Il tracciamento informatico, i lockdown asfissianti e la mobilitazione delle strutture di base del Partito comunista che all’inizio dell’anno scorso riuscirono a confinare a Wuhan l’esplosione di Covid-19 sapranno tenere il passo della variante Delta, o quest’ultima dilagherà in Cina?

Sono i dati ufficiali a chiarire che stavolta – sebbene il virus sia diventato meno letale, e nel paese siano state somministrate 1,7 miliardi di dosi di vaccino – per le autorità sarà più arduo contenere la diffusione dell’epidemia: negli ultimi giorni le persone infettate sono state almeno 400, in 35 città, e in 16 province (su 31). Questa mutazione che si diffonde a velocità doppia rispetto al virus originario è presente ormai a Pechino, a Shanghai, nelle province orientali e in quelle meridionali: in tutte le aree più popolose del paese. Su questo quadro pesa l’incognita dei vaccini cinesi, nel complesso meno efficaci di quelli in uso in occidente. Alle prese con l’emergenza, il governo centrale sta intensificando la pressione sulle autorità locali, nella speranza che a fermare il contagio possa bastare l’applicazione più rigida delle misure fin qui sperimentate.

Focolai in aeroporti e ospedali

Il tracciamento dei contatti – attraverso interrogatori e monitoraggio informatico degli spostamenti – ha permesso di ricostruire come la variante Delta ha bucato la Grande muraglia antivirus costruita nell’ultimo anno e mezzo. Il 20 luglio nove addetti alle pulizie dell’aeroporto Lukou di Nanchino (9 milioni di abitanti) sono risultati positivi durante controlli di routine. Si erano infettati lavorando su un cargo Air China atterrato dieci giorni prima nel capoluogo della provincia industriale del Jiangsu, proveniente dalla Russia. Il direttore dello scalo è stato rimosso.

Il contagio è esploso a causa di «controlli laschi, e di una mancanza di comprensione della gravità, della complessità e della natura di lungo termine del lavoro di controllo e di prevenzione dell’epidemia e del fallimento nell’applicazione delle politiche di prevenzione dell’epidemia» ha dichiarato un portavoce dell’Amministrazione dell’aviazione civile.

Un flop non da poco, perché porti e aeroporti rappresentano la linea del fronte di un paese che ha intensificato i suoi commerci globali mentre nel resto del mondo infuriava la pandemia, riuscendo a tenersene alla larga.

A sottolineare la gravità del momento, è arrivata la vicepremier Sun Chunlan, che dal 29 luglio si è trattenuta quattro giorni nel Jiangsu. E ieri il governo ha annunciato che i lavoratori che sono a contatto con merci e persone provenienti dall’estero verranno separati dalle famiglie, come misura precauzionale.

Decine di casi sono stati registrati a Yangzhou (2,5 milioni di abitanti). Nella città a nord-est di Nanchino da martedì scorso può uscire di casa una sola persona per famiglia, per motivi urgenti ed esibendo il codice sanitario sullo smartphone, proprio come a Wuhan nel Natale 2019. A portare la variante Delta a Yangzhou è stata, il 21 luglio, una turista proveniente da Nanchino (dove il giorno prima erano state imposte restrizioni agli spostamenti), che si è recata in diverse sale di mahjong, solitamente zeppe di tavoli e giocatori. La donna è stata arrestata.

Le autorità di Yangzhou hanno offerto una ricompensa pari a 700 euro a chi segnala persone che nelle ultime settimane hanno frequentato questi locali, tutti immediatamente chiusi.

La variante Delta è sbarcata anche a Zhangjiajie (1,5 milioni di abitanti) – nella provincia centrale dello Hunan – dove a portarla sono stati visitatori provenienti da Nanchino. Zhangjiajie è stata isolata dal resto del paese. Il 22 luglio duemila turisti avevano assistito a uno spettacolo che ha dato origine al locale focolaio.

A Wuhan – dove ufficialmente è stata scoperta una manciata di casi, in qualche modo collegati a Zhangjiajie – è partita una campagna per sottoporre a tampone in pochi giorni l’intera popolazione, 11 milioni di abitanti.

A Zhengzhou (oltre 10 milioni di abitanti), capoluogo dello Henan, lo scorso fine settimana sono stati registrati una trentina di casi: l’epicentro è il Sesto ospedale del popolo, dove vengono curati casi “importati” in Cina e dove il contagio si è diffuso tra il personale sanitario e delle pulizie.

Le autorità hanno inviato nella città 5.400 tra medici e infermieri e sottoposto a tampone in pochi giorni 10 milioni di abitanti. A conferma della sua rapidità di diffusione, la variante Delta ha raggiunto perfino l’isola tropicale di Hainan. La Commissione centrale di vigilanza (l’organismo che indaga su iscritti e funzionari del Partito comunista) sta rimuovendo decine di funzionari sospettati di errori e omissioni.

Difendere Pechino

Il centro del potere politico è la metropoli col più alto tasso di vaccinati, 17,9 milioni di persone, l’82 per cento della popolazione. Ma Pechino vuol dire anche Città proibita, dove d’estate, da ogni parte del paese, si riversano milioni di turisti per l’immancabile foto con la Porta della pace celeste e il ritratto di Mao a fare da sfondo. E anche nella capitale sono arrivati i primi casi di variante Delta, collegati al focolaio di Zhangjiajie. Cai Qi, il segretario di Partito di Pechino, ha avvertito che la megalopoli va «difesa a ogni costo». Chiunque risieda in una città dove sono stati registrati casi, non può più entrare nella capitale, mentre i pechinesi non possono recarsi nelle città dove è arrivata la variante Delta e quelli che già ci sono, dovranno sottoporsi a 14 giorni di quarantena prima di tornare a casa.

Il ministero dell’Istruzione ha lanciato una campagna per vaccinare i minorenni tra i 12 e i 17 anni e far ripartire le lezioni in sicurezza. Le scuole sono state trasformate in centri vaccinali in tutto il paese. Secondo i media di stato, presto incomincerà la vaccinazione anche dei bambini da 3 a 12 anni.

Sabato scorso il governo di Pechino ha ufficializzato la sospensione del rilascio e del rinnovo dei passaporti: con eccezione per chi studia o lavora all’estero, dal paese non si esce né si può entrare fino a nuovo ordine.

Al grido “tolleranza zero”, l’apparato che si è rivelato efficace a Wuhan e nella provincia dello Hubei si è rimesso in moto, più rapidamente e su scala quasi nazionale. Questa volta però rischia di essere messo in crisi da qualche lavoratore aeroportuale che ha compiuto un piccolo errore e dalla sessantaquattrenne signora Mao, che ha violato le regole, forse insofferente dopo mesi di restrizioni, per l’irresistibile attrazione che molti cinesi provano per i tavoli da gioco. Insomma, la variante Delta sarà il banco di prova dell’approccio cinese al contenimento del virus: ci dirà se sia sostenibile anche nel lungo periodo, oppure se controllare 1,4 miliardi di cittadini nel bel mezzo di una pandemia è un’utopia, o una distopia, a seconda dei punti di vista.

L’ultimo rafforzamento della Grande muraglia contro il coronavirus arriva tra l’altro in un momento in cui sempre più forti si fanno gli appelli della comunità degli affari per permettere agli stranieri di tornare a lavorare e ricongiungersi ai loro familiari in Cina.

È l’ora dei vaccini spray?

Nello stesso tempo si guarda con fiducia ai vaccini spray, ai quali gli scienziati cinesi stanno lavorando alacremente. Tra gli oltre cento vaccini che sono in fase di studio clinico sotto supervisione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), otto sono intranasali. Invece del sangue (stimolando la produzione di immoglubina A), questo tipo di vaccini colpiscono soltanto la mucosa degli organi attraverso i quali il nuovo coronavirus penetra nell’organismo (naso, gola e polmoni), producendo una risposta immunitaria localizzata, “mirata”.

Lunedì scorso, i risultati di uno studio peer-reviewed dell’azienda farmaceutica cinese CanSino assieme all’Istituto di biotecnologia di Pechino e all’Accademia militare di medicina hanno rilevato che due inalazioni (a quattro settimane di distanza l’una dall’altra) del vaccino spray Ad5-nCoV di CanSino producono una reazione immunitaria simile a quello monodose della stessa azienda iniettato in Cina, Pakistan e Messico, con una quantità di vaccino pari a un quinto di quella da iniettare. Permetterebbe dunque di produrre molti più preparati, non necessita di frigoriferi per la conservazione né di personale sanitario per la somministrazione. «In conclusione, l’inalazione per aerosol dello Ad5-nCoV è indolore, semplice, ben tollerata e immunogenica», hanno scritto i ricercatori su Lancet Infectious Diseases.

 

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