Il 20 settembre 2016, quasi al termine dell’era Obama, Renata Hesse, sostituto procuratore generale della Sezione Antitrust ha tenuto un interessante discorso sull’applicazione dell’antitrust. «L’antitrust sta di nuovo facendo notizia, e non mi riferisco solo alle pubblicazioni sul tema», diceva Hesse. Oggi è evidente che i monopoli sono un problema, ma nel 2016, quando tenne il discorso, il dibattito sui monopoli era appena iniziato e l’establishment aveva cercato di ignorarlo. In quell’occasione Hesse prendeva atto dell’insoddisfazione generale per le grandi imprese e lo status quo, indicando la strada per un’amministrazione a guida Hillary Clinton. Dato che la Clinton poi ha perso le elezioni contro Donald Trump, quel discorso è rimasto solo una nota a margine. La cosa interessante oggi però è che Hesse pare non fosse l’unica autorice del discorso: alcune bozze del discorso venivano dall’ufficio del vice presidente Joe Biden.

Ho fatto delle telefonate nei giorni scorsi a molte persone dei circoli democratici che ne capiscono di antitrust per cercare di farmi un’idea su come Biden affronterà la questione. La risposta è la stessa quasi per tutti: «Non lo so, ma Biden sarà più duro di Obama». 

Ora, si tratta di una dichiarazione relativa, non assoluta. Biden non è un nemico particolarmente acceso dei monopoli. A confronto, però, sarà molto diverso da Obama, che teneva rapporti amichevoli con le imprese, e che è stato presidente in un’epoca in cui c’era un consenso generale a favore dei monopoli. Durante la sua presidenza, Google, Facebook, Amazon, Apple e Microsoft hanno comprato centinaia di aziende, senza incontrare alcun ostacolo alle fusioni e acquisizioni. Nonostante le aggressive promesse all’inizio dell’amministrazione, il dipartimento di Giustizia di Obama non ha presentato una singola accusa di monopolio Perché? Ebbene, secondo il titolare dell’Antitrust nel dipartimento di Giustizia di Obama, l’economista Carl Shapiro, semplicemente non hanno trovato zcasi che giustificassero un’azione di contrasto». Apparentemente non ci sono stati monopoli in America dal 2009 al 2017.

L’antitesi alla Silicon Valley

Sul tema tecnologico Biden ha una disposizione diversa da Obama. Obama amava la Silicon Valley, tanto da meditare di diventare un finanziatore una volta lasciato l’incarico della presidenza. Biden, al contrario, non è un fan della Silicon Valley e ha chiamato gli amministratori delegati delle grandi aziende tecnologiche «piccoli personaggi insopportabili». Ha anche chiesto l’abrogazione della sezione 230 del Communications Decency Act, la legge che evita alle piattaforme digitali di essere responsabili dei contenuti che pubblicano: una proposta che sarebbe stata impensabile dieci anni fa. La mia sensazione, però, è che la maggiore inclinazione populista di Biden rispetto a Obama emergerà soprattutto nella richiesta di spendere molti soldi pubblici contro la crisi e di produrre in America quanti più beni possibile invece che importarli. Sfidare il potere delle grandi aziende non sarà la priorità. 

Nonostante il suo atteggiamento meno fiducioso nei confronti delle big tech rispetto a Obama, Biden sta riportando in politica molti Democratici che si sono messi al servizio delle corporation. La lobbista di Apple Cynthia C. Hogan è molto accreditata nel mondo di Biden e il vicepresidente delle politiche pubbliche di Amazon, Jay Carney, ha lavorato per Biden. La stessa Renata Hesse, che ha tenuto il discorso nel 2016, ha poi rappresentato come avvocato Amazon nell’acquisizione di Whole Foods, ed è influente nel mondo ddi Biden.

È probabile anche che ricicli alcuni dei membri della squadra antitrust rati di Obama, come l’ex presidente della Federal Trade Commission (Ftc) Jon Leibowitz, l’economista Fiona Scott Morton e l’ex funzionario della FTC e OIRA Howard Shelanski. Shelanski rappresenta Facebook nell’indagine antitrust da parte della Ftc, Scott Morton è una consulente di Amazon e Apple ed è difficile trovare un potente monopolio per cui Leibowitz non lavori.

La cosa migliore che ci si può aspettare è che le vecchie mani di Biden cerchino di lavorare contro i monopoli con strumenti ideologici antichi e un po’ rozzi, ma utili. La cosa peggiore è un mix alla Jimmy Carter, con tentativi di spendere soldi pubblici controllati da Wall Street e dai monopolisti I rapporti discreti tra Biden e la sua ex sfidante alle primarie Democratiche Elizabeth Warren fanno pensare a un percorso populista e aggressivo verso i monopoli, la scelta di Kamala Harris – californiana e legata al mondo di Big Tech – alla vicepresidenza suggerisce il contrario.

La priorità è vincere

Dunque: Joe Biden non è Obama e il 2020 non sembrerà affatto il 2016. Ma che cosa comporta nel concreto, in termini di politiche? È difficile saperlo perché con ogni probabilità lo stesso Biden non ha ancora deciso. La sua cerchia ristretta è in gran parte concentrata su due cose: 1) vincere le elezioni e 2) evitare che Biden prenda il Covid. Non vogliono ripetere l’errore di Hillary Clinton, cioè di concentrarsi su come governare prima di avere vinto le elezioni. Ci sono molte proposte su JoeBiden.com, ma c’è poco su come affrontare lo strapotere delle grandi aziende. 

Più o meno ogni settimana un grande giornale pubblica una storia o un editoriale su come sia diventata concentrata l’economia americana. Ieri sul Wall Street Journal un articolo incominciava con «le aziende tecnologiche sono programmate per concludere l’anno con il più alto share del mercato azionario di sempre». In tutto il mondo i politici vedono economie rigonfie e deformi, dominate però da grandi business: ci sono rimaste così poche società che l’indice azionario Wilshire 5000 ne contiene meno di 3500, tante sono state le fusioni. I salari sono in ribasso, la disuguaglianza è in aumento, ed è ogni giorno più evidente che le potenti grandi aziende stanno facendo scelte che sarebbe meglio lasciare ai governi, come le scuse ormai di routine di Mark Zuckerberg per aver permesso che cose dannose accadessero su Facebook. 

Questa settimana l’amministrazione Trump ha intentato una causa antitrust contro Google, una delle società più potenti al mondo. Si dice che presto seguirà una causa contro Facebook.

Dieci anni fa fare qualcosa di simile sarebbe stato impensabile per il più aggressivo progressista anti-corporativo; eppure eccoci qui, con un’amministrazione repubblicana di estrema destra che si muove in avanti per spezzare il potere di una società da trilioni di dollari. Questo è davvero straordinario.

Quindi non so cosa farà Biden. Sarà probabilmente un casino. Ma sarà qualcosa di diverso da ciò a cui eravamo abituati.

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