Nella roccaforte curda, nel sud-est della Turchia, si attendono sviluppi sui negoziati tra il Pkk e il governo di Erdogan. Ma l’arresto del sindaco di Istanbul può far saltare tutto
Diyarbakir – «I tempi erano duri, il mondo era insidioso. La ruota del destino era insidiosa». A Diyarbakir la citazione di Mehmed Uzun, scrittore e romanziere curdo, la trovi stampata sui souvenir di fianco all’effige di Selahattin Demirtas, l’ex leader del partito filo-curdo che fu arrestato nel 2016 con l’accusa di propaganda terroristica e condannato ad oltre 40 anni di carcere.
All’epoca Demirtas si era guadagnato il nomignolo di “Obama curdo” e la sua popolarità sembrava poter minacciare il dominio del Presidente Recep Tayyip Erdoğan. Ma la stessa frase risulta fresca e calzante un decennio più tardi, dopo l’arresto mercoledì di Ekrem Imamoglu, il sindaco di Istanbul e principale avversario di Erdogan, per corruzione e favoreggiamento del terrorismo. Segno di una prassi che si rinnova.
“Senza dubbio il caso di Imamoglu ci ricorda quello di Demirtas, per noi curdi gli eventi di questi giorni hanno risvegliato quel trauma”, dice nel suo ufficio Reha Ruhavioglu, 40 anni, direttore del centro studi “Kurdish Studies Center” del capoluogo regionale. «È ovvio che l’arresto è motivato da ragioni politiche. Imamoglu si era affermato come un concorrente temibile per il presidente, e il governo sta usando tutti i suoi apparati per perseguirlo».
Proteste nel paese
Giovedì, intanto, seppur meno imponenti del giorno prima, sono continuate le proteste contro l’arresto di Imamoglu in svariate città del paese. Centinaia di studenti hanno manifestato a Smirne e a Istanbul, dove fino a domenica sarebbe in vigore un divieto di partecipare ad assembramenti pubblici. Sul Bosforo i principali social network, come X, Instagram, Facebook e YouTube, hanno continuato a funzionare a singhiozzo.
Proprio domenica, prima dell’intervento dei giudici, le primarie del partito CHP avrebbero dovuto incoronare Imamoglu come candidato alla presidenza del partito. Ora l’opposizione ha convocato una manifestazione su scala nazionale.
«Stanno rovinando la magistratura turca, svergognandoci di fronte al mondo intero e distruggendo la nostra reputazione. Non potete e non dovete restare in silenzio», ha affermato Imamolgu tramite i suoi avvocati. Da parte sua l’AKP, il partito di Erdogan, ha fatto sapere di non essere al corrente dei dettagli dei procedimenti giudiziari. I suoi sostenitori parlano di una “mani pulite” turca.
Il CHP di Imamolgu fu il partito di Mustafa Kemal Atatuk, il fondatore della Turchia moderna, e si richiama ai suoi principi di secolarismo e occidentalizzazione. Nei primi decenni della repubblica impose dall’alto un’omogeneizzazione forzata del mosaico etnico-culturale del Paese secondo lo slogan “felice è l’uomo che si dichiara turco”. Lo scontro fu durissimo anche con la componente curda.
Paradossalmente però le accuse rivolte a Imamolgu riguardano proprio una presunta collusione con il PKK, il movimento di militanza armata che rivendica i diritti della minoranza curda. Il motivo? Che in passato il CHP avrebbe beneficiato di voti di elettori curdi sulla base di un’intesa con il partito a maggioranza curda DEM, spesso accusato di essere vicino alla militanza.
«[All’AKP] vogliono i voti curdi, ma se non votiamo per loro, allora è illegale», dice Ceylan Akça Cupolo, deputata presso la circoscrizione di Diyarbakir di DEM. «È un film che noi abbiamo visto diverse volte, non è certo una sorpresa che la magistratura venga usata come arma dal governo», conclude.
Negoziato coi curdi
La questione dell’arresto di Imamolgu si interseca con il negoziato in corso fra il governo e la militanza del PKK, che da 40 anni si scontra con la Turchia. Lo scorso febbraio il leader del PKK Abdullah Öcalan aveva invocato la fine della lotta armata con un messaggio dal carcere di Imrali, dove è rinchiuso dal 1999. L’iniziativa era arrivata dopo un invito dell’alleato ultra-nazionalista di Erdogan, Devlet Bahçeli, a chiudere questo capitolo doloroso per il Paese.
Da allora però il disgelo non ha fatto ulteriori passi avanti, e l’arresto del sindaco di Istanbul getta un’ombra sulle sue prospettive. «È difficile parlare di una trasformazione in una società più democratica», dice ancora la deputata Cupolo, «se ci troviamo di fronte a operazioni come quella che ha colpito Imamolgu».
La ricorrenza curda
Venerdì a Diyarbakir sono previsti i festeggiamenti per la ricorrenza del Nevruz, che celebra con eventi tradizionali e folkloristici l'arrivo della primavera. Vissuto come un momento di rivendicazioni politiche e nazionali, storicamente il Nevruz è stato un terreno di battaglia fra i curdi e lo stato turco, che lo ha a lungo proibito. Negli ambienti vicini ai DEM di Diyarbakir si da quasi per scontato che in occasione dell’attesissimo raduno venga letto un nuovo messaggio dal carcere di Ocalan.
Alla vigilia dell’evento il centro storico della città, conosciuto come Sur, rimane presidiato da agenti in divisa e in borghese. Solo un decennio fa qui si combatteva strada per strada durante un’operazione militare anti-PKK che ha fatto oltre 40.000 profughi nella città, con 2.360 morti e mezzo milione di rifugiati a livello regionale. All’epoca il processo di pace con il governo era deragliato. Questa volta la storia è ancora da scrivere. E passa anche dai destini giudiziari e politici di Imamolgu.
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