Il 4 dicembre scadranno i termini delle indagini sull’omicidio di Giulio Regeni, la procura dovrà decidere se, sulla base delle prove acquisite, potrà chiedere un rinvio a giudizio, o decidere che le prove raccolte non sono sufficienti per imputare i cinque agenti della sicurezza egiziana indagati. L’allora premier Matteo Renzi sostiene che non sia vero che l’Egitto non ha collaborato. Per il presidente della commissione di inchiesta parlamentare, Erasmo Palazzotto (LeU), ci sono le prove che il paese non ha agevolato la procura: «Abbiamo evidentemente punti di vista diversi. Per quello che risulta agli atti non c’è stata nessuna collaborazione». Il presidente chiede adesso che il governo prenda le distanze dall’Egitto.

La proroga della commissione

L’audizione di Renzi martedì 24 novembre ha concluso la parte dell’indagine parlamentare «sulla cooperazione giudiziaria e la ricerca della verità» dice Palazzotto. I ritardi dei lavori a causa del Covid-19, e il buio che ancora avvolge la tortura e l’omicidio del giovane ricercatore al Cairo, hanno spinto «tutti i gruppi parlamentari» a chiedere una proroga. I deputati l’hanno approvata all’unanimità il giorno dopo l’audizione di Renzi: «Scadrà tra dieci mesi ci siamo dati dei tempi. La verità storica deve arrivare prima di quella giudiziaria».

Ascoltato dai parlamentari Renzi ha detto: «La non collaborazione è un falso. La non sufficiente collaborazione egiziana è la realtà, ma se noi diciamo che gli egiziani non hanno fatto niente, non ci rendiamo conto anche del perché la loro reazione sia una reazione, come posso dire, di stupore».

Il presidente della commissione però ha subito ribattuto nel corso dei lavori, ed è scettico anche su come si muoverà l’Egitto in futuro: «Non mi aspetto evoluzioni significative sul terreno della collaborazione giudiziaria, quello che possiamo registrare nonostante l’ultimo tentativo del presidente del consiglio Giuseppe Conte è una non disponibilità dell’autorità egiziana», attualmente, ricorda, «non hanno neanche fornito gli indirizzi dei cinque agenti indagati per notificargli le indagini».

La procura di Roma avrà il compito, se potrà, di formulare l’accusa. Palazzotto ribadisce che quello che sta fronteggiando il caso infatti «è un fallimento», non delle indagini «ma delle cooperazioni». Le prove acquisite hanno reso comunque «evidente che Regeni è stato ucciso da pezzi d’apparato dello stato egiziano». Alla commissione, dal canto suo, spetterà il compito di accertare la verità storica su che cosa è accaduto a Giulio Regeni «per fare luce su quelle zone d’ombra su quella vicenda, a partire sul perché è stato ucciso». Adesso «dovremo indagare le circostanze in cui è stato torturato e ucciso. Il movente che ancora manca».

Le mosse future

I commissari avevano in programma due missioni all’estero, sia in Egitto che in Gran Bretagna, il paese dove Regeni stava svolgendo il dottorato all’università di Cambridge che lo ha portato al Cairo a compiere le sue ricerche. Il coronavirus però ha bloccato tutti i piani dei parlamentari. «Tenteremo fino all’ultimo di ascoltare la tutor del ricercatore, compito della commissione deve essere anche quello di provare a ottenere ogni tipo di collaborazione». Fino ad adesso la tutor britannica di Regeni «ha scelto la via del silenzio e di non collaborare con le nostre autorità, benché sia stata interrogata dalle autorità inglesi per conto di quelle italiane. Ha dato risposte molto reticenti».

Con l’Egitto dovrà intervenire il governo. «Deve avviare un’azione diretta nella limitazione dei rapporti bilaterali. Si parla del ritiro dell’ambasciatore, ma io credo che sia l’ultimo dei problemi. Si tratta di un atto di rottura nelle relazioni diplomatiche, ma che non è più sufficiente». L’Italia, conclude, «dopo il 4 dicembre deve chiedere un’assunzione di responsabilità da parte europea che metta in discussione la natura dei rapporti che i paesi dell’unione hanno con i paesi dove vengono violati i diritti umani».

Su quali siano i motivi che spingano Renzi, parte della maggioranza che sostiene l’esecutivo, ad avere una posizione diversa sull’Egitto «bisogna chiedere a lui, in commissione non ha risposto». Ma per Palazzotto non c’è possibilità che ci siano spaccature sulla posizione che dovrà assumere l’Italia: «Il governo dovrà cogliere il segnale politico molto forte dato dalla richiesta unanime della proroga della commissione».

I genitori di Regeni sono costantemente informati dei lavori in parlamento. «Seguono costantemente i lavori. Questo paese deve loro riconoscenza per come hanno saputo trasformare un dramma familiare in una battaglia di civiltà che è diventata la spina dorsale della coscienza di questo paese», adesso, «speriamo in parte di essere all’altezza delle aspettative che questa famiglia continua a riporre in questo paese».

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