Il secondo giorno delle audizioni per la conferma della giudice Amy Coney Barrett alla corte suprema si è aperto sul vivo delle questioni e delle preoccupazioni per la sua nomina. Come previsto, si è anche aperto senza risposte chiare da parte di Coney Barrett, ma con l’instancabile - e per molti frustrante - ripetizione di uno stesso principio: seguirò alla lettera quello che dice la legge e valuterò i precedenti.

Nella giornata di oggi e in quella di domani Coney Barrett dovrà infatti rispondere alle domande dirette dei membri della commissione giustizia. Come ha dimostrato il senatore Lindsey Graham che ha aperto la sessione ringraziando il presidente Donald Trump per averla scelta, i repubblicani sono determinati a difendere la sua nomina facendo leva sui valori cristiani e le posizioni conservatrici che Coney Barrett incarna.

Graham ha addirittura chiesto a Coney Barrett se sarebbe appropriato chiamarla una “Scalia al femminile”, riferendosi al giudice Antonin Scalia che per trent’anni, fino alla morte avvenuta nel 2016, è stato uno dei membri più conservatori della corte suprema americana.

La giudice ha difeso la sua autonomia, ma ha definito Scalia un mentore. I due infatti condividono un approccio alla lettura della costituzione definito “originalista”, ovvero con un’interpretazione che si attiene al testo originale e alle intenzioni dei padri costituenti.

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Giudice con la pistola

Rispondendo alle domande di Graham, Coney Barrett ha anche detto di possedere un arma da fuoco, ma ha chiarito che il fatto non la influenzerà nel giudizio su casi legati al secondo emendamento. Stessa cosa vale per al sua religione: anche se non ne ha parlato apertamente, la giudice è affiliata a un movimento cristiano che difende ideali conservatori in tema di diritti quali l’aborto, la parità tra generi e il ruolo delle donne nella società, ma sostiene che - come si è impegnata a fare nei panni del giudice della corte d’appello - questo non peserà sulle sue decisioni.

Difficile crederlo. Infatti la senatrice della California che ha preso la parola dopo Graham, la democratica Dianne Feinstein, ha cercato rassicurazioni, ma senza successo. Dopo averle fatto i complimenti per come si comportavano i suoi sette figli, seduti compostamente in fila dietro di lei, Feinstein è subito passata ad affrontare il tema di diritti conquistati a fatica nell’ultimo mezzo secolo.

Alla domanda se fosse d’accordo con Scalia nel sostenere la storica sentenza sul caso Roe v Wade - che ha garantito il diritto all’aborto negli Stati Uniti - andrebbe invalidata, Coney Barrett si è appellata al fatto che come giudice ha il dovere di non prendere posizioni e ha rifiutato di dare una risposta diretta. Si è dunque limitata ad assicurare di non avere un’agenda prestabilita, impegnandosi ad interpretare alla lettera le leggi caso per caso. “E’ angosciante non ottenere risposte dirette”, ha ammesso Feinstein, facendo notare che l’aborto è un tema che potenzialmente interessa più della metà della popolazione americana, ovvero tutte le donne.

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Tuttavia Coney Barrett è stata impassibile. Ha dato la stessa risposta alle rimanenti domande di Feinstein - e poi a quelle di altri membri democratici della commissione - su tematiche cruciali. Si è rifiutata di prendere una posizione sul controllo sulle armi, i matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’Affordable Care Act e la possibilità che Trump metta in discussione la legittimità del voto in caso di sconfitta alle elezioni. Su quest'ultimo punto ha tuttavia chiarito che la corte suprema “non dovrebbe essere politicizzata”.

Tuttavia la conferma della sua nomina, come solitamente avviene con i giudici della più alta corte federale, è di fatto una questione fortemente politica. Con un senato a maggioranza repubblicano, le probabilità che la sua conferma proceda velocemente entro il 3 novembre non sono poche. Se dovesse essere confermata per sostituire Ruth Bader Ginsburg, che è invece passata alla storia come icona femminista e paladina dei diritti civili, la corte suprema risulterebbe decisamente sbilanciata sul versante conservatore (6 a 3).

(Cal Sport Media via AP Images)

Stati contesi

Mentre Coney Barrett è messa sotto torchio a Washington DC, Trump si prepara per il comizio di questa sera all’aeroporto di Johnstown, una cittadina nel cuore della Pennsylvania e dell’America bianca e lavoratrice. Si tratta del suo secondo comizio pubblico dopo il ricovero per Covid 19.

Ieri è infatti stato in Florida, uno stato che come la Pennsylvania sarà cruciale per l'esito di queste elezioni. Non a caso anche il candidato democratico Joe Biden, che la scorsa settimana era passato proprio da Johnstown, questa sera sarà in Florida, cercando di conquistare voti tra gli elettori più anziani (la Florida è una meta prediletta dei pensionati americani).

Anche se i sondaggi sembrano dare Biden in leggero vantaggio in entrambi gli stati, il 2016 ci ha insegnato che è decisamente troppo presto per trarre qualsiasi conclusione. Quell’anno Trump aveva battuto l’avversaria Hillary Clinton per 44,292 voti, nonostante due settimane prima sembrasse che Clinton fosse in vantaggio di oltre 10 punti. 

Joe Biden (AP)

Questione di fracking

Anche la settimana scorsa, quando era costretto tra le mura alla Casa Bianca perché innegabilmente contagioso, Trump rivolgeva spesso i suoi tweet agli elettori della Pennsylvania, insistendo sul fatto che Biden avrebbe fatto perdere loro posti di lavoro mettendo fine alla pratica del fracking - una tecnica di fratturazione idraulica per estrarre gas naturale e petrolio - piuttosto diffusa in quell’area.

Biden in realtà non ha mai manifestato una simile intenzione, e proprio su questo tema è anzi criticato dagli ambientalisti. 

Salvate Colombo

Anche uno dei più fedeli alleati di Trump, l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, è impegnato in questi giorni in Pennsylvania per sostenerlo. Ieri in occasione del Columbus Day ha organizzato un evento rivolto all'elettorato italoamericano, in cui i partecipanti indossavano mascherine con scritto sopra “Save Columbus”.

In diverse città americane, tra cui Philadelphia, le statue dedicate a Cristoforo Colombo rischiano infatti di essere rimosse, in nome della violenza sulle popolazioni indigene causata dalla cosiddetta “scoperta” dell’America.

In sostegno della causa italoamericana si è espresso oggi anche lo stesso Trump, che su twitter ha accusato la “sinistra radicale” di minacciare l’eredità del “great” Colombo, un italiano “che ha aperto un nuovo capitolo nella storia dell’umanità scoprendo le Americhe”.

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