prime, e dallo yuan per le transazioni internazionali. Xi, uscito rafforzato dal congresso, può provare a ridurre Putin a più miti consigli, senza rinnegare la partnership “senza limiti” con la Russia.

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