Caso Trentini: da Villalobos a Tajani, quel rapporto difficile tra l’Italia e Maduro

L'archiviazione dell'indagine su Rafael Ramirez, grande oppositore di Nicolas Maduro, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, il caso che ha portato il regime di Caracas a scegliere di vendicarsi arrestando il cooperante italiano Alberto Trentini, ma non è questa l'unica ragione dietro il deterioramento dei rapporti tra il Venezuela e l'Italia. Per comprendere meglio il contesto che ha portato in carcere Trentini bisogna analizzare quanto successo negli ultimi anni sull'asse Caracas-Roma e tenere presente un fatto: da quando in Venezuela è scoppiata la crisi economica, tra il 2014 e il 2015, milioni di persone sono espatriate e molti di loro, tra cui diversi oppositori di Maduro, negli ultimi anni hanno trovato protezione in Italia. Una scelta che ha innalzato ai massimi livelli la tensione tra i due paesi. Alberto Trentini ha telefonato a casa. La famiglia: «Spiragli di speranza» Santuario dei dissidenti «Storicamente la Spagna è sempre stata il santuario principale per i dissidenti venezuelani, ma da qualche anno, soprattutto dalla caduta del governo giallo-verde, anche l'Italia è diventato uno dei paesi che garantisce maggiore protezione a chi scappa da Caracas», dice una fonte che ha seguito professionalmente diversi di questi casi. Uno dei più spinosi ha riguardato Nervis Gerardo Villalobos Cárdenas, ex vice ministro dell'Energia elettrica venezuelano durante la presidenza di Hugo Chavez, indagato e poi archiviato dalla giustizia italiana proprio come Ramirez. Villalobos Cárdenas era finito sotto il faro della Procura di Roma dopo che le autorità giudiziarie di Stati Uniti e Spagna avevano ipotizzato che l'ex esponente del governo di Caracas fosse al centro di un grosso schema corruttivo insieme ad alcuni ex manager della compagnia petrolifera statale Pdvsa. L'ipotesi di reato su cui hanno indagato i magistrati romani era il riciclaggio: Villalobos Cárdenas era infatti sospettato di aver ripulito le presunte tangenti acquistando immobili in Italia, nello specifico comprando nel 2012 una casa a Roma da 2,6 milioni di euro. Alla fine, però, il 31 luglio del 2023 il pm Francesco Cascini ha chiesto l'archiviazione per Villalobos Cárdenas e per gli altri indagati. Il motivo principale, scrive Cascini negli atti letti da Domani, è che «gli esiti pervenuti dagli Stati Uniti e dalla Spagna non hanno permesso di raccogliere elementi utili per ritenere riconducibile a delitti di corruzione commessi all'estero la provvista utilizzata per le operazioni immobiliari realizzate in Italia». Insomma, non essendoci prove per il reato di corruzione non ci può essere riciclaggio. Tesi sostenuta anche dal Tribunale di Roma, che sei mesi dopo ha ordinato l'archiviazione. Sebbene non determinante per l'arresto di Trentini, fermato a Caracas il 15 novembre del 2024, l’archiviazione di Villalobos Cárdenas è uno dei tanti elementi che ha incrinato i rapporti tra Italia e Venezuela, storicamente privilegiati sia per la numerosa presenza di cittadini italiani nel paese sudamericano, sia per le importanti attività di Eni nel paese (che possiede le maggiori riserve di petrolio accertate al mondo). Caso Trentini, chi comanda davvero in Venezuela. Dietro le torture, i vertici dei servizi Chi da anni segue queste vicende ricorda che le cose tra Roma e Caracas sono andate bene fino al 2019, anno della caduta del governo gialloverde, che con Lega e M5S aveva instaurato buoni rapporti con il regime di Maduro. Poi, complice la crisi economica che nel frattempo aveva iniziato a picchiare duro in Venezuela, l'Italia ha iniziato a dare rifugio a molti espatriati venezuelani, compresi alcuni oppositori del regime. Tra questi, appunto, Rafael Ramirez, delfino di Hugo Chavez e perciò considerato da molti il dissidente più temuto da Maduro. Il “torto” dell’Italia a Maduro. Perché Alberto Trentini è prigioniero Le parole di Tajani Oltre ad aver garantito ad alcuni di loro lo status di rifugiati politici, come nel caso di Ramirez, l'Italia ha fatto di più. Non solo si è accodata all'Unione europea decidendo di non riconoscere l'elezione di Maduro alla presidenza del Paese dopo l'ultimo voto avvenuto a luglio del 2024. Il 31 ottobre dell'anno scorso il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che è anche vicepresidente del Partito popolare europeo (primo in termini di seggi a Strasburgo), ha incontrato alla Farnesina Edmundo González Urrutia, candidato anti Maduro alle ultime elezioni con il sostegno della neo Nobel per la pace Maria Corina Machado. Ricordando l’impegno del governo Meloni, «per facilitare una transizione democratica e pacifica» nell'ambito del G7, Tajani ha dichiarato che «in Venezuela è in atto un tentativo di soffocare la libertà. L’Italia resta al fianco del popolo venezuelano che ha chiaramente espresso la sua volontà, e condanna con forza le violazioni dei diritti umani, le detenzioni arbitrarie e la repressione politica da parte del regime di Maduro». Due settimane dopo queste dichiarazioni, Trentini è stato arrestato. Trentini, tutti i pasticci di Tajani. La “carta Eni” per la liberazione